La ricerca  |  aprile 18, 2020

UN PAESE ALLA VOLTA/ LA LIMA, sotto un cielo di carta

Il fiume dal quale prende il nome. La strada statale sempre più trafficata che lo attraversa. E la Cartiera Cini, cuore pulsante industriale intorno al quale si formò il paese più all'ombra d'Italia. Artefice il lungimirante impresario che capì quanto e come potesse essere sfruttata la forza motrice idraulica. Poi nuovi impresari decisero che non era più conveniente tenere lassù una fabbrica. E quel luogo di vita, affetti e lavoro per un secolo e mezzo, iniziò a spopolarsi

di

Tempo di lettura: circa 7 minuti
La vecchia cartiera (Foto di Valerio Sichi)

LA LIMA (SAN MARCELLO PITEGLIO) – Essenzialmente, i luoghi, si dividono in due grandi categorie: quelli che ci vuoi andare apposta e quelli che ci devi passare per forza.

I primi sono la meta. I secondi, una frazione di un viaggio.

Una frazione alla quale, abituati come siamo a non prestare attenzione al “durante” e concepire un percorso come una fastidiosa tratta da compiere nel minor tempo possibile, non concediamo attenzioni, curiosità, interessi: passiamo e tiriamo avanti.

La Lima e il paese che fu

La Lima, da anni, non ha più i crismi dei primi. Era stato “ paese”, e quindi luogo di vita, affetti e lavoro, per un secolo e mezzo. Ebbe locande, bar, esercizi commerciali, venditori ambulanti, un falegname, le scuole elementari, l’asilo, il cinema, le sarte, un teatro, il campetto da calcio, una festa paesana, una chiesa sempre aperta, suoni, voci, rumori, liti, coltelli, messe, amori, omicidi e tradimenti… E un nugolo di bimbetti.

L’ uso del verbo indicativo trapassato prossimo racconta già abbastanza sulla sorte di quel paese, mio natale. Da un po’ di tempo a questa parte mal sopporto parlare di ciò che è stato, è uno scrivere che presta il fianco alla retorica dei “ bei tempi andati”: nostalgie vuote, fini a se stesse.

Scrivere al passato

Quando si scrive del passato occorre usare quella bella ironia quand’è figlia della miglior compassione e che ti strappa un lieve sorriso, o il cinismo proprio di chi guarda al passato con severità.

Mai retorici.

Nel buttar giù questo racconto su La Lima, mi rendo conto che posso solo scrivere al passato: il presente è avvolto di rassegnazione, parlare di futuro è una burla. A collegare i tre tempi che scandiscono il tempo del mondo e dell’umanità intera è soltanto l’ eterno fluire del torrente, quello che prestò il suo nome al paese.

Se, oggi, vuoi patire poco o niente l’ isolamento e la solitudine indotta dalla pandemia del Coronavirus… Beh, La Lima è un posto perfetto.

Immaginarsi un giorno di festa

Immaginatevi, invece, di passarci a piedi in un giorno di festa, attorno a Natale e con le piste da sci dell’ Abetone ricoperte di neve e preparate a dovere, così come certi “mastri nevai” di lassù sanno fare.

Immaginatevi di non arrivare fino al paese che fu, ma di fermarvi prima e a una distanza di un paio di chilometri: sotto Mammiano, tanto per darvi un’idea.

Nel procedere verso il paese, potreste vedere il torrente e, sulla sponda opposta, la località “Case sparse di Piantaglio”, posto di cui niente so come etimologia e che era collegato con il “grosso” del paese tramite un viottolino e un’ ardita ferrovia costruita sulla verticale del torrente per far andare e tornare parte della materia prima, necessaria per la lavorazione della carta.

Un giorno, era il 1933, il torrente si svegliò del cattivo umore di quando troppe sono le acque a convivere in uno stretto alveo e si prese parte della via ferrata, divenuta poi un sentiero per spericolati pescatori di trote.

Superata la località “La Piana”, arrivereste a “La Ferrina”. Si tratta di un edificio, un tempo adibito a locanda per viaggiatori, pensione e vendita alimentari.

Oggi è la dogana: confino, confine e simbolo dell’ Italia delle case abbandonate. Hanno tutta una loro particolare veste e bandiera: prendono il colore della terra, del muschio, dell’ erba e, nel caso de La Lima, dei gas di scarico delle auto in transito.

La strada ad alto traffico

Già… le auto. Non vi dimenticate che state percorrendo, narrativamente parlando, una strada ad alto traffico, in un giorno festivo e con la neve sulle piste dell’ Abetone.

State entrando in una dimensione spazio-temporale tutta particolare: nella semplice distanza di mezzo metro sentirete l’estrema dicotomia tra vita e morte, la prima è quella che proviene dalla carovana di auto zeppe di giovani che vanno all’Abetone, la seconda la proverete strusciando le case morte, fredde, grigie del borgo.

