La ricerca  |  maggio 27, 2020

UN PAESE ALLA VOLTA / Pian degli Ontani: il borgo di Beatrice, la poetessa pastora

E' il primo nucleo abitato che si incontra nella Valle del Sestaione. Incerte le sue origini: probabile che la zona fosse anticamente abitata da pastori transumanti. La chiesa sulla piazza dell'Acerone, le vedute mozzafiato sulle vette più alte, le viuzze strette e lastricate su cui si affacciano vecchie case di pietra, le piccole borgate vicine. L'acqua e il bosco elementi fondamentali della vita e del lavoro. L'importanza del turismo

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Lasciando la Statale 12 tra il ponte di Cutigliano e quello dello Ximenes, ci si inoltra nella stretta valle del Sestaione, per una ripida strada che sovrasta l’omonimo torrente. Il Sestaione nasce nei pressi del lago Nero e si butta nella Lima proprio dopo il ponte fatto costruire dal Granduca nella seconda metà del Settecento.

La Valle e il piccolo oratorio

La valle che ha scavato è rigogliosa dapprima di castagni e poi, salendo, di faggi ed abeti ed in tutte le stagioni i folti boschi e i pozzi del torrente riempiono gli occhi di colori e forme suggestive. Il primo centro abitato che si incontra, ad interrompere il dominio della natura, è Pian degli Ontani, trecentocinquanta anime vegliate da montagne apparentemente dure ed arcigne ma che, dai loro balzi, rivelano paesaggi di generosa bellezza. Proprio all’entrata del borgo un piccolo oratorio, quello della Madonna di Montenero, sembra anticipare la serenità con cui la vita scorre in questi luoghi. Anticamente chiamato “Madonna della Selva Nera”, ad indicare forse il folto delle foreste, fu costruito nel 1859 come ex- voto per lo scampato pericolo di un’epidemia di colera, che pare si sia fermata alla sua altezza.

Le origini di Pian degli Ontani

Non si hanno notizie certe sulle origini di Pian degli Ontani; presumibilmente la zona era anticamente abitata da pastori transumanti che trascorrevano qui il periodo del pascolo estivo. Secondo un antico registro parrocchiale, nel 1650, la frazione di Villa del Borgo di Pian degli Ontani contava centosessanta anime, compresi gli abitanti di Pian di Novello, il piccolo paese limitrofo. L’esistenza di un insediamento in questo periodo è testimoniata anche da diverse pietre inserite nelle facciate di abitazioni che riportano date relative alla seconda metà del Seicento. Da un documento del 1749 risulta che la chiesa del paese era officiata da un cappellano di Cutigliano e solo in seguito al decreto del 1785 del vescovo Scipione De’ Ricci fu istituita la parrocchia.

La chiesa e lo sguardo sui monti

  

La chiesa principale del paese, le cui campane vengono ancora oggi suonate a mano, si affaccia sulla piazza dell’Acerone, così chiamata per il secolare acero che troneggia al centro, punto di incontro della comunità locale e dei turisti. Mentre si ozia sulla “murella di piazza”, lo sguardo è catturato dalla bellezza dei monti dell’Appennino che si stagliano all’orizzonte, lo Spigolino, il Cornaccio, il Gennaio e più vicino, proprio sopra le case, il Cappel d’Orlando, la montagna su cui si dice che il cavaliere dell’Ariosto abbia perso il suo cimiero, inseguendo la bella Angelica. Intorno alla piazza sorge il centro abitato più antico, il “paese”, fatto di viuzze strette e lastricate su cui si affacciano vecchie case di pietra. Il silenzio del borgo è interrotto dall’allegro ciangottare delle fontane che fanno parte di un più ampio percorso dedicato ai pozzi lavatoi.

Beatrice, la poetessa pastora

  

La poetessa pastora Beatrice e la sua casa

Dalla piazza il paese si allunga sul Viale Beatrice, dedicato alla più illustre tra gli abitanti della zona, la poetessa pastora analfabeta che nell’Ottocento stupì popolo e letterati con le sue ottave improvvisate. Percorrendo il viale ed avviandosi sulla passeggiata che porta alla vecchia diga, una serie di massi recano scolpiti i suoi versi più famosi, trascritti in passato da intellettuali, quali il Tigri ed il Tommaseo, che la incontrarono durante le loro ricerche sul canto popolare. I massi fanno parte del parco culturale “Le parole delle tradizioni”, un percorso che ha inizio dalla piazza con il monumento a Beatrice realizzato da Vinicio Betti. A Pian degli Ontani tutto celebra la poetessa: non solo il viale, ma anche la scuola ed il parco le sono intitolati.

