Uno sguardo oltre  |  settembre 18, 2022

Il co-living, un nuovo progetto per ripopolare la montagna

Il senso è quello di lavorare, vivere e riposare nello stesso luogo. Questo nuovo modello combina lo spazio abitativo privato con numerose zone comuni di lavoro, aree di svago e altro. Gli esperimenti di alcuni piccoli paesi del Trentino. Dove la comunità si è ribellata alla sorte di una montagna che si spopola e rimane abbandonata. Con la "coabitazione collaborativa" i nuovi residenti hanno un unico impegno a "creare comunità" con attività di volontariato in paese

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LO SPOPOLAMENTO DELLA MONTAGNA

Molto si scrive e molto si è scritto, anche in questa rivista, sullo spopolamento diffuso della montagna e dei relativi disagi sociali ed economici, nonché psicologici.

Ho scritto sul fenomeno della “Life style migration” inteso come un nuovo tipo di mobilità di individui, appartenenti a tutte le classi di età, che si spostano in luoghi che offrono una migliore qualità della vita. Mi sono soffermato e analizzato il caso georgiano dove c’è stata una svolta normativa che avrà nel corso del tempo aspetti positivi nel ripopolamento dei villaggi di montagna (https://lavocedellamontagna.it/2021/05/nuovi-stili-di-vita-e-cambiamenti-socioculturali-nel-ripopolamento-della-montagna/

Maurizio Ferrari sottolinea come la strada maestra per ripopolare la montagna ce la indica la storia e oggi dovrebbe vertere su questi principi: potenti incentivi fiscali, leggi e regolamenti appositi, pesante sburocratizzazione, incoraggiamento dell’imprenditoria privata ecosostenibile, valorizzazione di un turismo lento e consapevole (https://lavocedellamontagna.it/2019/07/ripopolare-le-aree-periferiche-ecco-come-si-fa-ce-lo-insegna-la-storia/).

Alessio Fornasin, docente del Dipartimento di Scienze Statistiche dell’Università di Udine, ci illustra come lo spopolamento della montagna non sia un fenomeno inevitabile. L’ambito territoriale della sua ricerca è la Valcanale, valle friulana di confine fra Italia, Austria e Slovenia, dove scelte lungimiranti danno risultati positivi e scelte miopi incidono negativamente sul territorio (https://lavocedellamontagna.it/2020/09/lo-spopolamento-delle-montagna-non-e-un-fenomeno-inevitabile/).

E poi l’iniziativa della Regione Emilia Romagna, che ha fatto da apripista, per ripopolare le terre alte: 30.000 euro a fondo perduto per l’acquisto della prima casa per giovani e con figli.

Interessanti inoltre i contributi di idee del Vescovo di Pistoia Monsignor Fausto Tardelli  (https://lavocedellamontagna.it/2017/11/visione-chiara-prospettiva-unitaria-solo-cosi-immaginare-montagna-futuro-monsignor-fausto-tardelli-vescovo-pistoia/) e dell’ex Ministro Barca, esperto di politiche di sviluppo del territorio (https://lavocedellamontagna.it/2017/10/garantire-servizi-essenziali-valorizzare-investe-montagna-soprattutto-gli-innovatori/).

Con termini di origine scandinava e anglosassone abbiamo visto pure che sulla nostra montagna si è molto più Hygge (felici) di quello che pensiamo, che la montagna è un luogo adatto per fare Plogging (camminare raccogliendo i rifiuti) e praticare il Barefooting (camminare a piedi nudi nel bosco), e che con il Crowfounding possiamo riparare sentieri e percorsi fortemente erosi.

Oggi parlerò brevemente del Co-living come iniziativa, seppur marginale, per ripopolare la montagna.

DA DOVE NASCE IL CO-LIVING E COSA E’

L’idea di comunità, molto in voga in negli anni ’60, viene costantemente utilizzata per combattere una società sempre più individualista. Si cerca in qualche modo di salvare valori come la solidarietà, la condivisione di esperienze e di spazi anche attraverso i nuovi paradigmi dettati dalle ricerche di sociologia urbana.

I primi ad attuare questa politica di condivisione furoni i danesi, proprio in quegli anni, con la progettazione di nuovi modelli abitativi dove a fianco di case private moltissimi erano i servizi e le zone in comune, generalmente autogestiti. Nasce così il Co-housing, l’antenato del contemporaneo Co-living.

La differenza è minima, il Co-living infatti oltre a condividere spazi e esperienze ha come obiettivo quello di dare vita a progetti e questo perchè le persone che ci abitano vogliono incontrare lavoratori con una filosofia simile, insomma lavorare, vivere e riposare nello stesso luogo.

Il Co-living dunque, nasce anche dal desiderio di creare una comunità di lavoro

Questo nuovo modello combina lo spazio abitativo privato con numerose zone comuni come spazi di lavoro, aree di svago etc, combinando la privacy e l’indipendenza con la vita comunitaria.

