After all is basketball  |  aprile 17, 2019

Pistoia basket, “processo” alla dirigenza

Nei panni dell'avvocato della società. In cerca di una condanna mite sul primo capo d'imputazione - aver costruito una squadra sbagliata dall'inizio – e, tutto sommato, di un'assoluzione sulla scelta del coach e sull'esonero tardivo. Impossibile invece la difesa sull'ultima accusa: non essere stati attrattivi con nuovi sponsor di peso e aver gestito malissimo (o non gestito) il rapporto con Hitachi. E adesso via ad un rinnovamento vero della società

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Moretti insieme a Iozzelli (alla sua destra), Peluffo e Caso

PISTOIA – “Poche le cose che restano alla fine di un’estate / la quiete dei colori autunnali si rifletterà sulle strade e sugli umori / come il dolce malessere dopo un addio”. Mi perdonerà Franco Battiato, ma citare il passo finale di uno dei suoi capolavori (La quiete dopo un addio – Ferro Battuto) mi aiuta a rendere lo stato d’animo di queste ore.

Un ciclo che si chiude

Per carità, le tragedie vere della vita sono altre. Di più, razionalmente la retrocessione potrebbe anche rappresentare, in una logica di prospettiva, una vera e propria benedizione. Tutto vero. Resta l’amarezza infinita per la sensazione di un ciclo meraviglioso che si chiude. Una pagina che siamo costretti a voltare, dunque, nel libro che racconta un amore lungo una vita che comunque non finisce qui e che probabilmente non finirà mai.

Illudersi non serve

Sono tante le immagini di questi anni che mi tornano in mente in queste ore, ma per offrirne una bella carrellata – di quelle che servono a rendere omaggio ad un ciclo meraviglioso e che rappresentano la misura della nostra identità – è giusto aspettare che cali definitivamente il sipario. Del resto, correttamente e comprensibilmente, Moretti ha dichiarato a fine partita che non si arrende e che non lo farà fino a che la matematica darà ancora speranza. Il suo è un punto di vista professionale che va rispettato, non fosse altro perché lo abbiamo chiamato a stagione abbondantemente compromessa ed è quindi giusto concedergli di tentare fino all’ultimo. Più difficile per noi – o quantomeno per me, non so per voi – continuare ad illudersi. Un’amarezza infinita.

L’avvocato della società

Si apre il tempo delle domande e dei processi, è giusto e fisiologico sia così. Sul banco degli imputati, per larga parte della tifoseria, la dirigenza, cui vengono contestate tante mancanze e tanti errori. Mi viene quindi spontaneo giocare a fare l’avvocato, domandandomi cosa prospetterei al mio cliente – la dirigenza – se Capecchi e compagnia venissero in ufficio a raccontarmi la stagione, chiedendomi cosa potrà essere loro davvero imputato e quale “pena”, per così dire, potranno rischiare al termine del processo di piazza.

Prima imputazione: squadra sbagliata dall’inizio

Capo d’imputazione numero uno, la squadra costruita a settembre non ha mai avuto alcuna seria possibilità di salvarsi. Di più, non ha senso essere andati al risparmio in estate per poi spendere così tanto in corso d’opera per correggere il tiro. Aggravante oggettiva, una mancanza di comunicazione nei passaggi di mercato che ha lasciato interdetti molti tifosi. Questa, in sintesi, la prima contestazione alla dirigenza.

Budget minimo e tentativi

Sul punto, da avvocato difensore, tremerei all’idea che la pubblica accusa possa ricordare il momento in cui Capecchi la settimana prima esclude tassativamente si possa passare al 6+6, salvo essere clamorosamente smentito la settimana dopo con l’ingaggio di Gladness. In verità proverei a spostare il ragionamento su alcuni dati di fatto, partendo dal budget troppo misero a disposizione degli uomini mercato. Giustificherei i successivi colpi di mercato facendoli passare per quello che sono stati, ovvero dei tentativi – attraverso lo sforzo di un extrabudget – di salvare il salvabile, sottolineando quanto poco siano costati e provando quindi a tratteggiare una linearità nella condotta della dirigenza.

Qualcosa non è tornato davvero…

Direi però ai miei clienti che il Giudice non mi crederà mai. La verità è che qualcosa non è effettivamente tornato. Se è vero che in estate si era deciso di costruire la squadra con il 5+5, con tutto quello che questo comporta, una dirigenza con gli attributi avrebbe dovuto sopportare i lamenti della piazza e ribadire con chiarezza che quella era l’unica strada possibile. La dirigenza ideale avrebbe raccontato i dettagli, ovvero che siamo stati vicini a Zerini e che solo un capriccio di coach Diana ne ha impedito l’arrivo. Una dirigenza con gli attributi mai e poi mai avrebbe ingaggiato un americano tanto per fare un tentativo, rimettendoci la luxury tax e liberandosene dopo poche settimane, per far arrivare al PalaCarrara quel Crosariol su cui – anche correttamente, col senno di poi – non aveva voluto puntare a luglio.

