Pistoia, L'arte artigiana  |  luglio 15, 2022

I venti anni della carbonaia di Vivaio

L'accensione e lo spegnimento nel piccolo paesino vicino a Le Piastre fra domenica 10 e domenica 17 luglio. Impiegati circa 60 quintali di legna, per ricavarne non più di 12 quintali di carbone. Una tradizione da coltivare che fa riemergere un gergo tutto particolare, coniato da un mondo ormai tramontato per sempre. Quando verrà tolto il carbone Paolo Begliomini, Alessandro Nannetti e Moreno Pistolozzi useranno rigorosamente zoccoli di legno, perché ogni altro tipo di calzatura verrebbe bruciato dal calore

di

Tempo di lettura: circa 5 minuti

LE PIASTRE (PISTOIA) – Questo è il 20° anno di vita della carbonaia di Vivaio, un paesino di poche anime vicino a Le Piastre. L’Associazione Amici di Vivaio ha proposto anche quest’anno una riedizione del momento culminante dell’antico mestiere del carbonaio. L’accensione della carbonaia è avvenuta domenica scorsa e domenica prossima, il17 luglio, verrà spenta.

Fare una carbonaia non è affatto facile, occorrono infatti competenze multiple di tipo architettonico-ingegneristico, per la realizzazione della struttura, di tipo fisico-chimico, meteorologico, nonché raffinate conoscenze dell’arte ustoria, per consentire una ottima cottura del legno che non deve bruciare, ma cuocere lentissimamente, dall’alto verso il basso e dall’interno verso l’esterno.

Un gergo tutto particolare

Continuare questa preziosa tradizione significa anche non perdere un gergo tutto particolare, coniato da un mondo ormai tramontato per sempre, ma a guardar bene estremamente creativo e pieno di dignità, quello dei nostri avi montanini.

Allora a Vivaio sono state ripetute parole antiche, a cominciare dall’infocatura, cioè il momento dell’accensione, per continuare con la buzza, la parte più ampia della carbonaia, il calzolo, la fila di zolle collocate alla base della struttura, i cagnoli, cioè i fori praticati per assicurare la portata d’aria all’interno della carbonaia, la rocchina, il castelletto dei tronchi di legno incrociati in quadro fino alla sommità, l’ infochina, il lungo palo appuntito con cui si praticano i cagnoli, i mozzi, i piccoli tronchetti di legno che servono per l’accensione, la paratoia, il sistema di frasche che servono per riparare la carbonaia dal vento, la pelle, che è lo strato di terra che ricopre completamente il manufatto, e poi verbi come rincappellare, operazione che consiste nel ricoprire eventuali aperture nella pelle, somondare cioè ripulire con un rastrello speciale il carbone da sassi radici dalla pelliccia e dai calzoli al termine della cottura della legna, e infine tirar giù la carbonaia, l’operazione conclusiva.

Una scala tutta particolare

E fra gli attrezzi del carbonaio c’era anche la scala a pioli che serviva per raggiungere la sommità della carbonaia ed infuocare la bocca della stessa; quest’anno a Vivaio si è vista una scala tutta particolare, non diritta ma stondata in modo tale che aderisse completamente alla forma della carbonaia.

Lì per lì i numerosi convenuti hanno pensato ad una torsione del legno dovuta agli anni ed all’usura, ma Paolo Begliomini, uno dei volontari dell’associazione Amici di Vivaio ha risposto, simpaticamente risentito: “Che di’, ci ho messo du’ anni a trovare due o tre pali di castagno torti così!” Ed ha zittito tutti, anche i più increduli.

Domenica 17 luglio il carbone è pronto

La scarbonatura verrà fatta domenica 17 Luglio; così la carbonaia di Vivaio, del diametro di 5 metri e dell’altezza di 2 metri sarà smembrata e verranno raccolti il carbone e la carbonella.

Alessandro Nannetti, un altro storico “amico di Vivaio” ci ha detto che sono stati impiegati circa 60 quintali di legna, per ricavarne , se va bene, circa 12 quintali di carbone.

Un’ultima curiosità: quando verrà tolto il carbone Paolo Begliomini, Alessandro Nannetti e Moreno Pistolozzi useranno rigorosamente zoccoli di legno, perché ogni altro tipo di calzatura verrebbe bruciato dal calore.

Chissà se questa pratica così affascinante avrà un futuro! In un paese normale e votato ad un turismo che si spera sempre più intelligente, certe tradizioni si dovrebbe aver cura di coltivarle, facendo corsi di formazione anche ai più giovani, altrimenti “si fa delle chiacchiere” come si sente dire in montagna sempre più spesso.

la fotogallery

(cliccare sulle foto per ingrandirle)

 

   

   

    

  


Maurizio Ferrari

Maurizio Ferrari, sambucano di origine, ha insegnato Lettere per 38 anni nelle Scuole superiori pistoiesi. Ora è imprenditore agricolo e si sta impegnando nella promozione e nel rilancio del territorio appenninico come Presidente dell'Associazione "Amo la montagna APS" che si è costituita nel 2013 e che ha sede a Castello di Cireglio.Ha collaborato per 25 anni alla rivista "Vita in Campagna", del gruppo "Informatore Agrario". Recentemente ha pubblicato alcune raccolte di racconti ispirati alla vita quotidiana di Sambuca, dal titolo :"Dieci racconti sambucani"; "La mia Sambuga" e "Cuori d'ommeni e di animali", nonché una favola per bambini, "La magìa della valle dimenticata" illustrata dagli alunni della scuola elementare "P.Petrocchi " di CIreglio (Pistoia)