Cammini, Uno sguardo oltre  |  maggio 13, 2024

Una comunità in cammino sulle tracce di San Rocco

Il Cammino di San Rocco nasce, durante l'anno della pandemia COVID, come progetto di comunità finanziato dalla Fondazione CARITRO. Il santo di Montpellier, venerato nei secoli passati come protettore dalla peste, viene oggi riscoperto da un itineriario che valorizza il territorio facendo rete tra le comunità locali. Abbiamo parlato con i volontari della Compagnia del Cammino di San Rocco per farci raccontare come è nato questo progetto e capire lo spirito che anima il cammino.

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Galeotto fu un gelato

La prima volta che mi fermai a Mori, paese trentino della Vallagarina, fu circa 25 anni fa. Molti appassionati di montagna vengono qui per la ferrata che parte nei pressi del Santuario di Monte Albano. Io invece mi fermai per mangiare un gelato nella bellissima villa liberty che ospita la Gelateria Bologna. Sedersi ai tavoli di quell’incantevole edificio è un piacere per gli occhi ancor prima che per il palato.
Da allora, quando passo sull’A22 all’altezza di Rovereto Sud, esco dall’autostrada e vengo qui a deliziare il palato. Il mio periodico ritorno, in un certo senso, potrebbe essere definito un “pellegrinaggio profano”. In effetti, sono tanti gli aspetti di un territorio che possono conquistare il viaggiatore. Nel mio caso galeotto fu un gelato “Mangia & Bevi”.
Recentemente ho scoperto che, da qualche anno, è stato aperto, proprio qui nei dintorni di Mori, un cammino intitolato a San Rocco da Montpellier. A quel punto non ho resistito alla tentazione di trasformare il mio “pellegrinaggio del palato” in un’esperienza più intensa. Così ho messo lo zaino in spalla e sono partito.

 

Un itinerario tra storia e natura nel basso Trentino

Il Cammino di San Rocco si sviluppa su un itinerario ad anello per una distanza di circa 70 km. Si tratta di un percorso alla portata di tutti. Ci sono tratti faticosi però mai proibitivi. Tutto il tracciato è perfettamente indicato dalla segnaletica “F20” e da un logo con tre gocce colorate (Giallo-sabbia, rosso-terra e verde) che rappresentano i tre comuni attraversati dal cammino: Mori, Ronzo-Chienis e Brentonico.
In realtà la struttura del percorso è quella di un doppio anello che richiama la forma di un 8. Nelle prime tre tappe, che si sviluppano verso nord, si raggiunge Ronzo-Chienis e poi si fa ritorno a Mori Vecchio. Nelle ultime due si scende verso sud per arrivare fino a Brentonico e poi tornare al punto di partenza. Cinque tappe nelle quali scoprire le ricchezze naturalistiche, storiche ed enogastronomiche di questo variegato territorio collocato poco più a nord del Garda. Si passa dagli orti del distretto biologico della Val di Gresta alle trote delle acque della Sorna, dalle castagne di Castione ai formaggi d’alpeggio. Molto suggestivi sono i tratti del cammino che, salendo verso Brentonico, attraversano gli sconfinati vigneti. Di forte impatto emotivo è la parte del cammino che segue il “Sentiero della Pace”. Sul monte Creino, nella seconda tappa, e sul Nagià Grom, nella terza, è possibile visitare i capisaldi austroungarici della Prima Guerra Mondiale. Qui il Cammino di San Rocco si trasforma in un viaggio nel tempo, dentro alla storia del ‘900, e stimola nei pellegrini in viaggio una riflessione sull’assurdità della guerra.

