Una Montagna di Parole, L'arte artigiana  |  novembre 5, 2018

Quando si raccontavano le “fole” intorno al foco

Fin dai tempi antichi i montanini poetavano in ottava rima in teatri naturali come aie e metati. La fantasia si stimolava particolarmente intorno ad un fuoco grazie a veri maestri dell'inverosimile. Ne sanno qualcosa a Le Piastre dove questa tradizione è sfociata nella nascita del Campionato della bugia

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Si sbaglia chi crede che i nostri avi montanini siano stati solo animali da fatica, impegnati a sopravvivere in un ambiente ostile. Certo la vita in montagna non è mai stata semplice, ma il forte attaccamento al territorio e il rispetto della patria, intesa etimologicamente come terra dei padri, ne cementava il senso di appartenenza.

I poeti in ottava rima

L’alfabetizzazione era impedita da circosanze di vario genere, ma i tempi attuali dimostrano chiaramente che essa, da sola, non impedisce l’avvento di una barbarie più subdola e pericolosa, se non ci sono forti radici etico-culturali, per non dire morali, costruite sulla tradizione. Allora un libro era un piccolo tesoro e fra i monti si potevano incontrare alcuni pastori, artigiani e boscaioli che poetavano in ottava rima, declamavano romanze o recitavano a memoria interi canti della Divina Commedia o dell’ Orlando furioso.

Chi non è più tanto giovane sa di che cosa io parli!

I “teatri” naturali

I “ teatri” erano costituiti da situazioni della vita quotidiana: una selva, dove si raccoglievano le castagne, un metato, dove si seccavano, o un’aia, dove si batteva il grano, si trasformavano in altrettante occasioni sociali per esercitare la vena poetica e per dar voce ad un’arte popolare che col canto, con la musica o con la semplice affabulazione perpetuava il passato e esorcizzava il presente.

La fantasia stimolata dal foco

Il fòco, poi, stimolava la fantasia e intorno ad esso, nascevano racconti immaginari, favolistici dove si esercitavano i “maestri dell’inverosimile”.

Ne sa qualcosa il paese de Le Piastre che, su questa nobile arte povera, ha costruito il Campionato italiano della bugia, che ha ormai una risonanza internazionale.

I nonni poi raccontavano le fòle ai più piccoli e li educavano al fastastico e contemporaneamente al reale.

Nota etimologica su fòla

Mi sia permessa, infine una nota etimologica: fòla, come si diceva quassù, deriva dal latino fabula , attraverso la forma faula, nel significato di “racconto”, e dal punto di vista morfologico ha seguito la stessa sorte di parola, che deriva da parabula , attraverso la forma paraula.

La cosa curiosa è che faula, in alcuni idiomi antichi e moderni, significa proprio “bugìa”.

Ne saranno contenti i Piastresi!!!


Maurizio Ferrari

Maurizio Ferrari, sambucano di origine, ha insegnato Lettere per 38 anni nelle Scuole superiori pistoiesi. Ora è imprenditore agricolo e si sta impegnando nella promozione e nel rilancio del territorio appenninico come Presidente dell'Associazione "Amo la montagna APS" che si è costituita nel 2013 e che ha sede a Castello di Cireglio.Ha collaborato per 25 anni alla rivista "Vita in Campagna", del gruppo "Informatore Agrario". Recentemente ha pubblicato alcune raccolte di racconti ispirati alla vita quotidiana di Sambuca, dal titolo :"Dieci racconti sambucani"; "La mia Sambuga" e "Cuori d'ommeni e di animali", nonché una favola per bambini, "La magìa della valle dimenticata" illustrata dagli alunni della scuola elementare "P.Petrocchi " di CIreglio (Pistoia)