Sambuca, La ricerca  |  luglio 18, 2019

UN PAESE ALLA VOLTA / Bellavalle, il nuovo nome voluto da un illustre professore

Fu Quinto Santoli, preside del Liceo Forteguerri per poco meno di 20 anni, autore della riapertura al pubblico della Biblioteca Forteguerriana, fondatore delll'Archivio di Stato e presidente della Fondazione San Giovanni Battista, che volle assolutamente cambiarlo (fino a quel momento per tutti era La Sega). Secolare è invece la storia di questi luoghi: molti nuclei abitati erano già presenti tra il 1500 e il 1600. Il borgo è formato da tante contrade e caratterizzato da sorgenti di acqua finissima. Negli ultimi decenni l'emorragia di abitanti e di servizi. Ha resistito solo una bottega secolare di generi alimentari e tabacchi


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BELLAVALLE (SAMBUCA) – La statale n° 64 esce dal traforo della Collina e si avventura nella Valle della Limentra occidentale, una valle stretta e contorta, finché non sfocia in uno slargo più arioso, dove lo sguardo trova un po’ di sollievo prospettico. Lì c’è il paese di Bellavalle, nel territorio comunale di Sambuca Pistoiese. Il cielo si fa più ampio e i campi, di là dal fiume, si distendono verdeggianti in un insospettabile pianoro.

Il nome del paese è recente, ma i luoghi hanno una storia secolare.

Le tante contrade

Bellavalle si è sviluppato maggiormente dopo la realizzazione della Via Leopolda, alla metà dell’800, ma molti nuclei abitati erano già presenti tra il 1500 e il 1600. Da sud a nord il primo in cui ci si imbatte, provenendo da Pistoia, è La Campaccia, già menzionato in un Estimo del 1646; poi c’è l’ingresso dell’abitato, il luogo chiamato La Porta. Di fronte, oltre il ponte sulla Limentra, si trovano Il Pra’ (il Prato, in dialetto sambucano) e Case Picciolli e, continuando lungo la Statale, si incontra La Sega, nome memore di un’antica segheria; più avanti Il Fabbricone, un tempo sede di una piccola fabbrica di ceste di vimini, e, subito dopo, Il Villino, che la storia ha tramandato col nome di Ca’ di Teo. Da La Porta, per la strada che conduce a Sambuca, ancora tre contrade: Ca’ di Patòro, Casa Lizzani e, infine, La Villa, un gruppo di case la cui esistenza è testimoniata già nella metà del 1500.

Le fontane, i tre molini e il Tempietto

Se c’è un elemento che ha sempre contraddistinto Bellavalle è senz’altro l’acqua. Il paese ne è ricchissimo.

La Limentra scorre lungo la Valle e solo fino a 60 anni fa ha alimentato il Molino Morandi, situato sulla riva sinistra del torrente, presso La Campaccia; ma altri due molini ricevevano l’acqua dal Rio Picciolli, cioè il Molino dei Corazzi e il Molino dei Gomboli, che hanno preso il nome dai rispettivi proprietari.

Dai monti, poi, scendono molte sorgenti di acqua finissima, di cui due sono particolarmente conosciute: Le Fontane, lungo la Statale, e la Fontana vecchia, situata vicino ai pozzi, lungo la strada d’la Sambuga.

Ma l’acqua ha avuto un ruolo anche distruttivo su alcuni manufatti della valle. L’ultimo episodio è legato, fra l’altro, alla distruzione del Tempietto, avvenuta durante la terribile alluvione dell’Ottobre del 1937.

Nel 1930 venne costruito sulla riva sinistra della Limentra un piccolo tempio dedicato ai caduti e costituito da pregevoli soluzioni architettoniche, con tanto di campanile a vela. Esso visse solo 7 anni, finché venne travolto dalla furia dell’acqua.

Del tempietto si ricordano ormai in pochi, ma di quella alluvione persiste ancora la fama nella valle, anche perché una donna di Taviano, la Duilia, nota per il carattere burrascoso e vissuta molto a lungo, era meglio conosciuta col soprannome di “5 Ottobre”, proprio la data di quella impressionante calamità naturale.

