La ricerca, Turismo  |  ottobre 11, 2018

Da Molino del Pallone a Molina di Quosa, un viaggio di 82 chilometri attraverso quattro province

Un itinerario turistico-sentimentale fuori dagli schemi, fra suggestivi borghi montani. Si parte dal territorio bolognese, si attraversa un lungo tratto della MONTAGNA PISTOIESE, per poi passare dalla Lucchesia e finire nel pisano. Qualche ricordo personale e poi la descrizione dei luoghi, il loro patrimonio artistico, architettonico e ambientale, le specialità gastronomiche. E ancora aneddoti e curiosità. Dalla tortina di Porretta alla torta coi bischeri, dai necci ai tordelli, dal Ponte di Castruccio al Ponte della Maddelena, dall'archeologia industriale alla rocca medioevale, dalla valle del Reno alla valle del Serchio, dall'inflessione dialettale di Molino a quella di Molina

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L'itinerario suggerito nell'articolo

Talvolta accade che condividere dei luoghi dell’anima dal valore sentimentale tutto personale possa suscitare curiosità e interesse in coloro che provano sentimenti analoghi. Chi ha scritto questo lungo articolo è un cittadino che non nasconde il suo amore per la montagna e, ripensando alla sua vita, ha collegato i luoghi che ne hanno avuto una parte importante. Li ha ripercorsi tutti l’estate scorsa e ne ho tratto un giro turistico-sentimentale che forse potrà piacere anche ad altri.

Ecco il suo resoconto, pieno di spunti interessanti, con notizie anche note, ma non sempre e non a tutti, messe insieme per un vero e proprio viaggio di oltre 80 chilometri, fra diversi borghi montani (con l’eccezione della città di Lucca) a cavallo di ben quattro province, quelle di Bologna, Pistoia, Lucca e Pisa. Il testo è molto lungo ma assai godibile. Potete scegliere di leggerlo a pezzi, scegliendo le località che più vi interessano, o per intero, compiendo intanto questo viaggio virtuale per poi, perché no, programmarne uno reale, che difficilmente vi deluderà.

Buona lettura. E buon viaggio.

 

IN VIAGGIO

Per chi vuol fare un giro turistico attraverso borghi e località non troppo conosciute ma piene di incanto, per chi ha un budget ristretto e poco tempo a disposizione, propongo questo itinerario che certamente vi sorprenderà dal punto di vista paesaggistico, storico, culturale e culinario. Vi confido di avere un conflitto di interesse emotivo e sentimentale essendo vissuto, sebbene piccolissimo, a Molino del Pallone e da adulto con mia moglie a Molina di Quosa. Questo legame nostalgico ed affettivo mi porterà ad elaborare una descrizione più dettagliata e non turistica di queste due località. Non sono più ritornato a Molino del Pallone forse per paura che la realtà interrompa i percorsi positivi dei ricordi. Voglio farlo adesso ed arrivare lungo un percorso di 82 km a Molina di Quosa dove è nata Francesca (mia moglie).

 

IN PROVINCIA DI BOLOGNA

MOLINO DEL PALLONE

Molino del pallone

Molino del Pallone è una piccola frazione del Comune di Alto Reno Terme in provincia di Bologna ed è situata sulla sponda sinistra del fiume Reno. Si trova ad una altitudine di circa 500 metri s.l.m. Molino del Pallone è stata la sede municipale del Comune di Granaglione sino al suo scioglimento avvenuto nel dicembre del 2015.

Segretario del Comune di Granaglione a cavallo degli anni ’50 e ’60 era un certo Franco Arcangeli che con la propria famiglia abitava nell’appartamento sopra il municipio. La famiglia del segretario comunale era composta dalla moglie e da tre figli, il più piccolo dei quali sono io.