Il Co-living è un’innovazione che è nata e poi si è sviluppata per rispondere all’aumento dei costi d’affitto, ed è proprio l’economicità di questi spazi residenziali si è diffuso a macchia d’olio specialmente negli Stati Uniti e in Gran Bretagna dove proprio a Londra è stato costruito un grattacielo di 30 piani con oltre 200 appartamenti per il Co-living più grande del mondo.

IL CASO TRENTINO

 

Un’applicazione Co-living di più ristrette dimensioni e con obiettivi diversi è il progetto messo in atto dal Comune di Luserna.

Luserna è un comune di 270 abitanti della provincia di Trento a 1.330 metri di altitudine ed è un’isola linguistica cimbra.

La finalità del progetto è stata quella di trovare strategie per fermare il progressivo spopolamento dei piccoli paesi montani e valorizzare il patrimonio abitativo pubblico non utilizzato.

In questo piccolo Comune, quattro appartamenti di ITEA S.p.A. (Ente preposto all’attuazione delle direttive provinciali nell’ambito dell’edilizia abitativa) sono stati messi a disposizione, in comodato d’uso gratuito per quattro anni, a nuovi nuclei familiari, provenienti da diverse città italiane e selezionate tramite un bando. Questo progetto valorizzando il patrimonio pubblico, che se non utilizzato rappresenta comunque un costo in termini di manutenzione, contribuisce a mantenere la popolazione presso comunità a rischio spopolamento a causa della distanza dai centri maggiori.

Si è venuta a creare così una solida comunità residenziale tra i nuovi arrivati in grado di inserirsi positivamente nel comune di Luserna.

Questo progetto trentino si discosta un po’ da quello tradizionale dove spesso è il lavoro che fa da perno, qua il progetto Co-living è inteso maggiormente come “collaborare, condividere, abitare”.

Oltre a Luserna anche Canal San Bovo, situato nella valle del Vanoi, sempre in Trentino, sta percorrendo questo progetto. Per le famiglie, selezionate dal bando, l’assenza dell’obbligo di corrispondere un affitto mensile è stato un incentivo per trasferirsi. Possiamo affermare che hanno sfruttato l’occasione anche per educare i figli in modo diverso, oltre che per riscoprire le bellezze della natura ed entrare a far parte di comunità ristrette di persone.

LA COMUNITA’ CHE SI RIBELLA AL DECLINO

Luserna è un nido d’aquila inerpicato tra i monti trentini, e suoi abitanti spesso osano dire con orgoglio:”Viviamo dove finisce la strada ed inizia il sogno”.

E’ una comunità che si è ribellata al declino, alla sorte comune che la montagna si debba spopolare e essere abbandonata. Il primo passo di rinascita è stato dunque il Co-living, progetto di “coabitazione collaborativa” dove i nuovi residenti, oltre alle loro attività lavorative anche in smart working, hanno solamente l’impegno a “creare cominutà” con attività di volontariato in Paese. Una sorta di esperimento sociale dove una parte in difficoltà ha chiesto aiuto per non scomparire. Nel frattempo, con i nuovi bambini che sono arrivati, è tornato in funzione lo scuola-bus e forse riaprirà la scuola elementare.

E NELLA NOSTRA MONTAGNA?

Non so quanto possa essere utile il Co-living nella nostra montagna, non so nemmeno quanti immobili in carico all’Istituto autonomo per le case popolari possano essere oggetto di un bando come quello che ha visto protagonista il Trentino.

E’ ovvio che per evitare lo spopolamento delle terre alte è importante creare servizi e collegamenti più efficaci con il fondovalle. Necessario è inoltre dare risposte adeguate alle esigenze del territorio lavorando sui fattori di svantaggio e sul riequilibrio fra centro e periferie.

Serve un peso e un esercizio importante delle politiche abitative.

Ripeto, non so se il progetto del Co-living da solo può innescare nuova vitalità nel territorio montano e generare un’economia collaborativa rimettendo in circolo il patrimonio immobilare pubblico inutilizzato, rivitalizzando le piccole frazioni e avviare un’inversione di tendenza.

Quello che è certo per evitatre lo spopolamento della nostra montagna è mettere in atto un mix di progetti, iniziative e tendenze che vanno, come anticipato all’inizio, dalla “Life style migrations”, ai “potenti incentivi fiscali e sburocratizzazione”, “euro a fondo perduto per acquisto prima casa per giovani coppie” e non per ultimo anche il “co-living”.

A mio parere però sarà il cambiamento climatico il motore propulsivo per ripolare le terre alte. L’uomo cittadino nei prossimi anni non sarà più in grado di tollerare estati (che vanno ormai da maggio a settembre) con temperature torride e prolungate nel tempo. I rischi per i bambini e gli anziani si moltiplicheranno e si renderà così necessario una migrazione verso altitudini dove il clima sarà più sopportabile.


La Redazione

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