Sambuca, La ricerca  |  maggio 19, 2019

UN PAESE ALLA VOLTA / San Pellegrino al Cassero

La leggenda vuole che il nome derivi da un viandante in cerca di un luogo per meditare – il figlio di Romano, re di Scozia – che si fermò nella selva denominata Cassero. Il paese formato da tanti, minuscoli borghi. I ricordi di com'era un tempo. La scuola e gli alunni che la frequentavano. Il circolo. Le feste e le processioni. Il lavoro. La raccolta di funghi e dei prodotti del bosco. Le botteghe. Il grande spopolamento

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San Pellegrino al Cassero: Ponte al Cassero

SAN PELLEGRINO AL CASSERO (SAMBUCA) – San Pellegrino al Cassero, paese montano della provincia di Pistoia, si sviluppa per circa tre chilometri lungo la Statale 64 Porrettana. Sorge a 653 metri sul livello del mare. Oggi ha pochi abitanti ma fino agli anni sessanta era densamente popolato. E’ il primo paese del Comune di Sambuca che s’incontra venendo da Pistoia. La sua struttura non è unitaria ma suddivisa in differenti borgate dislocate anche a diversa distanza l’una dall’altra. I borghi sono: Stabiazioni, Case Bartolino, le Stelle, Molino dei Tappi, Pianaccio e la Chiesa poi attraversando il ponte “ Mezzano” e risalendo verso la montagna, a destra, troviamo Case Pieracci, Case Pasquinetti e Cavanna.

Tante piccole borgate

Verso sinistra le Traverse, Casa Tecchi e Pianezzi. Casa Sarti, abbandonata fino dagli anni ottanta circa, ora è abitata dagli Elfi. Lungo la strada, andando verso Porretta, incontriamo Case Giagnoni, Casoni, Case Morotti e Case di Meo. Infine, sul versante sinistro, sopra Casoni troviamo Case Capecch e l’Uncinata, ultima borgata.

L’origine del nome Cassero

Attraverso il paese passava una diramazione dell’antica via Francigena che fu per diversi secoli una delle vie più importanti d’Italia. Secondo la tradizione il paese deve il suo nome a un viandante che percorrendo la Via Francigena alla era alla ricerca di un luogo particolarmente isolato, idoneo alla meditazione. La leggenda lo identifica come figlio di Romano, re di Scozia. Si fermò nella selva denominata Cassero. Dopo una sosta di tre giorni fu svegliato dal canto di un gallo, segno evidente che non era il luogo adatto per fare l’eremita. Riprese il cammino finché giunse in un altro luogo solitario, San Pellegrino in Alpe dove si trattenne fino alla fine. Il nome il “Cassero” è dovuto a una fortificazione che serviva da vedetta sul ponte Mezzano, oggi, ristrutturato, anche se, ha perso le caratteristiche antiche.

La chiesa fondata nel 1519

Davanti al ponte si può ammirare la Chiesa fondata nel 1519 con le elemosine degli abitanti per volontà di due benefattori Giacomo Zagnoni e Silvestro Bargellini. All’origine era un semplice oratorio ma alla fine del 1600, divenne sede parrocchiale e gli abitanti fecero costruire, a fianco di essa, una torre campanaria.

La vendita a privati

Nella struttura principale trovò ospitalità anche lo scrittore Renato Fucini. Visti i problemi di degrado della struttura chiesa e canonica la Pro Loco ”Il Cassero” e il comitato parrocchiale hanno più volte invitato le autorità politiche, religiose e associazioni a occuparsi dell’edificio. La Curia di Pistoia, successivamente, ha venduto la canonica che in seguito è stata trasformata in casa privata. Anche la scuola Elementare e il Circolo ricreativo situati nello stesso edificio sono stati venduti a privati.

