Pistoia, La ricerca  |  novembre 30, 2019

UN PAESE ALLA VOLTA / Le Piastre, una storia scritta nel ghiaccio

La località divenne famosa per la produzione del ghiaccio naturale lungo l'Alta Valle del Reno. Questa attività dava lavoro alla maggior parte delle famiglie del luogo. Il grande sviluppo del paese era coinciso con la costruzione della Strada Ximeniana che univa Pistoia con Modena. Il successivo sviluppo delle attività turistiche nel periodo estivo. Poi il lento declino e il grande spopolamento. L'importanza del Campionato della Bugia divenuto famoso a livello nazionale e internazionale. Il ruolo della Pro loco

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LE PIASTRE (PISTOIA) – Nonostante una data più antica (il 1579), impressa sul muro di un’abitazione, e nonostante l’Ostensorio di San Bernardino (di cui restano solo testimonianze fotografiche), che farebbero pensare ad un insediamento ben precedente lungo la Via Vecchia Montanina, il paese de Le Piastre si è sviluppato nel corso del 1700, intorno alla Chiesa di Sant’Ilario, che divenne il centro della parrocchia omonima, istituita nel 1785 dal Vescovo Scipione de Ricci.

Lo sviluppo con la Strada Ximeniana

Con la realizzazione della Strada Ximeniana, che unisce Pistoia a Modena, il nucleo si è via via ampliato e gli abitanti sono cresciuti considerevolmente di numero. Si pensi che, a metà del 1800, la parrocchia contava più di 900 anime.

Lungo la suddetta arteria di comunicazione il paese, come si è detto, crebbe di importanza e ne è prova il fatto che fu sede di una Stazione di Posta con annessa Osteria e cambio dei cavalli; le altre erano a San Marcello, Pianosinatico e a Boscolungo.

A Le Piastre risiedevano contadini, boscaioli, pastori, artigiani, emigranti stagionali e la loro vita non era semplice, come del resto in tutta la nostra Montagna.

E’ esemplificativo un fatto tramandato dalla Storia. Giuseppe Bartoli, un barrocciaio del luogo, si arruolò nelle file della milizia civica di Pietro Leopoldo dietro lauto compenso, al posto di un possidente di Casore del Monte. Questo sacrificio gli consentì di sollevare i propri cari dallo stato di povertà assoluta in cui versavano.

L’Industria del ghiaccio

Nel corso del 1800, l’Alta Valle del Reno divenne famosa per la produzione del ghiaccio naturale (peraltro nata nel 1700) e Le Piastre ne fu il centro.

Lungo la valle esistevano una settantina di laghi, cioè di vasche artificiali, a forma circolare ellittica o rettangolare, nei quali si ghiacciava l’acqua del fiume e dei fossi, e almeno una quarantina erano nel territorio piastrese.

Questa attività dava lavoro alla maggior parte delle famiglie del luogo e vi erano impegnate più frequentemente le donne, dato che i mariti spesso partivano per andare a fare il carbone.

Era un lavoro durissimo e impiegava buona parte dell’anno: in estate c’era da pulire le vasche dai residui e dalle foglie; in autunno ci si preparava per captare l’acqua, dal Reno e dal Fosso delle Torbicchiole, che in inverno si congelava all’interno delle vasche. Poi le lastre di ghiaccio venivano via via riposte nelle ghiacciaie, alcune delle quali erano coperte mentre altre scoperte, e per mantenerne bassa la temperatura si pressava la neve sopra le lastre e si copriva il tutto con uno strato massiccio di foglie secche di castagno. Infine nella tarda primavera e in estate si svuotavano le ghiacciaie e si caricava le lastre sui barrocci per commercializzarle

Il ghiaccio naturale dell’ Alta Valle del Reno trovava una collocazione anche extraregionale, in Liguria, in Emilia Romagna, nelle Marche e nel Lazio e vi giungeva per ferrovia.

Ma i mercati più “immediati” erano Pistoia e Firenze ed assai comunemente, lungo la via Ximeniana che scende in città, restavano sulla carreggiata le tracce dello sgocciolamento del ghiaccio trasportato sui barrocci.

