Ambiente, Economia  |  maggio 16, 2021

Il rilancio della montagna, fra valorizzazione delle risorse naturali e digitalizzazione

Riflessione sulla crisi di oggi e le possibili prospettive future. Che l'autore individua in alcuni punti: mucche allevate al pascolo, impianti fotovoltaici per produrre energia, un consorzio con tutti i trasformatori dei prodotti locali, la raccolta e commercializzazione di piante e erbe officinali. Oltre a un forte rilancio del turismo verde e di quello bianco ma senza creare nuovi impianti. Infine la necessità di colmare i ritardi su smart working e sviluppo digitale della pubblica amministrazione e delle imprese

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Pascolo in alta Montagna Pistoiese © MaurizioPini

Gli Appennini vengono da una storia di nazionalità negata: artigianato e agricoltura non riconosciuti, valorizzati, arti e mestieri sempre sottovalutati e senza identità. Il turismo, in parte, ci ha salvato. Cultura e tradizioni, costumi e musica resistono ancora, malgrado gli scossoni dei tempi moderni. L’economia si basa su una piccola e tenace resiliente presenza dell’agricoltura, lavoratori stagionali, artigiani, qualche imprenditore anche importante.

I tanti prezzi pagati dalla montagna

Il prezzo da pagare è stato l’abusivismo edile, in tutte le sue sfaccettature; il resto lo si deve al boom edilizio dei primi anni Settanta, oggi definitivamente morto ma con molti scheletri presenti: orrendi e mastodontici palazzoni. Le seconde case, introiti per le finanze statali con misero ritorno in briciole alle casse comunali, pensieri per i proprietari, sono una voce importante del nostro turismo: ma per quanto ancora?

Perfino la cucina, che nella storia contadina è di fondamentale importanza, rivisitata e proposta all’indotto turistico, oggi vacilla: siamo tutti chef e intenditori e, quasi, snobbiamo i prodotti locali, obsoleti per i nostri fini palati, a discapito di alcune leccornie provenienti da tutto il mondo.

Le testimonianze architettoniche della nostra cultura, ciò che di armonica convivenza fra uomo e materiali esisteva, oggi è pressoché cancellato, o distrutto da un becero consumismo e una dilagante vergogna d’esser stati poveri e contadini: anche noi abbiamo le nostre colpe. Poco resiste e di quel che resta, doveroso salvaguardarlo: alpeggi, mulini, ponti e altre strutture legate alla pastorizia e al mondo contadino meritano rispetto. Le Comunità locali devono essere fulcro di questo rispetto, mantenere relazioni con le comunità locali invece d’essere balzelli fiscali e spartizione di denari tra comuni che s’accaniscono tra loro, come un osso gettato ai cani.

Il ruolo centrale della natura

Nella storia delle nostre montagne appenniniche, la parte predominante l’ha avuta sempre la natura che, tra fiumi e boschi e vallate silenziose, lo spazio per masse popolari non c’era: qui, per secoli, l’uomo è rimasto solo con la natura. E si è plasmato a sua immagine e somiglianza: ecco perché siamo e saremo sempre resilienti. Solo salvaguardando il corretto rapporto con la natura, padrona da sempre, potremmo trovare un equilibrio e una giusta strada per il tempo a venire. Ma con rispetto degli elementi che caratterizzano il nostro essere, che deriva da quella natura sopra citata: altrimenti saremo perdenti, bugiardi, approfittatori e soprattutto non credibili a chi, quassù su queste montagne, vede il bello che noi non riusciamo a intravedere.

Valorizzare le risorse naturali

Eppure che siamo Ambioni, Liguri friniati che hanno saputo vivere del nulla e arrivare ai tempi nostri, avendo dato prova di caparbietà e volontà di resistere. Oggi, a mio modesto parere, la scommessa è puntare sulla valorizzazione delle risorse naturali: mucche allevate in stabulazione libera, al pascolo; stalle dotate di impianti a biogas per lo smaltimento dei rifiuti zootecnici, poi trasformati in energia elettrica e termica e con una minore fatica fisica per l’agricoltore; impianti fotovoltaici per produrre energia e l’eccedenza venuta a terzi; un consorzio che raggruppi tutti i trasformatori dei prodotti locali quali miele, funghi, marmellate e sciroppi, maggiormente richiesti da un pubblico sempre più attento e informato e perché no, qualcuno che ritorni a specializzarsi nella raccolta e commercializzazione delle piante e erbe officinali che abbondano su tutto il nostro territorio.

Puntare sul turismo

Questi sono solo alcuni esempi, fermo restando il turismo verde da aprire alle e-bike, alle corse in montagna, i cammini, all’outdoor in generale ma credendoci, non aspettando che altri lo facciano per poi criticare… Il bianco resta, ancora, il colore dominante com’è giusto che sia: siamo cresciuti con il turismo della neve e questo dev’essere mantenuto con gli impianti esistenti e non creando nuove funivie che non sono più i tempi, per nessuno: né di raccontarla, tanto meno di crederci, visto l’aumento indiscutibile delle temperature globali e l’innalzamento della quota neve.

La vita comunitaria

Siamo figli della sopravvivenza, prima ancora che dei nostri avi. La vita comunitaria fa parte della nostra storia, del nostro cammino. Ricordo, da bambino, certe notti d’inverno c’era da morir di freddo anche in casa. Eppure son cresciuto forte e sano, senza mai annoiarmi. Olinto mi diceva che con sei ettari di campo era un uomo felice, comprese le sue quattro mucche, e tanto gli bastava per non morire di fame. Orzo e segale e marzuolo sono scomparsi dai raccolti odierni, manzi e vitelle si vendono al macello per comperare altre derrate alimentari: anche l’alimentazione è cambiata! Senza contadini le nostre valli non avranno futuro: caseifici, stalle, ristoratori, b&b, allevatori, tutto è allineato e figlio d’una filiera credibile.

I ritardi di borghi e paesi sull’Appennino

Comuni, borghi e paesi sparsi su tutta la dorsale appenninica. Stiamo parlando di un territorio che occupa quasi cinque milioni di abitanti delle terre alte, per i quali l’infrastruttura telematica non è solo necessaria ma vitale. La digitalizzazione fa già parte delle nostre vite e la montagna, oggi più che mai, ha bisogno di questo servizio prioritario, già promesso negli anni addietro da questo o quel politico di turno. Smart working, didattica a distanza, digitalizzazione della pubblica amministrazione, imprenditoria; ne emerge che siamo in netto ritardo e il Covid qualcosa dovrebbe averci insegnato: non possiamo restare dispersi tra appalti e subappalti e subappaltanti, la banda ultra larga è servizio essenziale per vivere in montagna, piaccia o non piaccia.

Un’altra politica per le terre alte

Il resto lo faremo noi montanari, da sempre abituati alla fatica e al rimboccarci le maniche, quasi fosse diventato uno stato di grazia collettivo da cui siamo emersi, e continueremo a farlo: la capacità di mettersi in gioco non ci manca: davvero ci vorrebbe un’altra politica per le terre alte. Forse anche altri politici…


La Redazione

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