La scuola: così diversa da oggi

Vorremmo citare alcune tradizioni, oggi scomparse, presenti nei ricordi delle persone. Nella scuola Elementare erano presenti solo due aule più i servizi. Un’aula era destinata ai ragazzi della prima e della seconda, nell’altra la classe terza, quarta e quinta. Erano due pluriclassi con due maestre, residenti nel paese, che hanno educato generazioni di alunni. Gli alunni non erano accompagnati dai genitori perché già responsabili. Se ci paragoniamo a ragazzi di oggi, noi degli anni cinquanta eravamo fortunati: si poteva giocare con gli amici tranquillamente, si studiava da soli e nessuno ci insegnava a fare i compiti. Il senso del dovere era innato così la responsabilità e la sicurezza. Ognuno era fautore dei propri successi o insuccessi. Nelle aule c’erano due stufe, i ragazzi si preoccupavano di portare pezzetti di legna per potersi riscaldare.

I giochi dei ragazzi, gli amori nati al circolo

Si giocava con oggetti che erano costruiti con i materiali provenienti dall’ambiente. Questo ci permetteva di ideare, creare e realizzare i nostri giocattoli senza spendere niente.Il circolo ricreativo e l’annessa sala da ballo erano frequentati da tutte gli abitanti del luogo e da quelli dei paesi limitrofi. Lì, sono nati tanti amori.

Le due principali processioni

Ricordiamo quando, per le processioni, noi ragazzi si raccoglievano i fiori di campo che poi erano sparsi a terra al passaggio del Parroco con l’Ostensorio. Le principali processioni erano due: una nella borgata Pianaccio per l’Ascensione e l’altra a Case Giagnoni lungo la Statale per il Corpus Domini.

Le feste di Santa Cristina e San Pellegrino

Per le feste si riunivano tutti gli abitanti delle varie borgate, durante le quali erano allestiti banchi che vendevano prodotti e oggetti di vario genere. Una era la festa per Santa Cristina il 24 luglio e l’altra il primo agosto in onore di San Pellegrino.

Le attività lavorative

I lavori effettuati negli anni cinquanta/sessanta erano esclusivamente legati alla natura: agricoltura con la semina delle patate, grano, segale, orzo e ortaggi. Il taglio dei boschi per produrre carbone, raccogliere legna per cucinare e riscaldarsi. Raccolta delle castagne per ricavarne farina per necci, castagnacci e polenta. Apicoltura e allevamenti di pecore e capre, mucche, galline e conigli e non mancava anche il maialino, in molte famiglie. Ricordiamo che la carne veniva acquistata una sola volta la settimana. Tutte le famiglie erano autonome e talvolta facevano il baratto dei prodotti alimentari.

La raccolta di funghi e prodotti del bosco

Nelle case era presente il forno a legna per cuocere il pane che veniva fatto una volta alla settimana con le farine di grano duro o di segale macinate nei mulini Magni, Filippini, Zagone e Cecchini che era il più grande. Nel periodo di raccolta, i funghi, le fragole e i lamponi trovati, venivano subito venduti ai forestieri che percorrevano la Statale, a quei tempi strada molto trafficata. Anche questo costituiva un importante fonte di guadagno per chi lo praticava.

I venditori ambulanti Olivo e Silvio

Rammentiamo anche i venditori ambulanti, Olivo e Silvio, che vendevano stoffe per i corredi e gli abiti. Caratteristico era il merciaio che si spostava da una borgata all’altra per vendere fili da cucito o da ricamo, bottoni, aghi, spille da balia, ecc. Questi oggetti li teneva dentro una cassetta di legno a scomparti che incuriosiva molto i bambini.

Le botteghe di un tempo

Non si può dimenticare il gelataio che arrivava in bicicletta o con l’Ape per la felicità dei ragazzi. All’epoca erano presenti nel paese sette botteghe di alimentari e altro. Oggi i servizi sono notevolmente ridotti essendo presente una sola bottega di generi alimentari con l’annesso bar. Molte case sono disabitate, solo alcune vengono riaperte per qualche giorno nei mesi estivi.

Con grande dispiacere possiamo affermare che il paese di San Pellegrino, purtroppo, muore lentamente a causa dei trasferimenti degli abitanti in città.

A cura di: Anna Gloria Nesi, Giovanna Giagnoni e Massimo Tasi

 

Luoghi e persone, vecchie immagini di San Pellegrino al Cassero

(cliccare sulle immagini per ingrandirle)

      

  

Per le immagini ringraziamo la signora Vanna Taddei

 


La Redazione

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