   Un masso con le ottave di Beatrice

Le piccole borgate

Ma il paese non è tutto qui. In realtà ci sono molte “case alte”, piccole borgate aggrappate ai fianchi della montagna con una propria identità che viene dal passato: il Serretto, la Motta, la Ciliegia, Cas’ i Sotto, il Pianone, il Poggetto, nomi che vengono dalla conformazione del territorio e dalla fantasia dei vecchi abitanti di questi luoghi. Così accade che le persone non vengano identificate dal loro cognome ma dalla borgata in cui vivono, che non è più solo un riferimento toponomastico ma si carica di ricordi e sentimenti.

I soprannomi

Qui non solo le località ma quasi tutti gli abitanti del paese hanno un soprannome dovuto ad una particolarità fisica, all’accostamento ironico con un personaggio pubblico o sportivo, ad un evento della vita rimasto per sempre nella memoria popolare. Allora c’è il Diavolo, dalla barba e dai capelli neri, Peppe Padella, in ricordo di vittime di caccia mancate, Sette e mezzo, figlio di Quindicino, Gipes, irrisorio paragone con un famoso calciatore di cui il dialetto paesano ha storpiato il vero cognome.

L’acqua e il bosco

  Il ponte della sega

Elementi fondamentali della vita e del lavoro della gente di questa valle sono da sempre l’acqua ed il bosco. Sul Sestaione c’erano almeno sei molini che hanno macinato grano, granturco, segale e castagne fino al 1925, anno in cui fu costruita la Diga che imbrigliò l’ acqua necessaria al loro funzionamento ma fornì l’ elettricità all’ unico molino elettrico ancora funzionante in paese.

L’acqua alimentava anche quattro segherie, due sul Sestaione ed altrettante sulla Lima. La più importante fu quella “Granducale di Sega Vecchia”, all’altezza del Ponte dei Mandrini, attiva tra la fine del Settecento ed il 1874. L’abbondante segatura accumulata fu addirittura usata dopo l’alluvione di Firenze nel 1966, anche se per prosciugare luoghi di minore interesse perché con il tempo era divenuta molto scura.

Il bosco, oltre a fornire legna da ardere, era sfruttato per la fabbricazione di remi, di vangoni (i manici degli attrezzi agricoli) e di “lizze”, utilizzate per far scivolare a valle i blocchi di marmo estratti nelle cave sulle Apuane. Gran parte dei valligiani erano carbonai e, finita la bella stagione in cui potevano lavorare in zona, si spostavano in Maremma, in Sardegna ed in Corsica. Spesso rimanevano lontani da novembre ad aprile. Duro lavoro, quello del carbonaio, fatto di stenti e sofferenze per portare a casa giusto qualche soldo per campare la famiglia, a quei tempi sempre abbastanza numerosa. Ed era una festa quando, la domenica del “Frascon”, cioè la domenica delle Palme, tornavano per partecipare con tutta la comunità ai riti suggestivi della settimana santa.

La castagna

Regina incontrastata del bosco ed alimento fondamentale della dieta dei montanini del passato era la castagna, la cui cura occupava la famiglia in tutte le stagioni, dalla pulitura della selva, alla raccolta, all’ essiccazione fino alla macinatura. Altra fonte di reddito tipica della zona era quella degli “ingiustri”, nome probabilmente derivato dal termine “industriarsi”, che significava andare a raccogliere i frutti del sottobosco: fragole, lamponi e soprattutto “piuri”. Era un’ esistenza semplice, fatta di lavoro e di difficoltà, sopportate grazie alla solidarietà e alla fede che, attraverso il suono delle campane, scandiva la vita del paese.

Il turismo

Oggi, oltre al bosco, le attività principali sono legate al turismo, favorito dalle bellezze paesaggistiche, dal senso di ospitalità dei valligiani e dalle numerose iniziative organizzate dalle associazioni locali, spesso volte al recupero ed alla valorizzazione delle tradizioni. A livello naturalistico la Foresta Biogenetica di Pian degli Ontani offre in ogni stagione lo spettacolo suggestivo di una enorme faggeta all’ombra della quale si può agevolmente passeggiare.

La Torre del Fattucchio

Simbolo della Valle del Sestaione è la Torre del Fattucchio, caratteristico monolite di arenaria che si stacca dal pendio e assume nell’ immaginazione la forma dell’ unico dente rimasto nel profilo di un vecchio.

Pian degli Ontani di una volta

 

 

 


La Redazione

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