Parco Letterario Policarpo Petrocchi, Una Montagna di Parole  |  aprile 18, 2021

Dagli animali tanti nostri modi di dire

Non si contano i proverbi, gli adagi, le metafore, le similitudini ispirati all'osservazione del comportamento animale. Ogni comunità di parlanti è stata influenzata dalla fauna propria del luogo. Una ricca serie di esempi ricavati dal Dizionario Universale della Lingua italiana di Policarpo Petrocchi

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Gli animali hanno dato all’uomo molto più di quanto abbiano mai ricevuto: ne hanno permesso la vita, il progresso e perfino il modo di parlare.

Non si contano i proverbi, gli adagi, le metafore, le similitudini ispirati all’osservazione del comportamento animale ed ogni comunità di parlanti è stata influenzata dalla fauna propria del luogo.

Anche in montagna sono stati tramandati modi di dire particolari che hanno associato la vita degli uomini a quella degli animali. Il merlo, ad esempio, ha suggerito espressioni opposte: un uomo sciocco è stato definito “un merlo” e, d’altra parte, il furbo e l’incline all’imbroglio è diventato “merlo dal becco giallo”.

Lucciola ha significato “donna di facili costumi”, ma ha indicato anche una donna molto magra, nell’espressione “parere, diventare una lucciola”; di una persona secca rifinita si è detto che “campa di lucertole”; il povero lombrico, che abita sottoterra, è diventato sinonimo di “uomo vile”; chi ha un sonno profondo,“ dorme come un tasso“; uno che ha problemi di vista è “cieco come una talpa “l’uomo vispo e rapido” è una rondine.

In molti casi i modi di dire sono divertenti; ad esempio, l’ipocrita ha “lo scrupolo del tarlo che rosicchiò il crocifisso e risparmiò i chiodi”; a chi spera nel gioco è stato riservato il seguente ammonimento: ”chi dal lotto spera soccorso metterà il pelo lungo come l’ orso”; chi fa una cosa inutile, “soffia il naso ai fagiani”; colui che ha la testa grossa e capisce poco è definito un brocciolo; una donna con la voce stridula, ha un “ vocino da zanzara”; ad un fannullone che non sa cosa fare, il consiglio è “piglia una mosca e falla ballare”; chi ha la faccia poco sana, è “verde come un ramarro”; chi ha pochi mezzi di sostentamento “campa come le starne di Monte Morello” che si pascevano di rugiada e via dicendo.

Infine un detto che mi rammentava sempre mio nonno, quando da adolescente non mi vedeva mai assieme a qualche ragazzina: “bimbo (mi chiamava così), non avrete mica il mal della lumaca, che tira indietro la testa, quando si tocca?”. Ogni volta che ci ripenso sorrido, con un po’ di nostalgia.

Tutti questi modi di dire sono stati ricavati dal Dizionario Universale della Lingua italiana di Policarpo Petrocchi.


Maurizio Ferrari

Maurizio Ferrari, sambucano di origine, ha insegnato Lettere per 38 anni nelle Scuole superiori pistoiesi. Ora è imprenditore agricolo e si sta impegnando nella promozione e nel rilancio del territorio appenninico come Presidente dell'Associazione "Amo la montagna APS" che si è costituita nel 2013 e che ha sede a Castello di Cireglio.Ha collaborato per 25 anni alla rivista "Vita in Campagna", del gruppo "Informatore Agrario". Recentemente ha pubblicato alcune raccolte di racconti ispirati alla vita quotidiana di Sambuca, dal titolo :"Dieci racconti sambucani"; "La mia Sambuga" e "Cuori d'ommeni e di animali", nonché una favola per bambini, "La magìa della valle dimenticata" illustrata dagli alunni della scuola elementare "P.Petrocchi " di CIreglio (Pistoia)