Ambiente  |  gennaio 7, 2017

I danni del grande incendio: il mirtillo la pianta più colpita, ma la ferita si rimarginerà. Il “circolo vizioso” fuoco-paleo

Un mese fa, la notte del 9 dicembre, le fiamme che hanno distrutto 123 ettari di praterie. L'analisi del BIOLOGO: “Sicuro il danno ambientale, da capirne l'entità”. Colpita di più la parte superiore di mirtilli e altre essenze vegetali. "Ma le gemme sono sicuramente vitali”. Il cambiamento “floristico e vegetazionale” prodotto negli anni dagli incendi e dall'abbandono dei pascoli. Necessario un presidio del territorio e un controllo preventivo

di

Tempo di lettura: circa 5 minuti
La vegetazione colpita dalle fiamme (foto Maurizio Pini)

DOGANACCIA – MONTE CORNACCIO – Nella giornata di venerdì 9 dicembre tra la Doganaccia e il Monte Cornaccio si è sviluppato un vasto incendio che ha interessato le praterie e lambito la faggeta sottostante. Possiamo affermare che tutto ciò ha certamente determinato un danno ambientale al nostro territorio. E’ stato un incendio di origine umana e su questo non abbiamo dubbi, ma ne riparleremo più avanti. Molto più importante è domandarsi quanto il danno possa essere grave e cosa è stato maggiormente deteriorato da questo evento.

Danni non omogenei

Chiaramente non è facile, almeno nell’immediatezza, poter dare indicazioni precise su quanto il fuoco possa aver inciso negativamente sulla complessa dinamica ecologica di questi particolari ambienti vegetali dominati da formazioni erbacee e basso arbustive. Certamente percorrendo a piedi l’area interessata (si parla di oltre 100 ettari) si nota immediatamente che il danneggiamento non è stato omogeneo. Osserviamo una sorta di distribuzione a “macchia di leopardo” dell’intensità nella combustione dello strato erbaceo, con zone particolarmente colpite e zone combuste solo molto superficialmente. Questo sicuramente è in funzione della pendenza, della ventilazione locale, della presenza di pietrame superficiale o zone a terreno nudo e del tipo di vegetazione dominante.

Il mirtillo la pianta più colpita

Chi è stato maggiormente colpito dal fuoco? Possiamo affermare con una certa sicurezza il mirtillo nero (Vaccinium myrtillus). Generalmente il danno maggiore si osserva nella parte superiore della pianta, mentre circa i primi 1,5-2 cm di fusto che escono dal terreno non sono stati interessati dal fuoco, mantenendo gemme sicuramente vitali. Le parti radicali delle piante di mirtillo e delle altre essenze vegetali associate, su una decina di campioni raccolti, non presentano alcun danno visibile e questo ci fa ben sperare nel mantenimento delle loro funzioni di consolidamento del suolo. Certamente l’improvvisa mobilitazione di sostanze minerali in seguito alla combustione può determinarne una perdita di importanti nutrienti dovuta al dilavamento o al trasporto aereo legato al forte vento, con impoverimento della fertilità del suolo; ma queste sono valutazioni che potranno essere fatte nel tempo.

Il “vantaggio” ecologico per il “paleo”

Dal mio punto di vista è interessante ribaltare la domanda iniziale e chiedersi chi (in senso ecologico) ricava un vantaggio dal passaggio dell’incendio. La risposta, secondo me, è il brachipodio (Brachipodium sp.), quella voluminosa pianta graminacea conosciuta in montagna con il nome di ‘paleo’. E qui si apre un discorso veramente complesso che ci spinge molto indietro nel tempo…. ma credo che valga la pena di raccontarlo.

Indietro di qualche millennio

Alcune ricerche effettuate da botanici modenesi hanno evidenziato che già nel 4000 a.C. esisteva sulle nostre montagne una brughiera con caratteri tipicamente alpini. Questo tipo di vegetazione è andato incontro ad una riduzione, sia per cambiamenti climatici, ma soprattutto perché almeno dal 2000 a.C. entrò l’uso di incendiare le brughiere stesse, presumibilmente per favorire il pascolo. Quindi si può supporre che in questo tratto di Appennino (e non solo ovviamente) sia esistita per millenni un’opera dell’uomo volta a ampliare una copertura erbacea più favorevole al pascolo. Infatti il pascolo è stato da tempo immemorabile una delle principali attività delle popolazioni montane. L’eccessivo carico di bestiame però ha determinato nel tempo anche un impoverimento floristico delle parti sommitali montane, soprattutto se associato a pratiche di incendio, favorendo notevolmente una specie assai resistente, con grande capacità dispersiva e poco gradita agli erbivori, ovvero il brachipodio, il nostro “paleo” per capirsi. Questa pianta sviluppa delle foglie molto ricche in silice e quindi non facili da mangiare. Inoltre in tarda estate le foglie seccano, formando un ampio strato di materiale morto difficile da decomporre, che tende ad allontanare altre specie vegetali, impoverendo le praterie.

