La ricerca  |  gennaio 17, 2024

I giovani d’Europa non vogliono lasciare la montagna

Lo conferma un'inchiesta di EUROMONTANA del 2022. Il campione composto da 1134 giovani, di età compresa tra i 18 e i 29 anni e residenti in 18 diversi paesi europei. Il 66% ha risposto che desidera continuare a vivere nelle terre alte, il 29% pensa di trasferirsi in città per brevi periodi, solo il 5% vuole abbandonare questi luoghi. Molto condivisa l’dea che con lo sviluppo del telelavoro, della telemedicina, del co-working, dei servizi associati si potrebbero creare occasioni di lavoro. Il “caso” del Polo Tecnico-Professionale dell'Economia della Montagna di Tolmezzo


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Foto di Matheus Ferrero su Unsplash

La politica italiana e quella europea sono lontane anni luce dalle più profonde aspirazioni del mondo giovanile: questo è un assunto incontestabile.

I governanti si basano, come unico indicatore di benessere e sviluppo, sul lavoro a tempo indeterminato, senza considerare che sta montando una fronda, silenziosa ma inesorabile, secondo cui molti giovani, di età compresa tra i 20 e i 35 anni, non lo ritengono più un traguardo definitivo, anzi aspirano a fare attività imprenditoriali in cui possano sentirsi vivi e realizzarsi completamente.

Questo fenomeno, già fortemente presente negli Stati Uniti, comincia a diffondersi anche qui da noi.

I giovani capiscono che la vita è una sola e va vissuta, non subìta, e soprattutto che qualunque tipo di lavoro non è indifferente e che la creatività e la personalizzazione sono condizioni indispensabili perché ognuno diventi davvero arbitro della propria esistenza.

I giovani vorrebbero rimanere in montagna

Secondo l’articolo 2 della nostra Costituzione tutti i cittadini hanno pari dignità sociale ed è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ogni tipo che ne impediscano la piena realizzazione, anche nel mondo del lavoro.

Ebbene, negli ultimi 30 anni si sono calpestati i sogni di molti giovani che, nati in paesi di montagna, ambirebbero a rimanerci e impiantarvi un’attività. Invece per vari motivi (inerzia istituzionale, miopia politica, visione economica metropolitanistica ecc.)  sono costretti ad andarsene, spesso all’estero, perché figli di un sistema malato e burocraticamente ingessato.

I risultati di un’inchiesta europea

Quanto detto potrebbe apparire come una sterile polemica antisistema se non fossero stati pubblicati nel 2022 i risultati di un’inchiesta europea promossa da EUROMONTANA (l’associazione europea delle zone di montagna), che ha proposto a 1134 giovani, di età compresa tra i 18 e i 29 anni e residenti in 18 diversi paesi europei, una serie di domande sul loro futuro, sulle difficoltà e le opportunità che offrono i loro borghi di origine, su come percepiscono i loro territori e su dove pensano di impiantare la loro vita futura.

Il 66% ha risposto che desidera continuare a vivere in montagna, il 29% pensa di trasferirsi nelle città solo per brevi periodi, al fine di viaggiare studiare o formarsi. E solo il 5% ha risposto categoricamente di voler abbandonare le terre alte.

Tuttavia queste profonde aspirazioni sono inibite dalle scarse opportunità di lavoro e di formazione nonché dalla mancanza di politiche serie che incoraggino i giovani lavoratori a non abbandonare le montagne.

Un sogno per la montagna del futuro

Eppure gli intervistati sostengono che con lo sviluppo del telelavoro, della telemedicina, del co-working, dei servizi associati e del principio della prossimità allargato anche all’economia, si potrebbero creare occasioni di lavoro in aree attualmente disagiate e costituire dei presidi contro lo spopolamento e nel contempo a favore di pratiche più rispettose dell’ambiente e dei suoi abitanti.

Quindi, secondo questi dati, molti giovani “montanini” europei aspirerebbero, per il 2040, cioè per il loro futuro, ad una montagna più dinamica in cui possano studiare, lavorare e metter su famiglia in un ambiente più protetto, più consono alla dimensione umana, ma anche più aperto ad uno sviluppo territoriale che coniughi tradizione e innovazione.

Il caso di Tolmezzo

Una seria analisi dei bisogni delle zone montane è alla base di ogni pano di azione, ma per questo obiettivo devono essere messi in rete diversi attori, a partire dalle scuole e poi dalle imprese e da amministrazioni pubbliche motivate.

Tolmezzo, un comune del Friuli Venezia Giulia, è da 6 anni sede del Polo Tecnico-Professionale dell’Economia della Montagna, in cui la parola d’ordine è proprio RETE, cioè collaborazione integrata e formativa tra attori privati e istituzionali per il raggiungimento di un unico scopo: aiutare i giovani a rimanere in montagna e a trovarci un lavoro.

I settori dell’economia montana verso cui si cerca di indirizzare la manodopera giovanile sono i seguenti: silvicoltura, arredamento, sostenibilità energetica, bioedilizia, agroalimentare e turismo montano; tutti ambiti che in futuro avranno bisogno di operatori forniti di alta professionalità e potranno costituire un motore economico capace di evitare la desertificazione demografica delle terre alte che oggi sembra sempre più vicina.

Info sul Polo di Tolmezzo sul sito  (al momento ancora in costruzione).


Maurizio Ferrari

Maurizio Ferrari, sambucano di origine, ha insegnato Lettere per 38 anni nelle Scuole superiori pistoiesi. Ora è imprenditore agricolo e si sta impegnando nella promozione e nel rilancio del territorio appenninico come Presidente dell'Associazione "Amo la montagna APS" che si è costituita nel 2013 e che ha sede a Castello di Cireglio.Ha collaborato per 25 anni alla rivista "Vita in Campagna", del gruppo "Informatore Agrario". Recentemente ha pubblicato alcune raccolte di racconti ispirati alla vita quotidiana di Sambuca, dal titolo :"Dieci racconti sambucani"; "La mia Sambuga" e "Cuori d'ommeni e di animali", nonché una favola per bambini, "La magìa della valle dimenticata" illustrata dagli alunni della scuola elementare "P.Petrocchi " di CIreglio (Pistoia)