Abetone, L'intervista  |  ottobre 18, 2016

“La strada sono i consorzi: solo unendo le forze la montagna sopravvive”

Intervista al sindaco di ABETONE dopo il botta e risposta con Dynamo camp sull'ipotesi della grande "OASI". "Servono scelte che coinvolgano il territorio. Bisogna ottimizzare le nostre potenzialità: turismo, agroalimentare, artigianato, forestazione". E ancora: "Non si deve scegliere fra turismo bianco e verde. Servono entrambi". Per gli IMPIANTI di risalita confermato la strada dell'acquisizione pubblica. APRIRANNO ANCHE QUELLI CHIUSI LA SCORSA STAGIONE

di

Tempo di lettura: circa 5 minuti
Il sindaco di Abetone (a destra) con quello di Aspen (Usa) il giorno della firma del gemellaggio)

ABETONE – “Così come è stato presentato da Dynamo non è una soluzione. Si deve coinvolgere la montagna, le scelte per il nostro futuro devono riguardare tutto il territorio e basarsi su progetti veri e complessivi”. Inizia con queste parole, quasi una premessa, l’intervista al sindaco di Abetone, Giampiero Danti. E’ la risposta alla prima inevitabile domanda, quella sul progetto “Oasi” lanciato meno di due settimane fa da Vincenzo Manes, presidente di Fondazione Dynamo, a Limestre, nel corso dell’annuale appuntamento con l’“Open day”. Ma il tema oasi o parco che dir si voglia non è il tema centrale di questa intervista al primo cittadino di Abetone. La polemica è già stata innescata da giorni con repliche e controrepliche e non mancherà occasione per riparlarne. Adesso ci sono da un lato il tema di maggiore attualità, la stagione invernale in arrivo e il nodo degli impianti che torna come un’ossessione, da un altro lato il tentativo di guardare al futuro andando oltre le schermaglie di oggi.
Sindaco partiamo dalle questioni più imminenti. Fra poco tutto il comparto sciistico dovrà essere pronto per la nuova stagione. A che punto siete giunti con gli incontri di questi giorni, ieri in Regione (lunedì 18) e oggi (martedì 19) con alti esponenti del governo?
“Abbiamo chiesto questi incontri per capire come poter attrezzarsi all’apertura, in tempi brevissimi, entro la fine dell’anno al massimo con l’inizio del 2017, per gli impianti di risalita oggi fuori uso, mentre non sono in discussione quelli che hanno regolarmente funzionato nella scorsa stagione. I finanziamenti sembrano esserci, ci sono ancora molti paletti burocratici ma contiamo di superarli”.
Sperando che anche quest’anno si arrivi ad una soluzione che permette di affrontare la stagione con l’impiantistica in funzione resta il nodo del futuro. E non sembra facile scioglierlo. Peraltro lei sa benissimo quali sono le obiezioni e cioè un eccesso di risorse pubbliche nel settore a scapito di altri.
“A parte il Trentino Alto Adige, dove resiste un’impiantistica privata – ma siamo di fronte ad un territorio unico ed eccezionale che ha ricevuto negli anni valanghe di soldi pubblici – l’orientamento generale nelle altre realtà di alta montagna è quello di andare verso un’acquisizione e una successiva gestione pubblica da parte di Regioni e Comuni. Come è noto ormai anche Abetone sta procedendo in quella direzione. Abbiamo impostato un percorso difficile, che durerà anni, da fare passo dopo passo. Dopo aver azzerato i debiti si potranno gestire gli impianti senza quel fardello finanziario che pregiudica il funzionamento”.
Ma siamo proprio sicuri che la gestione pubblica potrà funzionare?
“Una gestione che parte senza l’handicap dei debiti è possibile. Ci si può fare”.
Puntare molto se non tutto sulla neve, però, sembra risultare un limite, soprattutto con i cambiamenti climatici in corso.
“Certo tutto quello che abbiamo detto vale se c’è la neve, se cambia il clima e non nevica più sarà un dramma per tutti. Noi chiuderemo battenti il sabato e sulle Dolomiti la domenica…”
