La ricerca  |  giugno 16, 2016

Quelle mappe piene di errori e refusi

La Carta tecnica regionale della toponomastica presenta decine di nomi inesatti e storpiature. Piteglio confuso con Piteccio, Grombori diventa Grombule, il Poggio di Celso diventa Gelso, Falsereni cambia in Falsere. Stravolte certezze e consuetudini delle cartografie dell'Istituto Geografico Militare. Gli sbagli nelle trascrizioni non giustificano tutto

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A Piteccio la stazione diventa di Piteglio

Il Poggio di Celso ora è di Gelso, e non per i bachi da seta! Falsereni, forse per economia, da tempo è Falsere, la Rossa si è spostata di qualche centinaio di metri diventando la Rosa, a Piteccio c’è la stazione FS di Piteglio (!), Grombori s’è mutato in Grombule e un po’ più giù, sempre sulla stessa carta, Pian di Noceglio, dal falsopiano che designava, è scivolato nello scosceso di una forra e, suo malgrado, non è più piano. In prossimità del Campolino le Lamacce, che prendevano nome da strati di arenaria affioranti, simili a lame, sono adesso Le Macce. Insomma, sulla CTR, (Carta Tecnica Regionale 1:10000) gli errori grossolani e le storpiature si contano a decine su ogni foglio, almeno per la toponomastica – ma non solo, come si vedrà poco più avanti. La fantasia e la “leggerezza” impegnate nella CTR hanno stravolto certezze e consuetudini consolidate, che avevano radice nella cartografia militare (Istituto Geografico Militare), la cui attendibilità di fonte, seppure con difetti ed errori, era certificata da un lato dal rilevamento sul terreno (in origine, anche per la toponomastica) e dalla destinazione d’uso, eppoi dal tempo, dalla riproduzione e vastissima diffusione, dall’altro.

La fantomatica strada da Pian di Novello a Pian di Noceglio

Ecco ancora, fra i moltissimi, qualche altro esempio di pressappochismo: sotto la Piastra sul versante della Lima il Fosso della Fonte Fredda non è in località Fonte Fredda, accanto all’omonima sorgente come avrebbe dovuto, ma è stato generosamente assegnato al Fosso [della] Tagliatella, che ora ha due nomi, mentre uno resta anonimo: chi troppo e chi nulla! Così, con incredibile fantasia rappresentativa, è stata tracciata la strada che passa poco sopra, e collega il Vallone (Pian di Noceglio) all’anello di Pian di Novello. Peccato che sia percorribile solo sulla carta e non nella realtà, dove, benché pagata, m’immagino, non è mai stata terminata e risulta quindi inutile allo scopo del progettista e ai bisogni del contribuente. Per finirla mancano solo poche centinaia di metri, forse neppure duecento: anche qui (ma non c’entra il cartografo) a chi troppo a chi nulla! Infatti dove esiste potrebbero percorrerla due Tir affiancati (vedi Pian di Rasoi), ma poco più avanti si riduce a impervio passaggio anche per l’escursionista allenato, diversamente da quanto invece ci “racconta” la cartografia regionale.

Dal versante lucchese alla valle della Lima

Sul versante lucchese della Piastra, continuando con qualche piccolo ma significativo esempio, il Rio di Carpineta (nomen omen) diventa di Capriana e, lì vicino, il Fosso Dordoio, dall’omonima grotta (assai suggestiva per l’acqua che vi scorre copiosa e ben nota agli speleologi), non se ne comprende il motivo, diventa San Montale (chissà se ce n’è uno!).
Sul versante opposto della valle di Lima, sotto il Libro Aperto si trova il Puntone della Macina e non della Mancina come indicato; al piede dei Balzoni, invece, il toponimo della Croce dei Morti, rappresentato da un inequivocabile manufatto legato all’aneddotica locale, si è moltiplicato nel generico Croci e Morti, come ve ne fossero a decine. Poco a sud il Colle Piaggiacalda che correttamente sull’IGM indica il valico fra i Balzoni e la Vista del Paradiso sale di quota espropriando una spalla dei Balzoni, ma lascia anonimo il passo sottostante.

Tanti errori anche nella Foresta dl Teso

Nel Teso non va meglio: il Fosso delle Scoperte diventa delle Scopette (potrebbero far comodo!) e Monticelli (anche qui nomen omen, dato che probabilmente riassumeva la caratteristica orografica del luogo, ovvero una sequenza di minimi rilievi sulla stessa linea di crinale), gettato nel dirupo, ma “a levata di sole”, perde quota e importanza, ovvero non ha più nome, mentre, poco distante, compare dal nulla Monte Terminaccio, che però, ha un omonimo (quasi) poco più a sud-ovest, col nome di M. Terminaccia, tanto per evitare la confusione! Cosicché se uno ha in mano una carta e uno un’altra non c’è modo d’intendersi, neppure per una eventuale richiesta di soccorso (cosa del resto assai probabile, dato che le cartine topografiche in vendita agli escursionisti hanno molto spesso per base l’IGM). Poco più a est il Crine di Rovaggio cresce di grado e viene elevato impropriamente a toponimo del poggetto che lo sovrasta.

Approssimazione e sciatteria

Si potrà obiettare, non senza ragionevoli motivazioni, che qualche erroruccio ci sta, e che tutto è divenire, mutazione continua, a principiare dalla lingua! E’ vero anche codesto, ma la corruzione del linguaggio, e con lei anche dei toponimi, che può certamente avvenire per un’infinità di ragioni fra le quali anche gli errori di trascrizione, forse, è un processo lento, inevitabile, che in questo caso, però, non pare trovare giustificazione fuori dalla sciatteria, da un fare molto approssimativo, addirittura cialtronesco, se, beninteso, alla radice dei toponimi si pensa possa esservi un qualche significato o nesso con quanti hanno popolato quel luogo. E questo, purtroppo, accade proprio in un tempo in cui, più di altri, in molti si riempiono la bocca o spendono fior di quattrini (pubblici) con la presunta tutela delle tradizioni, della memoria, col “recupero”,… o coi musei, più o meno “eco” costosi…


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