Primo capo d’imputazione: leggera condanna

Insomma, sul capo di imputazione uno, pur con tutte le attenuanti e la comprensione umana del caso, prospetterei una leggera condanna, di quelle con pena sospesa e senza alcuna menzione nel casellario giudiziale.

Seconda accusa: Ramagli confermato troppo a lungo

Capo d’imputazione numero due, aver lasciato Ramagli alla guida della squadra troppo a lungo. Per questo capo d’imputazione mi sentirei di rassicurare la dirigenza, trovare la piena assoluzione sarà relativamente semplice. Ramagli è stato scelto in una rosa molto ristretta – quella di chi accetta un ingaggio molto basso, per capirsi – sulla base di un’esperienza oggettiva che sarebbe dovuta servire per gestire una squadra poco esperta e che avrebbe dovuto sopportare molte settimane difficili. La scelta iniziale aveva un senso, senza dubbio. Non è un mistero che le vittorie di Sassari e Reggio, tanto benedette sul momento, abbiano in verità falsato la percezione della nostra realtà e probabilmente suggerito una comprensibile prudenza a Capecchi e soci. Non è un mistero, inoltre – o almeno qualcuno della dirigenza non ne ha mai fatto mistero – che già a dicembre è stato chiesto a Fabio Bongi di subentrare alla guida della squadra, ma la risposta del vice è sempre stata picche. Non è un mistero infine che, fino a quando non è saltata in aria Siena, le alternative a Ramagli fossero – oggettivamente e senza voler mancare di rispetto a nessuno – di bassissimo profilo.

Secondo “capo”: assoluzione piena

Questo sarebbe un passaggio chiave nella mia discussione. Chi oggi va in brodo di giuggiole per Moretti – che anche io preferisco a Ramagli, per carità – dimentica che Paolo è stato tesserato non appena se ne è intravista la possibilità e che prenderlo prima sarebbe stato tecnicamente impossibile. Insomma, su questo punto l’assoluzione per la dirigenza potrà essere piena.

Terzo “capo”: mai attrattivi per sponsor di peso

Capo d’imputazione numero tre, non essere riusciti negli anni a diventare attrattivi per sponsor di peso. Ecco, su questo punto esternerei tutta la mia preoccupazione al mio cliente, perché qui si racchiudono forse i profili più problematici per chi si trovasse davvero a difendere la dirigenza.

Difesa difficilissima sulla terza accusa

La sensazione è sempre quella, se si spera che qualcuno possa aver seriamente voglia di frugarsi in tasca è necessario permettergli di avere un ruolo decisionale vero. Tra Maltinti e Capecchi, siamo credo l’unica realtà al mondo in cui il vertice societario non è costituito dal soggetto che investe pesantemente nel progetto.

Il caso inspiegabile di Hitachi: difesa impossibile

Al mio cliente direi anche che l’accusa probabilmente punterebbe forte sul caso Hitachi. Com’è possibile che quella sponsorizzazione sia durata poche settimane? Se è vero che ci sono stati problemi tra Hitachi ed il soggetto interno alla loro struttura che ha chiuso le varie sponsorizzazioni, come ci è stato detto, com’è possibile che, una volta risolto il contratto, non si sia volati a bussare alla porta dei giapponesi per discutere un nuovo corso? Possibile che si abbia la fortuna di avere un onorevole ed almeno due assessori appassionati del giochino e, ovviamente nel pieno rispetto dei ruoli, delle regole e della legge, non si riesca a favorire un incontro serio e per vedere se stavolta si trova un accordo di sponsorizzazione vero?

Rinnovamento vero

Ecco, su questo punto la difesa mi sembrerebbe quasi impossibile. Se si punta alla clemenza del giudice – ovvero della piazza – sarà necessario cominciare a disegnare un progetto serio, che parta da un rinnovamento vero in dirigenza, da una programmazione ed una tempistica che tenga conto della necessità di risanare i conti e di avere una prospettiva credibile di lungo respiro.

Le competenze non mancano, adesso è il momento del coraggio e del cambio di passo vero. In questo senso, solo in questo modo, la retrocessione sarà un punto di ripartenza vero.


La Redazione

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