
Qualcuno, specialmente dell’Alta Montagna pistoiese, mi ha rimproverato perché definisco sempre Montanini e non Montanari, gli abitanti delle nostre Terre alte.
Premetto che in questa risposta non c’è alcun risvolto polemico, ma le mie origini sambucane e alcune importanti testimonianze letterarie mi confermano in questa mia scelta lessicale.
Intanto a la Sambuga siamo tutti “montanini”, anche perché ci inorgoglisce il detto popolare che recita “Montanini, scarpe grosse e cervelli fini”; poi, per quanto riguarda la letteratura, prendo a prestito due “voci” autorevoli: quella di Giuseppe Tigri, celebre scrittore pistoiese (1806-1882), il quale scrisse un’opera intitolata, appunto, Il Montanino toscano, e quella di Policarpo Petrocchi, l’illustre lessicografo, nato e morto a Castello di Cireglio (1852-1902), autore del celeberrimo Dizionario della Lingua italiana.
Qui, alla voce Montanino, si legge quanto segue: “Nato in montagna, di montagna” e gli abitanti vengono definiti “Gente montanina”.
D’altro canto, poco sopra, il Petrocchi, relativamente al termine Montanaro, aveva scritto: “Montanaro, cioè di montagna. Termine un po’ spregiativo e di commiserazione. Indica rozzezza e povertà” e fra gli esempi cita Alessandro Manzoni, che nei Promessi sposi chiama Renzo “Un povero montanaro”.
Naturalmente Montanari o montanini, fa lo stesso, purché ci riconosciamo, tutti, nel senso di appartenenza alla nostra terra e nei grandi valori che la gente di quassù ci ha trasmesso nel tempo e che oggi sembra che abbiamo dimenticato.