 

 

 

Fare comunità attorno al cammino

Quello di San Rocco è un progetto che nasce dal territorio e, tra le altre finalità, ha anche l’obiettivo di fare comunità. “ATAS (Associazione Trentina Accolgienza Stranieri) nel 2020 aveva vinto un finanziamento della Fondazione CARITRO (CAssa di RIsparmio di Trento e ROvereto) per sviluppare un progetto di Comunità che ha presentato al Comune di Mori.” – racconta Ulisse Paolini (presidente della Compagnia del Cammino di San Rocco) – “Bisognava creare un progetto dal basso per mettere in rete associazioni ed enti locali. Tra le diverse idee proposte ha vinto quella di creare un cammino che, unendo i territori di tre comuni, mirasse a sviluppare la comunità. Il Cammino di San Rocco non è altro che un collegamento di sentieri e mulattiere che già esistevano o, in alcuni casi, sono stati ripristinati” – prosegue Ulisse Paolini – “Abbiamo unito i punti del territorio, come si fa in certi giochi enigmistici, e così abbiamo scoperto 29 tra affreschi, cappelle, chiesette e capitelli dedicati al santo protettore dalla peste.”
Nella mia personale esperienza su questo cammino ho toccato con mano lo spirito di accoglienza dei volontari e degli abitanti nelle piccole comunità che ho attraversato. Sulla credenziale del pellegrino c’è una pagina dedicata alle “Cose da non perdere“. Ai primi posti di questo piccolo “decalogo” troviamo: “chiacchierare con un abitante” e “bere un caffè in una delle case sociali”. Due attività che anch’io, nei giorni del cammino, ho avuto il piacere di fare. Potrebbero sembrare solo dei semplici suggerimenti per il visitatore. Tuttavia, per quello che ho appreso dalle mie esperienze di cammino, credo che da questi piccoli consigli si possa capire lo spirito che anima questo cammino. Molto spesso l’attenzione di noi escursionisti si sofferma su dettagli tecnici come l’adeguata segnaletica, la mappatura gpx, le distanze e i dislivelli da affrontare… In realtà lo spirito di vero cammino va oltre a questi aspetti pratici. Il moderno pellegrino è alla ricerca di esperienze di condivisione. Il viaggiatore in cammino vuole vivere l’esperienza di un territorio capace di accogliere. Tutte queste cose io le ho incontrate sul Cammino di San Rocco dove ho trovato una comunità veramente accogliente ed anche consapevole della presenza, oltre che dell’importanza, del cammino sul proprio territorio.

 
Inoltre, ciò che mi ha stupito è stata la forte condivisione del progetto tra i soggetti promotori. Molto spesso le associazioni e gli enti locali fanno fatica a sviluppare delle sinergie. Di solito prevale l’atteggiamento deleterio di curare il proprio orticello: meglio fare poco da soli che tanto ma insieme ad altri. Qui sul Cammino di San Rocco, al contrario, ho percepito una forte capacità di “fare rete” e condividere, tra i tanti soggetti partecipanti, lo spirito del progetto.
Parlando con Paola Manconi ho trovato una conferma di questa mia prima impressione: “Certamente è stato importante il lavoro svolto dalle operatrici di comunità che, fin dall’inizio, ci hanno seguiti nel progetto.” – mi ha raccontato la responsabile del gruppo comunicazione del Cammino – ” Però non bisogna dimenticare che, qui in Trentino, è molto radicata la cultura della cooperazione. Il movimento cooperativo è stato quello che, quando non c’era da mangiare e in tempo di guerra, ha sempre permesso alla nostra popolazione di sopravvivere”.

 

 

 

Un cammino nato col “passapOrto”

Come ogni cammino che si rispetti anche questo ha la sua credenziale del pellegrino. Un libretto di 30 pagine che contengono le informazioni utili delle 5 tappe. Ci sono, ovviamente, gli spazi per raccogliere gli 11 timbri e dove appuntare le proprie impressioni.
Possiamo dire che quello di San Rocco è veramente un cammino che è nato col “passapOrto”. Ma non si tratta, in questo caso, solo della credenziale. “passapOrto” è anche il nome di un orto di comunità che è nato come progetto di inclusione per i rifugiati. E’ un piccolo fazzoletto di terra adiacente alla chiesa di Santo Stefano a Mori. Nel mezzo dell’orto sventola la bandiera della Pace. Sono state proprio due volontarie di “passapOrto”, Roberta Perini e Antonella Perzolli, a lanciare l’idea del cammino. “Eravamo sedute sotto al gazebo” – ricorda Antonella – “e vennero ad intervistarci le operatrici che stavano raccogliendo idee per il progetto da sviluppare. Noi, senza pensarci un attimo, abbiamo proposto di realizzare un cammino. Ci siamo guardate intorno e,” – continua la volontaria di passapOrto – ”indicando per aria col dito, abbiamo disegnato un ipotetico percorso: si parte da Mori, si sale a Monte Albano, poi verso Nomesino quindi su al Somator. Dopo giù a Ronzo poi, quando siamo sul Creino, intercettando anche il Sentiero della Pace, scendiamo verso Pannone, San Felice e Mori. E dopo perchè non farlo anche verso Brentonico?”. Per Roberta Perini “è stata la passione a far nascere il cammino, la passione che avevamo già da prima perchè noi siamo delle camminatrici. Ed è stato così che, quando sono venute ad interpellarci le operatrici di comunità, l’idea è venuta fuori in modo spontaneo e naturale.”

