La Politica  |  giugno 23, 2020

Povera montagna, tra dissesto, vincoli e aria di elezioni

Una classe politico-burocratico-amministrativa incapace di guardare oltre il proprio naso rinuncia a vere scelte strutturali. Manca una “regìa istituzionale” ed è totalmente assente una seria progettualità a medio e lungo termine. Servirebbero progetti di sviluppo insieme ad una riduzione di regolamenti e divieti. Un insegnamento dalla Storia: il Capitanato della Montagna

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Panorama da Sambuca Pistoiese (foto Simone Magli)

Il treno del malcostume politico italiota viaggia da tempo immemorabile su binario unico e verso una medesima direzione.
Man mano che ci si avvicina ad una stazione (leggi: una consultazione politica o amministrativa), i passeggeri in doppio petto (leggi politici e amministratori) si ingegnano a preparare grandi bagagli di promesse e di progetti, talvolta anche intelligenti, ai quali però non viene quasi mai dato seguito. Alla fermata di turno scendono ad imbonire gli elettori, evocando investimenti e divulgando alle folle le intenzioni più sublimi alla ricerca del consenso.

La montagna è sempre inascoltata

Temo che anche le prossime elezioni regionali non abbandonino questo logoro schema e ripetano la solita tiritera alla quale ormai la gente crede sempre meno.
Molto spesso le promesse non mantenute sono giustificate dal fatto che mancano le risorse o che le poche rimaste dovranno essere riservate per le immancabili emergenze.
La realtà, purtroppo, è assai diversa e mostra i limiti di una classe politico-burocratico-amministrativa incapace di guardare oltre il proprio naso, cosicché la rinuncia a scelte strutturali che mirino al futuro non fa altro che produrre emergenze continue e di volta in volta sempre più devastanti.
Di fatto la gente di montagna è inascoltata e nemmeno i disastri idrogeologici sono “letti” nel modo corretto.
Gli effetti del tremendo nubifragio che si è abbattuto sul nostro Appennino pochi giorni fa, con cataste di tronchi e alberi divelti ammassati contro ponti e strade vorrà pure dire qualcosa!

I disastri sono sempre annunciati

Sono ormai decenni che il nostro territorio ci invia segnali di stress strutturale: frane, cedimenti, invasioni di specie aliene, boschi al collasso, il tutto aggravato dall’incuria e dall’abbandono, stanno trasformando la Montagna pistoiese che, col tempo, diventerà sempre più ostile agli insediamenti umani. Eppure il nostro territorio collinare e montano, valorizzato da un turismo lento di prossimità potrebbe essere una chiave importante dell’economia del futuro e lo dimostra questo tempo di post-Covid che sta vedendo ampliarsi la domanda di case per affitti estivi e di visite guidate su antichi sentieri delle nostre Terre alte.

Lo strabismo politico

Nonostante questo è lo strabismo politico-burocratico-amministrativo quello che impera. Da una parte le istituzioni invocano la collaborazione della gente di Montagna per supportare con iniziative e eventi le vacanze estive dei cittadini e, dall’altra, frenano le attività di imprenditori, volontari e volenterosi con un regolismo assurdo che paralizza e scoraggia ogni forma di attività. E ancora, da una parte si caldeggia il trekking di byke e bici per visitare i nostri monti e poi si chiudono certi percorsi a quegli stessi mezzi, come è successo pochi giorni fa su alcune strade provinciali minori (già, ma le Province non dovevano essere abolite?).
Ciò che diciamo ormai da anni su queste nostre pagine è che alla nostra Montagna manca una regìa istituzionale e soprattutto risulta totalmente assente una seria progettualità a medio e lungo termine.
Invece l’abitudine rimane quella di mettere toppe sdrucite a problemi mastodontici e di accontentare di volta in volta le richieste interessate di lobby e di associazioni di categoria.
In questa maniera si gettano al vento le poche risorse, si produce un affastellamento di regole inutili e si perde di vista un piano complessivo, un orizzonte verso cui guardare con maggiore fiducia.

Riforme a costo zero

Per richiamare investimenti è lodevole coinvolgere tutta la Montagna pistoiese, comprese le aree collinari e montane del territorio comunale di Pistoia, in progetti di sviluppo, però contemporaneamente converrebbe ridurre la gran mole di regolamenti e divieti che la soffocano; per esempio, il Vincolo paesaggistico è uno strumento paralizzante e di fatto impedisce di fare qualsiasi cosa, anche una recinzione in legno o una semplice rimessa-attrezzi, oppure il Regolamento forestale della Regione toscana, che dovrebbe essere in larga parte rivisto, ha prodotto nel tempo effetti che sono sotto gli occhi di tutti. Ma politici e tecnici regionali hanno mai visto di persona in quali condizioni versano i nostri boschi e quali intrichi di pruni, casce, arbusti e piante vecchie e secche sono ormai diventati?
E allora rendiamoci conto una volta per tutte che la nostra Montagna ha bisogno di poche regole, ma intelligenti, che favoriscano il recupero dell’ambiente, promuovano gli insediamenti umani e un’imprenditoria giovane e verde e soprattutto ciò che serve assolutamente è una legislazione specifica per le Terre alte che guardi al futuro e nel contempo valorizzi il passato, perché è idiota pensare che le regole che valgono per le pianure e le città servano anche per i nostri paesi e per le nostre borgate.

L’insegnamento della Storia: Il Capitanato della Montagna

La Storia sarebbe buona consigliera, perché dalla seconda metà del XIV secolo buona parte del territorio della Montagna pistoiese ha avuto magistrature a sé ed un assetto dettato dalle peculiarità e dalle esigenze locali.
Il Capitanato della Montagna, con sede a Cutigliano e a San Marcello, e successivamente il Vicariato della Montagna di Pistoia, poi di San Marcello, sono state istituzioni specifiche rimaste vive quasi ininterrottamente fino alla metà del 1800 e stanno lì a dimostrare che la gestione di un ampio territorio con caratteristiche fisico-economico-ambientali del tutto particolari non può essere legata a regole concepite per aree di pianura o zone comunque più agevoli.
Questo avevano capito coloro che per cinque secoli hanno amministrato la nostra Montagna e questo non si vuol capire oggi.
Come sempre la Storia non insegna niente: è la verità più amara.


Maurizio Ferrari

Maurizio Ferrari, sambucano di origine, ha insegnato Lettere per 38 anni nelle Scuole superiori pistoiesi. Ora è imprenditore agricolo e si sta impegnando nella promozione e nel rilancio del territorio appenninico come Presidente dell'Associazione "Amo la montagna APS" che si è costituita nel 2013 e che ha sede a Castello di Cireglio.Ha collaborato per 25 anni alla rivista "Vita in Campagna", del gruppo "Informatore Agrario". Recentemente ha pubblicato alcune raccolte di racconti ispirati alla vita quotidiana di Sambuca, dal titolo :"Dieci racconti sambucani"; "La mia Sambuga" e "Cuori d'ommeni e di animali", nonché una favola per bambini, "La magìa della valle dimenticata" illustrata dagli alunni della scuola elementare "P.Petrocchi " di CIreglio (Pistoia)