In una affollata Sala Consiliare del Palazzo dei Capitani di Cutigliano, Nicoletta Bernardini ha presentato, sabato 21 Ottobre, il suo ultimo romanzo “Il caffè buono del dopoguerra”, nell’ambito dei Pomeriggi Letterari promossi dal Gruppo di Studi Alta Val di Lima. La sede scelta non poteva essere più adatta alla storia e all’atmosfera del libro. Si racconta infatti di un piccolo mistero che movimenta la vita dei Cutiglianesi nell’immediato dopoguerra ma in realtà si fa uno spaccato della storia del paese e delle esistenze di uomini e donne che non hanno lasciato traccia nei manuali ma che, giorno dopo giorno, con le loro occupazioni e la loro voglia di vita conseguente al conflitto, hanno dato un senso ad un piccolo angolo di mondo.
Un romanzo corale
Un senso che non è fatto di decisioni politiche o economiche ma di premura, di impegno e di attenzioni. Il farmacista, il calzolaio, il maresciallo, il maestro, il sindaco, il parroco e un variegato e vivace gruppo di donne a supervisionare il tutto, sono i personaggi che l’autrice ha sentito “srotolare dal suo cuore”. Il velato riferimento autobiografico e la descrizione minuziosa di modi di fare e di esprimersi testimoniano infatti un’immersione nel suo vissuto di ricordi personali negli echi di veglie in un tempo lontano che ha lasciato un alone di tenera nostalgia. E allora mentre scorrono le pagine del libro, ci si trova lì a giocare a ramino, a risuolare scarponi o al circolo politico. Il lettore si trova ad associare i personaggi del libro a persone reali, con caratteristiche che ogni abitante della montagna potrebbe aver conosciuto. Così la mente bussa al cuore che, di rimando, come in un cerchio, riporta in superficie volti conosciuti e aneddoti divenuti nel tempo eredità comune di un’intera comunità. La condivisione di un passato, seppure semplice, in cui ciascuno riconosce le sue radici identitarie, acuisce il senso di appartenenza ad un luogo e ad un gruppo di persone che, proprio in virtù di quel patrimonio comune di ricordi e abitudini, vengono percepite come affini. Da questa associazione tra le pagine del libro e il riconoscimento della propria appartenenza a quel che è derivato da quel mondo, nasce un sentimento di tenerezza.
La dura vita nel dopoguerra
A dispetto della durezza della vita nel dopoguerra e delle ferite lasciate dal conflitto quello che emerge dal racconto è l’ attenzione delle persone per il proprio prossimo, nei piccoli gesti che le economie familiari potevano concedere, in un piatto di farinata di cavolo, in una fetta di crostata, in un’immancabile bicchierino di caffè, un bene così prezioso per quei tempi ma che non poteva mancare per accompagnare e sottolineare veglie allegre, lenire un poco ricordi dolorosi o sancire decisioni importanti. Il caffè come rimedio ancora più buono dopo aver assaporato il caffè finto, di faggiola, di cicoria o di chissà cosa durante la guerra.
“Il caffè buono del dopoguerra “non è la tazzina presa al volo al bancone del bar ma un gesto che lega le persone per quel tempo che basta a farle sentire accolte. Un gesto che forse resiste ancora nelle nostre piccole comunità di montagna.
Una comunità più unita
Nella società descritta nel romanzo “si lavora senza risparmiarsi ma si vive nella lentezza del tempo”. Inoltre la comunità descritta sembra non giudicare, si sbeffeggia un po’, dà vita a piccoli pettegolezzi ma nel momento del bisogno si unisce e agisce. Fa venire nostalgia di un mondo “buono” di cui si ha sempre più bisogno, suggerito da un linguaggio evocativo di odori e gesti, fatto di termini familiari quasi perduti che documentano un’osservazione attenta o una affettuosa memoria di racconti l’acqua antisterica, il cordiale, la cera rossa sui mattoni, le nazionali, il turchinetto, il macinino.
L’importanza del testimoniare
E’ da sottolineare la generosità dell’autrice nell’aver fatto tesoro di un passato che ha voluto condividere, perché diventi preziosa testimonianza e, perché no, punto di partenza. L’ auspicio è che il fascino di questo testo legato ad un tempo passato possa diventare anche spunto di riflessione per il futuro. La sensazione di fondo che la storia ci lascia suggerisce uno stile di vita sostenibile, in cui i ritmi possano rallentare e possa essere colmato il bisogno innato di appartenenza e identità comune, fatto di esperienze semplici ma autentiche.
LA FOTOGALLERY DELL’EVENTO DI GEMMA BERNARDINI
I relatori della presentazione: da sinistra Silvia Belli, di MdS Editore, l’autrice Nicoletta Bernardini, Cristiana Petrucci e Leonardo Lenzini, figlio dell’ autrice
Sopra, a destra, la sala piena di pubblico. Di seguito, l’autrice che firma alcune copie del suo libro e tutti i festeggiamenti successivi
Servizio fotografico di Gemma Bernardini