Questa attività, fiorente per oltre un secolo, di fatto si concluse negli anni ’30, soprattutto per la concorrenza spietata del ghiaccio artificiale, ma anche per l’ondata di “igienismo” che fece passare per insalubre il ghiaccio naturale.

 

 

  

Vecchie immagini della lavorazione del ghiaccio e, nelle ultime due foto, la Ghiacciaia della Madonnina oggi. Le vecchie foto tratte dal testo “Archeologia industriale. L’acqua, il freddo, il tempo. La produzione del ghiaccio naturale nell’alta valle del Reno (sec XVIII-XX)”. A Linea editrice

Il turismo estivo

Così il paese de Le Piastre, con la popolazione ridotta a causa di un’emigrazione sfrenata, riprese la sua vocazione agro-silvo pastorale, integrandola col turismo stagionale che, per un cinquantennio, ha costituito una importante fonte di reddito

Il paese si reinventa: 11, tra alberghi e pensioni, e anche qualche allevamento…”strano”.

Quando la nostra Montagna era luogo di villeggiatura, i Signoroni lasciavano le metropoli (Firenze, Bologna, Milano) per godere della pace e della frescura estiva; allora i paesi si popolavano per i tre mesi estivi.

Alle Piastre erano ben 11 i luoghi di ricezione turistica, tra alberghi e pensioni, e spesso si organizzavano feste, sagre, rappresentazioni teatrali, scampagnate lungo i sentieri della montagna; c’era perfino un piccolo cinema, Il Pidocchino, sostituito poi dal grande Cinema Italia, agli inizi degli anni ’60.

Insomma, in paese c’era gran vita e i residenti facevano a gara per trattare convenientemente i Signori Villeggianti, che gradivano molto il calore della gente di montagna.

Latte, formaggi e verdure erano prodotti in loco, infatti in molti, anche dopo gli anni ’50, allevavano mucche, pecore, maiali e galline e alcuni iniziarono anche allevamenti poco “comuni”.

Nel Fosso di Bionzana qualcuno introdusse le nutrie, mentre all’Erba Minuta ci fu chi provò a metter su un allevamento di oche.

L’intraprendenza e la fiducia, quindi, non mancavano alla gente del posto.

Una nuova ondata migratoria

Dopo gli anni ’50 anche nel territorio delle Piastre si è assistito ad un’altra ondata di emigrazione selvaggia verso paesi europei, africani e dell’America latina, tanto che qualcuno è arrivato ad affermare che oggi i “residenti piastresi in Brasile sono in numero assai superiore a quelli che vivono alle Piastre”.

Questo fenomeno ha privato la montagna di forze produttive e non è stato governato a dovere nemmeno dalle istituzioni.

Un vecchio articolo del Resto del Carlino, datato 29 Luglio 1939, metteva già in guardia l’opinione pubblica dalle conseguenze ad esso connesse e lo faceva con parole accorate: “Ogni piccolo rivolo di risorse deve concorrere a tenere attaccate sul posto le popolazioni dei monti, altrimenti se ne vanno e non ritornano. Lo spopolamento montano è un tormentato problema della montagna che ha fatali conseguenze, spesso gravisime, qualche volta disastrose, e produce tra l’altro un regresso della popolazione, in un disequilibrio che matura lentamente in una tragedia”. E ancora : “Tutto quello che giova, che dà utile alla montagna deve essere conservato e aiutato, prima che sia troppo tardi. Le popolazioni di montagna devono avere la sensazione che i loro diritti e i loro interessi sono compresi e salvaguardati”.

Mai parole sono state più profetiche e mai più inascoltate. E ancora oggi stupisce la violenta sordità metropolitana nei confronti delle terre alte e disagiate.

Un paese trasformato

Le Piastre all’inizio del ‘900. Le foto sono tratte dal volume “Vecchie immagini della Montagna” (edizioni del Comune di Pistoia)

Sfogliando un album di vecchie foto affiora un po’ di malinconia a vedere com’erano il paese e la valle del Reno solo 50-80 anni orsono.

Intanto colpiscono l’ampiezza della vallata, tappezzata di campi e prati fioriti, sui quali è facile immaginare gli animali al pascolo, poi l’abitato più rado di case, anche se non c’erano angolo, piazzetta, aia o via che non fossero vissute da bimbi, donne intente a filare o a lavare nel fiume, villeggianti a passeggio o gente affaccendata nella vita di ogni giorno.