Paleo e fuoco

E’ proprio questo materiale organico, soprattutto in periodi di siccità, che facilita la diffusione del fuoco; ed il fuoco, secondo questo schema serve proprio come rinnovatore del pascolo, eliminando questi accumuli organici. Questo è ciò che presumibilmente è successo qui da noi. Il fuoco che probabilmente doveva essere controllato (controlled burn) invece è fuggito e si è diffuso grazie alla presenza di abbondantissimo paleo secco. Tutto ciò, in una sorta di circolo vizioso, favorirà ulteriormente la diffusione dello stesso paleo, grazie al fatto che oramai non abbiamo quasi più pascolo sulle nostre praterie. Ed è proprio un pascolo non eccessivo che limita l’entrata di piante molto più competitive e resistenti, mantenendo e favorendo un’elevata biodiversità floristica e non solo.

Il cambiamento floristico e vegetazionale

La storia quindi ci ricorda che il fuoco è più e più volte passato su questi crinali; associato all’abbandono dei pascoli, ha purtroppo determinato un cambiamento floristico e vegetazionale significativo. La cosa particolarmente interessante è che questo cambiamento sembrerebbe più marcato lungo l’asse Monte Gennaio – Libro Aperto dove il mirtillo nero è predominate. Mentre se ci spostiamo nell’alta valle del Sestaione, il mirtillo nero è molto più frequentemente associato al falso mirtillo (Vaccinium gaulterioides), pianta più sensibile, particolarmente esigente da un punto di vista ecologico e dai frutti non edibili. Infatti nell’alta valle del Sestaione le brughiere a mirtillo sembrerebbero (secondo vari studi botanici) più simili a quanto osservato nelle aree alpine, facendo così ipotizzare un minor impatto dell’uomo su questa parte di Appennino. Insomma una storia avvincente e complessa che ancora ha molti aspetti da chiarire e da indagare e chissà quante sorprese ci riserverà. Tutto questo ci ricorda anche che la soluzione gestionale delle praterie e delle mirtillaie non è così semplice, con molti aspetti tecnico-scientifici e economici da considerare.

L’importanza del presidio e del controllo preventivo

Vorrei concludere con un’ultima riflessione. Quanto successo dovrebbe sottolineare l’importanza del presidio territoriale, del controllo preventivo. La riduzione di personale sul territorio non può far altro che stimolare quel senso di assenza di regole, di far-west, dove ognuno è in qualche modo autorizzato a fare come vuole. Questa dovrebbe essere la lezione più importante… poi la nera ferita, nel tempo, si rimarginerà (speriamo completamente) grazie alla grande capacità della natura di far fronte a queste perturbazioni indotte dagli uomini. Meditarci sopra però non farebbe male…

simone vergari

Il biologo Simone Vergari, autore dell’articolo (e dell’immagine in copertina)

TUTTI I PRECEDENTI ARTICOLI SULL’INCENDIO DEL 9 DICEMBRE 2017

Fra la Doganaccia e Lizzano un incendio devastante. “Mai visto uno di queste dimensioni”

“Abbiamo chiuso il rifugio e poco dopo abbiamo visto le prime fiamme”

Il giorno dopo l’incendio. I prati trasformati in un “manto” nero

Un grande danno ambientale. E adesso attenzione alle frane

“E’ stato uno dei più grandi incendi che si ricordino a memoria d’uomo”

A tu per tu con gli effetti delle fiamme. Fra cronaca ed arte


La Redazione

Con il termine La Redazione si intende il lavoro più propriamente "tecnico" svolto per la revisione dei testi, la titolazione, la collocazione negli spazi definiti e con il rilievo dovuto, l'inserimento di immagini e video. I servizi pubblicati con questa dizione possono essere firmati da uno o più autori oppure non recare alcuna firma. In tutti i casi la loro pubblicazione avverrà dopo un attento lavoro redazionale.