Ben attenti a non farvi schiacciare come rospi, nemmeno vi sareste accorti di quella mastodontica costruzione che fa da angolo e spigolo alla via a senso unico, quella liquida, del torrente.

La Cartiera Cini

  La vecchia cartiera Cini

Mettetevi in sicurezza e guardatelo quell’edificio. E, ancora, affidatevi all’immaginazione, sentimento che quando incontra la curiosità diventa pienezza di vivere anche le cose che, apparentemente, possono sembrare insignificanti.

La Lima, il paese più all’ombra di Italia laddove un paesano per avere la compagnia del sole se lo dipinse su tutti i vetri di casa sua, è nata, cresciuta, invecchiata e poi morta, ammazzata.

Deve tutto, nel bene e nel male, alla presenza della Cartiera Cini, nome che riprende quello di un illuminato e lungimirante impresario che capì quanto e come la forza motrice idraulica potesse essere sfruttata.

Per fare cosa? Carta.

Quella carta che, per decenni, ha come “foderato” e protetto il paese che dal 1822 era andato via via formandosi attorno al cuore pulsante industriale del borgo.

La fabbrica distrutta dal fiume

Due recenti immagini della Lima durante una piena (a destra la diga)

Già nell’ ottobre del 1836, la solita riottosa Lima fece intendere che non sarebbero state tutte rose e fiori: ingrossata a dismisura dalle piene autunnali agguantò e si portò via buona parte dell’opificio.

Erano, però, tempi in cui l’uomo coltivava in modo più fermo il sentimento della fiducia, quello della perseveranza e dell’essere “homo faber fortunae” e figuratevi se la Famiglia Cini si arrese.

Una fabbrica più bella e moderna

Costruirono una Cartiera più bella, sicura. Addirittura, luogo di fede se è vero, com’è vero, che dentro la fabbrica ci misero la chiesa.

E poi, moderna: la prima, era il novembre del 1838, ove venne installata, la prima in Italia, una macchina di derivazione anglosassone per la lavorazione di cenci e stracci da destinare poi a carta, come prodotto finale.

Passarono anni. E poi decenni. Nel paese più all’ombra di Italia, poco importava se non c’era il sole. Cresceva di abitanti, attività, case, progetti… Il foglio di carta sotto il quale era nato e cresciuto sembrava poter garantire una protezione perenne, il futuro una certezza e mai quella frazione di tempo dove regna l’ignoto.

Come nacque il paese

Lì, la montagna non era e non è troppo amica dell’uomo: da una parte ci stava il torrente, dall’altra certi grotti, buoni manco per le capre da tanto che erano ripidi. Un paese, attorno all’opificio però ci voleva e lo costruirono a “stringa”. Venne su, in quel modo, La Lima: una fila sdentata di case allineate fedelmente al curvilineo decorso torrente, con le schiene appoggiate al monte e il sole da disegnare sui vetri.

Bene.. Vista la Cartiera, o quello che resta, non vi rimane che decidere.

Andare oltre e sfidare il tessuto necrotico del paese oppure averne già abbastanza e tornarvene indietro?

Beh… Fate voi. Consigli, io, non ne voglio dare.

Solo una cosa mi va di dire: diffidate di ciò che naturale non è.

La debolezza del paese

 Suggestiva immagine dall’alto del paese

Si, diffidate… Perché mentre il paese cresceva, invecchiava e poi moriva sotto la lama impietosa dell’inumano e spietato concetto costo-beneficio e per mano di impresari che, fatti due conti, decisero che non era più conveniente tenere lassù una fabbrica, c’era, c’è e ci sarà sempre e comunque un piccolo, imperituro, mondo naturale e di famiglie, magari poche, che vivono e vivranno di quello che la Natura dà e sulla base di una scelta di essenzialità e sobrietà che la Montagna insegna di generazione in generazione.

Quando il foglio di carta si è bucato e ha messo a nudo la debolezza delle radici del paese, loro, che siano stati pastori, boscaioli, scalpellini o altro, hanno sicuramente sofferto dell’ obbligata partenza di amici o parenti, partiti per le città nella speranza di trovar lavoro.

Sono certo che ci hanno patito ma, che lo si voglia credere o meno, hanno continuato a vivere nei luoghi natii. E perdonatemi se vi scrivo che non è poca cosa…

Poi, pian pianino, sono partiti anche loro.

Ma questa è un’altra storia. E’ la vita.

E non è quella di un intero paese ammazzato dalla logica del profitto.

 

 

Tutte le foto gentilmente concesse da Valerio Sichi


La Redazione

Con il termine La Redazione si intende il lavoro più propriamente "tecnico" svolto per la revisione dei testi, la titolazione, la collocazione negli spazi definiti e con il rilievo dovuto, l'inserimento di immagini e video. I servizi pubblicati con questa dizione possono essere firmati da uno o più autori oppure non recare alcuna firma. In tutti i casi la loro pubblicazione avverrà dopo un attento lavoro redazionale.