Una Montagna di Parole  |  novembre 18, 2016

Le pera, le mela, le susina. Quando e perché il nome dei frutti resta invariato al plurale

In aree marginali, come la nostra montagna, per secoli si è usata una lingua poco rinnovata che ha conservato alcune desinenze neutre plurali in -a, proprie della lingua latina. E poi ci sono quelli che sono stati chiamati così solo per analogia

di

Tempo di lettura: circa 1 minuti

Capita che i giovani correggano i propri nonni quando questi ultimi parlano delle pera, delle mela e delle susina, al plurale. Infatti, secondo le buone regole della lingua italiana, si dovrebbe dire “le mele”, “le pere” e “le susine”. Tuttavia quello che sembra, ed è, un errore ha una spiegazione logica di tipo storico-linguistico: in zone rimaste a lungo separate dalle altre, per motivi di ordine economico, culturale o logistico, c’è stata la tendenza da parte delle comunità dei parlanti locali a mantenere forme e parole della tradizione più antica.
E’ la legge della “Conservatività delle aree laterali”, come direbbero i più dotti. Più semplicemente, in aree marginali, come la nostra montagna, per secoli si è usata una lingua poco rinnovata, poco dinamica e molto meno permeabile ad influssi esterni. Così, ad esempio, si sono conservate alcune desinenze neutre plurali in -a, proprie della lingua latina. In latino mala erano “le mele” e pira, “le pere” e , per i nostri nonni, quei frutti sono diventati “le pera” e “le mela”.
Diverso è il discorso per altri tipi di frutti, come “le susina” e “le pesca”, che sono stati chiamati così per analogia con quelle originarie forme neutre latine. Ciò vale anche per “ le mana”, “le mani”, che permane ancora nel bagaglio linguistico di alcuni anziani delle nostre parti e anche della piana pistoiese.


Maurizio Ferrari

Maurizio Ferrari, sambucano di origine, ha insegnato Lettere per 38 anni nelle Scuole superiori pistoiesi. Ora è imprenditore agricolo e si sta impegnando nella promozione e nel rilancio del territorio appenninico come Presidente dell'Associazione "Amo la montagna APS" che si è costituita nel 2013 e che ha sede a Castello di Cireglio.Ha collaborato per 25 anni alla rivista "Vita in Campagna", del gruppo "Informatore Agrario". Recentemente ha pubblicato alcune raccolte di racconti ispirati alla vita quotidiana di Sambuca, dal titolo :"Dieci racconti sambucani"; "La mia Sambuga" e "Cuori d'ommeni e di animali", nonché una favola per bambini, "La magìa della valle dimenticata" illustrata dagli alunni della scuola elementare "P.Petrocchi " di CIreglio (Pistoia)