Il paese di Quinto Santoli

Dicevo che il toponimo Bellavalle è recente ed ha un padre famoso, Quinto Santoli. L’illustre professore, nato in questo paese nel 1875, volle assolutamente cambiare il nome del luogo, che per tutti era La Sega, e si recò all’Istituto Geografico Militare di Firenze imponendo con la propria autorevolezza morale e la cultura (allora un intellettuale se lo poteva permettere!) che sulle carte ufficiali il nuovo nome di Bellavalle sostituisse il più disdicevole La Sega.

E’, forse, l’unico appunto che può essere mosso a quel grande storico e filologo perché ha cancellato d’imperio un tratto della storia del suo paese. Per il resto, Quinto Santoli è stato una mente illuminata ed un operatore culturale indefesso.

La città di Pistoia deve molto a questo figlio della Sambuca, a cui è ascritto il merito di aver riorganizzato il Liceo Forteguerri, di cui fu preside per poco meno di 20 anni, di aver riaperto al pubblico la Biblioteca Forteguerriana, di aver fondato l’Archivio di Stato e di essere stato presidente della Fondazione San Giovanni Battista; di aver ispirato per un trentennio la vita culturale pistoiese fino alla sua morte, nel 1959.

Della terra di Sambuca il Santoli ha ereditato la caparbietà, l’orgoglio indomito e la dirittura morale, tutte doti forgiate nell’umiltà delle proprie origini delle quali, anche nei momenti di massima notorietà, è sempre andato fiero.

Una bottega storica

Come tutti i nostri paesi di montagna, anche Bellavalle ha conosciuto in quest’ultimo settantennio una lenta emorragia di abitanti e di servizi. E pensare che alla Porta, all’inizio della strada per Sambuca, c’erano una chiesetta, un locale adibito a Scuola elementare ed una rimessa per le lettighe, tutti servizi concentrati in un unico edificio costruito dalla Misericordia.

Oggi resiste, ostinatamente, solo una bottega secolare di generi alimentari e tabacchi, gestita dalla “Lalla” Niccolai, che continua con coraggio ammirevole l’attività che il nonno, Ernesto Niccolai, aveva avviato nel lontano 1912.

Questa bottega è un chiaro esempio di “Servizio di prossimità” che dovrebbe essere sostenuto e incentivato e per il quale occorrerebbero risorse e seri interventi legislativi, non chiacchiere, a cui purtroppo siamo stati abituati da tempo.

E’ di fatto in abbandono anche un grande complesso di proprietà dei Padri Cappuccini di Faenza adibito, a partire dalla metà del secolo scorso, a colonia estiva. Si tratta di una struttura moderna, dotata anche di piscina, che meriterebbe un avvenire più roseo, magari legato ad un rilancio complessivo della nostra bella e dimenticata montagna.

Gli scapoloni…

“A Belavalle i’han capido tutto. La moje la fan tórre agli altri!”, diceva Bòrra, il muratore che leticava col cemento, e che nella valle è ancora ricordato con grande affetto. Però, quel simpatico burlone un po’ di ragione ce l’aveva, perché la concentrazione di scapoloni è stata sempre molto alta nel paese di Quinto Santoli.

Questa, intendiamoci, è solo una nota di colore. Di certo c’è che i bellavallesi sono sempre stati orgogliosi delle proprie origini e del proprio paese.

LA FOTOGALLERY

Vedute del paese, le cartoline di un tempo

 

Vecchie immagini della vita del paese

  

 


Maurizio Ferrari

Maurizio Ferrari, sambucano di origine, ha insegnato Lettere per 38 anni nelle Scuole superiori pistoiesi. Ora è imprenditore agricolo e si sta impegnando nella promozione e nel rilancio del territorio appenninico come Presidente dell'Associazione "Amo la montagna APS" che si è costituita nel 2013 e che ha sede a Castello di Cireglio.Ha collaborato per 25 anni alla rivista "Vita in Campagna", del gruppo "Informatore Agrario". Recentemente ha pubblicato alcune raccolte di racconti ispirati alla vita quotidiana di Sambuca, dal titolo :"Dieci racconti sambucani"; "La mia Sambuga" e "Cuori d'ommeni e di animali", nonché una favola per bambini, "La magìa della valle dimenticata" illustrata dagli alunni della scuola elementare "P.Petrocchi " di CIreglio (Pistoia)