Clima a parte, resta il nodo centrale di come far funzionare l’economia “bianca”. Qualcuno paventa una crisi irreversibile.
“Vorrei dire a queste persone che da adesso fino ad aprile-maggio non ci sono molte alternative. L’inverno in località come Abetone è quello che sappiamo, neve, ghiaccio, freddo. Non ci sono altre vere attività che possano impiegare persone, far fare utili, insomma fare economia per la montagna. I posti di lavoro legati al comparto neve solo per Abetone sono circa 250 mentre l’indotto complessivo è stimato in 800-900 persone nell’intero comprensorio, comprendendo le altre località, Pian di Novello, Cutigliano fino a San Marcello”.
Il turismo bianco è economia trainante per la Montagna alta, nonostante tutto. Lei dice che, quindi, bisogna continuare ad investirci?
“Sì, è così. Magari con soluzioni diverse e noi, come detto, abbiamo imboccato una strada per ciò che riguarda l’impiantistica. Poi se mi si dice che si può fare diversamente e meglio io sono disponibile ad accettare consigli. Nessuna preclusione ma mi si dica come”.
Detto del prossimo inverno, guardiamo oltre, almeno alla primavera-estate del 2017. Ci sono diversi mesi dell’anno nei quali serve fare altro.
“Il turismo verde è la nostra opportunità per il futuro. Ma il rilancio della montagna deve sostenersi su più gambe: il turismo, bianco e verde, l’agroalimentare, la forestazione, la produzione artigiana locale. Tutto tenuto insieme da progetti di filiera. Solo stando insieme, solo con la collaborazione fra aziende, nei diversi settori, si può rendere l’economia della montagna sostenibile. Con piccole economie di scala e con la giusta valorizzazione della produzione locale. Io oltre ad essere sindaco sono un imprenditore nel settori dei prodotti del sottobosco e mi sono occupato della gestione degli impianti sciistici per molti anni. Vedo come si muove il mercato, come cambiano le cose. Ogni tanto parto in quarta e uso toni forti. E credo che ogni tanto sia anche utile. Dico però: mettiamoci intorno ad un tavolo e proviamo a discutere di tutto ma senza fare i tuttologi”.
A proposito di discussioni, una cosa che ha fatto molto discutere è il tema dell'”Oasi” lanciata da Dynamo Camp, nei confronti della quale lei rimane molto critico. Ma ci sono alternative a progetti complessivi e anche un po’ visionari come quello?
“Come ho detto prima la forza della montagna può venire dall’unire le forze che pur esistono. Faccio un esempio concreto: a Sant’Orsola, in Trentino, una rete di aziende agricole associate ha prodotto 80 milioni di fatturato in un anno di prodotto fresco da coltivazioni. Al di là dei parchi sono queste le cose da fare”.
Insomma la montagna del litigio permanente deve prima di tutto far pace con sé stessa e poi rilanciare un “brand” unico, si tratti di turismo, imprese agricole e artigiane; e non citiamo l’industria perché non se ne vedono grandi tracce?
“La Smi non c’è più, gli anni in cui impiegava 3000 persone sono lontanissimi. I tempi sono cambiati, è in corso un’evoluzione in tutto i settori alla quale dobbiamo saper adeguarci, anche in montagna. Bisogna fare le cose che si possono fare. La strada è creare associazioni e consorzi”.


Paolo Vannini

Laurea in scienze politiche, giornalista professionista dal 1998, ha lavorato nei quotidiani La Nazione e Il Giornale della Toscana (edizione toscana de Il Giornale), è stato responsabile dell'Ufficio comunicazione del Comune di Firenze, caporedattore dell'agenzia di stampa Toscana daily news, cofondatore e vice direttore del settimanale di informazione locale Metropoli. Ha lavorato presso l'Ufficio stampa di Confindustria Toscana, ha collaborato e collabora per diverse testate giornalistiche cartacee e on line - fra queste il Sole 24 ore centronord, Il Corriere Fiorentino (edizione toscana del Corriere della Sera), Radio Radicale - si occupa di uffici stampa e ghost writing.