Infine traspare un’atmosfera di semplicità antica e laboriosa scolpita sui volti, talvolta severi e orgogliosi, di un popolo vivo.

Oggi, seppure sopravvivano alcune attività commerciali (2 bar, 2 negozi di generi alimentari, 2 mercerie, 2 forni e 2 pizzerie), il paese, quando giunge l’autunno, perde la propria vitalità. Gli abitanti sono una sessantina e, con i borghi circostanti (Vivaio, Bionzana, Pian di Nenne, Botro, Le Forri, Le Vecchieti, Case Cioni, Cassarese e Casa Marconi) il loro numero complessivo è di circa 200 anime.

I servizi stanno diminuendo, come del resto in tutti gli altri paesi di montagna: non ci sono più la Banca e la Scuola elementare (trasferita a Cireglio), l’Ufficio postale è aperto a giorni alterni, i locali del vecchio cinema sono chiusi da anni e non si trova il modo di destinarli ad uso sociale.

In compenso sono arrivati gli immigrati, ospitati in due strutture, che superano di gran lunga il numero degli abitanti e che danno l’impressione che i nostri paesi di montagna servano solo a questo scopo.

Degli undici, fra alberghi e pensioni, restano solo due strutture ricettive: Il Giardino di Lino, a Casa Marconi, e Il Borgo Isora, a Case Cioni, entrambe pregevoli e ben inserite nel tessuto achitettonico dei rispettivi borghi.

La via Modenese a Le Piastre e una veduta del paese

La Bugìa

Ci vogliono fantasia e ingegno per fare della bugìa una risorsa, eppure alle Piastre ci sono riusciti.

Nel 1966 tre giovani piastresi pensarono di affiancare alla Sagra della polenda dolce il Campionato italiano della bugìa, che quest’anno ha raggiunto la 43° edizione.

All’inizio l’idea sembrò un po’ balzana e incontrò difficoltà, poi prese corpo fino a raggiungere un successo nazionale e internazionale.

Nel 1987 fu deciso di allargare la partecipazione anche ai vignettisti e dal 1997 la manifestazione si è dotata di un Sito internet che diffonde il nome delle Piastre in tutto il pianeta.

Recentemente è stato istituito anche il Museo della bugìa che conserva testimonianze dei “bugiardi” che hanno preso parte alle varie edizioni di questa originalissima festa.

Alcune immagini del Campionato della Bugia

La Proloco

Ma il paese può contare anche su un’altra importante risorsa, la Proloco .

Oltre ai necci, ai pranzi ed alle sagre, il gruppo attivissimo di volontari organizza eventi di vario tipo, come i numerosissimi presepi che nel periodo natalizio addobbano ovunque il paese (ma anche il borgo di Vivaio allestisce un pregevole e grande presepio nella cornice di un castagneto curato come un tempo!) e come i due premi annuali: Il Ghiacciolo, riservato a singoli o associazioni che si sono distinti per aver diffuso in Italia e nel mondo la cultura della nostra Montagna e Il Rampino, destinato a chi ha mostrato meriti particolari nel comprensorio locale.

Però il premio più bello dovrebbe essere dato proprio a loro, a questi volontari che testimoniano con i fatti l’attaccamento al proprio paese.


Maurizio Ferrari

Maurizio Ferrari, sambucano di origine, ha insegnato Lettere per 38 anni nelle Scuole superiori pistoiesi. Ora è imprenditore agricolo e si sta impegnando nella promozione e nel rilancio del territorio appenninico come Presidente dell'Associazione "Amo la montagna APS" che si è costituita nel 2013 e che ha sede a Castello di Cireglio.Ha collaborato per 25 anni alla rivista "Vita in Campagna", del gruppo "Informatore Agrario". Recentemente ha pubblicato alcune raccolte di racconti ispirati alla vita quotidiana di Sambuca, dal titolo :"Dieci racconti sambucani"; "La mia Sambuga" e "Cuori d'ommeni e di animali", nonché una favola per bambini, "La magìa della valle dimenticata" illustrata dagli alunni della scuola elementare "P.Petrocchi " di CIreglio (Pistoia)