Pistoia, Personaggi e Interpreti  |  settembre 21, 2018

I soggiorni a Pracchia di quel romantico e irascibile poeta inglese

Walter Savage Landor (1775 Warwick – 1864 Firenze) visse sulla montagna pistoiese e fu proprietario di una villa, che è sempre al suo posto ma da tempo in stato di abbandono. Fece parte di quel filone di illustri poeti romantici che comprende Keats, Shelley, Byron ma soprattutto Coleridge e Wordsworth. Carattere focoso, condusse una vita sregolata, tipica dei rampolli di buona famiglia

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Walter Savage Landor (1775 - 1864)

PRACCHIA (PISTOIA) – Pracchia può andar fiera del fatto che lì è vissuto per un breve periodo di tempo ed è stato anche proprietario di una villa il poeta e scrittore inglese Walter Savage Landor (1775 Warwick – 1864 Firenze). Di temperamento impetuoso e ribelle fa parte di quel filone di poeti romantici, di quella generazione illustre che comprende Keats, Shelley, Byron ma soprattutto Coleridge e Wordsworth. Alcuni critici letterari per la sua disciplina artistica e la sua purezza d’espressione lo caratterizzano più come un “classico che scrive in un’età romantica”. Non raggiunse mai una compiuta popolarità anche se la sua opera più celebre “Imaginary Conversations” lo elevò ad un alta reputazione letteraria.

Lanciava il cibo dalla finestra

Da uno scritto di R.H. Super “Landor and the Italian Police” veniamo a sapere che Walter Savage Landor era meglio conosciuto come l’uomo che, inferocito per qualche imperfezione della cena, lanciava il cibo dalla finestra della sala da pranzo e, mentre era in preda ad una crisi isterica e le vivande cadevano in giardino, era capace di placare la sua ira ed esclamare “Good God, I forgot the violets” ( Mio Dio, non ho considerato le viole). Sarà successo sicuramente alla villa di Pracchia.

Landor e Pracchia

La sua ossessione per il cibo perfetto trova fondamento in una sua frase celebre: “Un buon cuoco è un dono peculiare degli Dei, deve essere perfetto dal cervello al palato e dal palato alle punta delle dita”. Probabilmente si trovò bene a Pracchia perchè il suo famoso detto “I strove with none, for none was worth my strife” (non mi sforzo con nessuno perchè nessuno vale il mio conflitto) è verosimilmente fatto proprio anche dagli abitanti di questa frazione. Dal suo soggiorno toscano scriveva: “Sono impaziente di vedere la nuova opera di Wordsworth e sono febbrile al pensiero che Wordswhorth stia per darmi uno dei suoi scritti. Lo esorto, se vuole essere esortato, a continuare il suo grande lavoro. Lo esorto, senza offenderlo, a stare alla larga da quegli scrittori e uomini cattivi su cui lui ha sentimenti di importante acquisizione” (Biography by John Forster– London 1869).

La sua mancanza di garbo

Da una corrispondenza con l’amico Southy scriveva “Drawbacks of bathing in the Ombrone” (ovvero inconvenienti per fare il bagno nell’Ombrone) (Biography by John Foster – London 1869). “Il nostro Ombrone è un fiume solamente per pochi mesi all’anno e se ho assunto la dignità di rappresentarlo nelle piccole depressioni del suo canale si corre il rischio di ciò che può succedere nelle vie di Pistoia. Il primo viandante ruberebbe i miei vestiti”. Lo perdoniamo per questa mancanza di tatto? Direi di sì per il suo carattere focoso, per la sua vita sregolata, tipica dei rampolli di buona famiglia, per i suoi perenni tormenti, per la sua schiettezza sempre e comunque.

Le calde notti fiorentine

L’opera in prosa “Imaginary conversations” fu iniziata quando Walter Savage Landor, all’età di 46 anni (era il 1821), viveva con la famiglia a Firenze dove aveva stanze nel Palazzo Medici. Le calde estati fiorentine lo portarono sicuramente a scrivere passi dell’”Imaginary Conversations” anche a Pracchia. A me piace immaginare che qui fu scritta la conversazione fra Dante e Beatrice di cui riporto un suggestivo passaggio:

“Dante. Dimmi la verità

Dante. La verità, la verità. Dimmi Bice.

Beatrice. I matrimoni, si dice, sono fatti in Paradiso.

Dante. Ma il Paradiso è sotto il tetto del Signore?

Beatrice. Finora è stato così.

Dante. Ma tu lo cerchi altrove?

Beatrice. Non lo cerco e non sospirare così. Dimmi cosa devo fare?

Dante. Amami.

Beatrice. L’ho sempre fatto!

Dante. Mi ami? O santo cielo!

Beatrice. I baci degli uomini sono spesso troppo maliziosi e se tu veramente mi ami non devi pensare di fare così!

Dante. Non mai questo!!”

La villa abbandonata

La villa, la scalinata di accesso e la cappella

Insomma, Pracchia può annotare anche questo nel suo passato illustre e la villa dove ha soggiornato Landor è sempre lì, abbandonata. E’ una specie di icona dell’attuale condizione della nostra bella Montagna pistoiese.


La Redazione

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