Personaggi e Interpreti  |  settembre 27, 2019

La dura vita dei (giovani) pastori in montagna

Il caso dei cani da guardianìa all'Orsigna e l'”aggressione” ai quelli di due escursionisti. Le polemiche dei giorni successivi. Il pastore spiega di aver avuto una concessione a pascolare gli animali in una zona specifica e di aver installato diversi pannelli informativi: “ E' tutto un via vai di gente che passa vicino al gregge di capre, spesso portando al guinzaglio un cane. Per non parlare del comportamento di tanti 'fungaioli' e cacciatori”

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Il cane da guardianìa

ORSIGNA (PISTOIA) – Dalle pagine della “Voce “ non ci stancheremo mai di perorare le cause della Montagna e di coloro che ci vivono. E’ questo il nostro compito e per questo siamo seguiti da un bel numero di affezionati lettori.

Una premessa

Qui non mancano certamente le criticità da evidenziare, che si manifestano con grande continuità, a dimostrazione del fatto che c’è molto che non va, a cominciare da un sistema legislativo regionale (ma anche nazionale) pensato per le aree agiate e popolose, ma che danneggia quelle marginali, perché queste ultime vi si devono uniformare senza averne gli stessi vantaggi e, ancor di più, gli stessi servizi.

Allora si rende sempre più impellente un sistema legislativo ad hoc che tuteli le aree periferiche e i loro abitanti, se non si vuole che queste aree si spopolino del tutto, con le conseguenze drammatiche che seguirebbero.Incentivi, dunque, e anche potenti, sia di tipo fiscale che di supporto a quelle attività produttive che con grande coraggio vi operano.

All’Orsigna è difficile allevare capre

Alcuni episodi di cronaca accaduti in queste ultime settimane stanno dividendo l’opinione pubblica. All’Orsigna i cani da guardianìa di due giovani allevatori hanno “assalito” i cani di due escursionisti che passavano vicino al gregge di capre. Subito si è scatenata la gogna mediatica che ha descritto la furia di quei “pastori” a quattro zampe, la paura degli ignari camminatori e il loro diritto a camminare per antichi tratturi. Nulla quaestio sul diritto a far trekking in montagna, ma è necessario guardare più a fondo, a non fermarsi alle apparenze.

I termini del problema

Alessandro ed Erica hanno lasciato la città di Prato ed hanno investito tutte le loro risorse in un’attività pastorale all’Orsigna, un luogo estremamente periferico e quasi spopolato. Sono incorsi nelle maglie di un burocretinismo esasperato, che scoraggerebbe chiunque dal metter su un’attività economica.

Domande, balzelli, rinvii, permessi di ogni tipo e, per concludere, una tassa di concessione al pascolo che la Regione Toscana ha preteso, per l’importo annuale di 130 euro + 700 euro di istruzione-pratica (ma non dovrebbe essere l’Amministrazione regionale a pagare, invece che esigere, se qualcuno ha il coraggio di mantenere vivo e pulito un territorio abbandonato?) e che ricorda tanto l’”erbatico” di medievale memoria.

Tale concessione, giunta dopo 7 mesi dalla richiesta, autorizza Alessandro a pascolare le capre dalla zona del Campo sportivo fino alla sbarra del Salatoio-Case Corrieri.

Nell’area sono stati esposti cartelli che avvertono della presenza di un gregge, sorvegliato da cani da guardianìa, sui quali il pastore si è premurato di scrivere il proprio recapito telefonico per ogni evenienza.

   

Il cartello e il cane (finito sotto accusa) con le capre

“Nonostante questo – dice Alessandro – è tutto un via vai di gente che intende passare vicino al gregge di capre, spesso portando al guinzaglio un cane. Per non parlare dei fungaioli che parcheggiano ovunque lungo la strada di fondovalle, peraltro riservata a frontisti e residenti e dove detengo la concessione al pascolo, che disturbano e disperdono il gregge distraendo i miei cani da guardianìa, addestrati a perlustrare il territorio per prevenire l’attacco dei lupi. Lo stesso accade nella stagione della caccia. Molti frequentatori occasionali del bosco non conoscono le più elementari regole di educazione civica e a sera, quando rientro dal pascolo, spesso porto via dai campi un sacco pieno di ogni bene: scarpe rotte, bottiglie vuote, buste di plastica, cartacce. Alla fine, di fronte alle mie rimostranze, tutti hanno qualcosa da ridire e qualcuno mi offende anche, senza pensare che io sto lavorando e che i miei cani mi consentono di preservare le capre dalle famiglie ormai stanziali di lupi. E pensare che quassù ci sarebbe spazio per altre attività come la mia che garantissero una gestione viva del territorio”.

Il pastore con i suoi animali

Pronto, Regione ?

Il nodo, allora, è sempre lo stesso. Sia che si tratti di funghi, di mirtilli, di caccia, di pastorizia, la Regione Toscana decida se la montagna debba essere un semplice luogo di svago per i cittadini o se debbano essere tutelati anche i residenti e protette le attività economiche che intraprendono.

In questo caso, quando si dispone una concessione al pascolo, come quella riservata ad Alessandro, si deve essere coscienti degli effetti che essa comporta e non si può abbandonare il “concessionato” inerme alle ire ed alle ingiurie di chi in montagna va per svagarsi!

Mancano formazione e informazione

Inoltre ciò che emerge da vicende di questo genere è che manca la formazione e l’informazione.

La Montagna ha equilibri delicati e non si può disporre di essa con la monocultura tracotante dei diritti, che non tiene conto dei doveri e del rispetto verso gli ecosistemi montani e la gente che ci vive e che ci lavora.

Nel caso specifico dei cani da guardianìa, in Svizzera gli escursionisti vengono formati e informati dai mass media sul modo in cui ci si deve comportare quando ci si avvicina ad un gregge negli alpeggi e sui rischi che si corrono quando ci si porta dietro un cane.

Sono regole semplici, di convivenza civile e di rispetto reciproco, ma qui da noi sembrano sconosciute, nonostante il Gruppo Grandi Carnivori del CAI solleciti il rispetto delle attività di pastorizia in montagna e sottolinei la necessità dei cani da guardianìa per proteggere le greggi dai lupi.

Equilibrio e buon senso

Il governo di un territorio, piccolo o grande che sia, deve essere ispirato a scelte equilibrate che garantiscano tutti i fruitori ma, ancor di più, coloro che proteggono l’ecosistema e la biodiversità, anche quando non ci sono funghi, mirtilli e non è stagione di caccia o di pesca. “A volte mi verrebbe voglia di tornare a Prato a fare il muratore, come facevo un tempo”, dice Alessandro in un impeto di scoraggiamento. Se così fosse sarebbe una sconfitta per tutti, anche per gli escursionisti, perché le capre di Alessandro tengono pulite le strade e i sentieri dalla sempre più infestante vegetazione. O si vuole che succeda ciò che è accaduto a Valerio Rondini, il pastore che ha dovuto abbandonare la Val d’Orsigna, anche, e non solo, per la predazione dei lupi e per i suoi cani poco “guardiani”?

Meditiamo, tutti.

 

La nostra scelta di vita: tornare in montagna e vivere di allevamento


La Redazione

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