 

 

Nel nome di San Rocco

Il primo passo è stato quello di mettere insieme sentieri e mulattiere che già esistevano. Dopodiché gli ideatori del cammino si sono interrogati su quale senso dare al percorso nel suo insieme. A questo punto è stato provvidenziale l’intervento di Don Augusto, che all’epoca era parroco a Mori. “E’ stato lui” – proseguono Antonella Perzolli e Roberta Perini- “a farci notare che San Rocco era un santo molto venerato sul territorio ed inoltre è il protettore dalle epidemie e, all’epoca, eravamo ancora nel bel mezzo della pandemia di Covid”.
Il cammino di San Rocco ovviamente non è un cammino storico nel senso che, a differenza di quello di Santiago o la Francigena, non nasce su un’antica via di pellegrinaggio. Si tratta comunque di un itinerario che collega territori segnati da una storia comune, quella della peste. Dal 1348 al 1636 parecchie ondate epidemiche colpirono questi territori che, in quei secoli drammatici, si appellarono al santo di Montpellier.

 

 

Il senso del mettersi in cammino

Chiunque abbia una certa esperienza di cammini conosce bene la differenza rispetto ad un semplice trekking. In cammino, come ricorda un antico proverbio spagnolo, si raccolgono tesori. C’è anche una frase di Tiziano Terzani che sembra esprimere bene questo concetto. Il giornalista toscano diceva che “il senso della ricerca sta nel cammino fatto e non nella meta; il fine del viaggiare è il viaggiare stesso e non l’arrivare”. In queste parole è racchiusa una piccola filosofia che, in un certo senso, posso dire di aver trovato anche qui sul Cammino di San Rocco. Ed è un’idea che mi è stata confermata anche dalle persone che ho conosciuto. Per Ulisse Paolini “in Trentino, storicamente, c’è la caccia a conquistare la vetta, ma” -prosegue il presidente della Compagnia di San Rocco – “quello che proponiamo noi è un altro tipo di approccio. Si tratta di un’esperienza che si può fare in gruppo, oppure da soli, e l’obiettivo non è necessariamente quello di andare in vetta o raggiungere un traguardo”.
“In altre parole” – aggiunge Paola Manconi (responsabile della comunicazione) – “il cammino di San Rocco vuole promuovere anche l’idea di non avere del tempo, perché l’importante non è arrivare prima possibile ma godersi il cammino stesso.”

Questo Cammino, come è stato spiegato nel testo, nasce da un progetto di comunità per mettere in rete diversi soggetti del territorio. In questo articolo sono state citate alcune persone ma dietro alla storia e all’organizzazione del cammino ci sono tante facce, gruppi, associazioni ed enti locali. Non potendo citarli tutti/e vi rimandiamo alle pagine del sito dove è possibile scoprire tutte le facce del Cammino di San Rocco.
https://camminosanrocco.it/il-progetto/
https://camminosanrocco.it/persone/

 

Tutte le fotografie dell’articolo sono state scattate da Andrea Piazza durante il cammino nei giorni 25-28 aprile 2024


Andrea Piazza

Andrea Piazza nasce a Mantova nel 1974. Vive tra le rive di due fiumi (il Po e il Mincio) ma coltiva, da sempre, l’amore per la montagna. Ha due grandi passioni: il viaggio e la fotografia. Due attività che trovano un perfetto connubio nell’intrigante bellezza delle nostre montagne. Da qualche tempo cura un blog http://www.artedicamminare.it/ nel quale racconta, in modo simpatico e “non convenzionale”, i suoi viaggi sull’Appennino e non solo.