Economia, Lettere al Direttore, Sambuca  |  gennaio 14, 2017

“Risalire con un’azione collettiva. Ma il pallino non può restare in mano ai politici”

Nuovo intervento di SANTE BALLERINI dopo la lettera del consigliere comunale ROBERTO FOSSI. Che affronta il tema dell’abbandono della montagna: “Nel Comune di SAMBUCA si è passati dai 4688 abitanti nel 1961 ai 1749 del 1981”. E non crede al riscatto della Politica: “Sta ai sambucani e ai tantissimi che a Sambuca possiedono casa e terreni dire basta allo stato di abbandono e al degrado che devasta il territorio”

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Va avanti, con toni pacati e costruttivi, il botta e risposta sul tema della crisi della Montagna, del suo spopolamento e delle sue difficoltà e, nel caso specifico, sul ruolo che la politica e i singoli cittadini possono svolgere per un rilancio e una ripartenza. Ad un intervento di Andrea Andreotti, che ha avanzato la proposta di un piano straordinario contro il dissesto idrogeologico, ha fatto seguito una prima lettera di Sante Ballerini, residente a Campeda, nel Comune di Sambuca, quindi un intervento del consigliere comunale di Sambuca, Roberto Fossi. Adesso Ballerini torna sul tema e lo amplia. Il dibattito continua.

SAMBUCA – “Replico volentieri al Consigliere Roberto Fossi evitando accuratamente ogni polemica e rimanendo sul piano della concretezza. La politica avrà tante colpe, ma non quella di aver tolto la libertà di andare per il mondo alle migliaia di Sambucani che hanno scelto di abbandonare i nostri monti. Certo la miseria e le fatiche quotidiane hanno avuto il loro peso, ma non dimentichiamo che tale decisione per quanto sofferta è sempre stata individuale e libera. Chi non se la sentiva, è rimasto; chi ha deciso comunque di partire ha dovuto affrontare quasi sempre all’inizio precarietà e solitudine, talvolta discriminazioni vere e proprie. E il problema della lingua dove lo mettiamo, se fatti pochi chilometri già non ci si capiva più in anni in cui si parlava solo il dialetto?

La fuga unica possibilità

Certo la speranza di migliorare le proprie condizioni di vita aveva il suo peso. Lo ricorda anche Francesco Guccini nella canzone Van Loon, nome in cui identifica il padre Ferruccio. “Van Loon, uomo destinato direi da sempre ad un lavoro più forte che le sue spalle e la sua intelligenza non volevano sopportare sembrò baciato dalla buona sorte quando dovette andare…”. Fu un distacco doloroso quello di Ferruccio come quello avvenuto ancor prima di mia madre e dei suoi due fratelli, come per tantissimi altri negli anni Venti e Trenta, periodo che segna l’inizio dell’esodo inarrestabile dai nostri monti: in soli 25 anni gli abitanti del Comune di Sambuca passano dai 7.167 del censimento del 1911 ai 4.764 del 1936.

Lo spopolamento irreversibile

La politica avrebbe potuto invertire questa tendenza dopo la guerra, o in anni più recenti? La risposta sta nei fatti: si è passati dai 4.668 abitanti del censimento 1951 ai 1.749 del 1981. Le motivazioni individuali rimangono sempre le stesse, ma il ruolo della politica poteva essere ben diverso, e noi della Valle del Reno lo vediamo bene perché ce l’abbiamo davanti al naso cosa può fare – e cosa ha fatto – sulla sponda emiliana una politica più avveduta, pur limitata al proprio orticello.

Troppo ritardi della politica

Oggi è tardi per recriminare i torti pregressi della politica, tardi per condannare l’inefficienza di chi amministra attualmente, tardi per “selezionare una nuova classe dirigente in grado di pensare e progettare un rinnovato sviluppo delle aree marginali” di cui scrive Roberto Fossi. Sta agli abitanti di Sambuca e ai tantissimi che a Sambuca possiedono casa e terreni dire basta allo stato di abbandono e al degrado che devasta il territorio. Anche perché sono finiti – meglio sarebbe dire tramontati per sempre – i tempi in cui bastava scendere in città per dare una svolta alla propria vita. In città manca il lavoro mentre sui nostri monti si sprecano risorse e opportunità ancora tutte da scoprire. Siano quindi i Sambucani e tutti quelli che hanno a cuore la sorte del nostro territorio a cominciare ad organizzarsi, a farsi sentire, a creare occasioni di lavoro e quindi a riportare vita e speranza per il prossimo futuro. Si avvererà così proprio quello che scrive nella sua conclusione Roberto Fossi “Solo con un’azione collettiva e coesa si può sperare di produrre quel ribaltamento ideologico della politica nazionale”. Perché i politici ci verranno dietro buonini, buonini, volendosi riprendere il “boccino” che giustamente deve restare nelle mani della politica.

Io resto dell’avviso che il ‘boccino’ ora va loro tolto perché non ne hanno fatto buon uso, e siccome non ho la presunzione di tenerlo io, lo rimetto nelle mani del Direttore Vannini – il vero autore della metafora del ‘boccino’ nel suo commento – perché lo passi a tutti quelli che vogliono rimboccarsi le mani e ribaltare le sorti di una partita che ci ha visti finora tutti perdenti”.

Sante Ballerini


La Redazione

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