Ho vissuto a Mulin del Pallone (come dicevano i miei genitori) per pochi anni e non ricordo assolutamente niente, ero molto piccolo ed i ricordi, solamente sul raccontato, sono pieni di calore. Una piccola comunità che si ritrova alla stazione per salutare la famiglia che se ne va (al segretario gli era stata assegnata altra sede) la grande amicizia di mio padre con il medico condotto di Taviano, che salvò una donna da una forte emorragia e morte certa. Si racconta che vista l’urgenza del momento il medico chiamò la più vicina stazione dei carabinieri e si fece mandare quei militari dell’Arma con gruppo sanguigno universale e imbastì sul momento una trasfusione “casalinga”. La donna ebbe salva la vita ed il dottore la riconoscenza per sempre. Mi è stato raccontato dei freddissimi inverni in quella “gola” ed il fiume Reno ghiacciato; delle lezioni delle amiche di mia mamma, di come si fanno le vere tagliatelle alla bolognese con l’imperativo di servirle specialmente quando siamo deboli di stomaco. Mia sorella maggiore che diceva tre con la e aperta iniziando così ad assumere la calata emiliana; l’oste della Trattoria “La Maria” che portava le vivande a casa dei malati anche nei giorni di bufera (uno dei primi casi di consegna a domicilio).

La principale attrazione nella stagione estiva è probabilmente il fiume Reno dove è stato creato, una decina di anni fa, un parco fluviale attrezzato. Per gli amanti della pesca questa zona rappresenta una tappa obbligata, trote e cavedani le specie più numerose così come l’andar per funghi e raccogliere castagne.

In gastronomia sono evidenti le influenze bolognesi e pistoiesi e la cucina montanara di questa località dà il meglio di se con i Necci preparati con farina di castagne spesso accompagnati da ricotta o vivande salate come il rigatino. Non mancano mai nei pasti domenicali i tortellini in brodo, le tagliatelle al ragù, così come nei bar di tutta la zona le mitiche “tortine di Porretta”.

Uscendo da Molino del Pallone si percorre la Strada Provinciale 632 e dopo circa 7 km si arriva a Pracchia.

 

IN PROVINCIA DI PISTOIA

 

PRACCHIA

Pracchia

Pracchia è una frazione montana del Comune di Pistoia. Qui è vissuto per un breve periodo di tempo ed è stato anche proprietario di una villa il poeta e scrittore inglese Walter Savage Landor (1775 Warwick – 1864 Firenze).

L’abbondanza di acqua e la contemporanea gran quantità di legname sulla Montagna Pistoiese ha favorito nel corso del tempo la nascita e lo sviluppo di numerose ferriere. Una di queste è stata la Ferriera Sabatini realizzata a Pracchia nel 1542. E’ rimasta in attività fino alla metà del 1900. La Ferriera espone ancora oggi i macchinari e gli utensili d’epoca.

A Pracchia è presente pure il polo didattico del ghiaccio, rivolto particolarmente alle scuole, dove è possibile fare attività di approfondimento attraverso la visione di diapositive, documentari e vecchi strumenti di lavoro.

Per rilanciare questa frazione montana si dovrebbe procedere al recupero di due strutture: 1) La ex stazione FAP (Ferrovie Alto Pistoiese), 2) La Villa Landor. La prima è un edificio che ospitava una delle stazioni della linea “Pracchia – San Marcello – Mammiano”: tipico esempio di architettura industriale del ‘900 è abbandonato da anni e versa in stato di degrado totale. La seconda dovrebbe essere restaurata ed adibita ad uso di manifestazioni culturali, musicali, ludiche.

Continuando sulla Strada Provinciale 632 dopo circa 8 km si arriva a Campo Tizzoro.

 

CAMPO TIZZORO

I sotterranei ex SMI a Campo Tizzoro

Per gli amanti dell’archeologia industriale Campo Tizzoro è una tappa obbligata.Il paese ha legato la sua storia agli stabilimenti industriali della S.M.I. (Società Metallurgica Italiana) per la produzione di munizioni. L’azienda, nata nel 1910, ha definitivamente chiuso i battenti nel 2006. Durante il periodo fascista il paese si amplia con i tipici esempi di edilizia operaia, scuole ed altre strutture di pubblica utilità. Il paese è caratterizzato ancora oggi dagli enormi capannoni che costeggiano la strada regionale 66.

Questi edifici sono stati ristrutturati e parzialmente convertiti in museo. Il museo, gestito dall’Istituto di Ricerche Storiche ed Archeologiche di Pistoia, racconta una realtà industriale unica nel suo genere. Il percorso espositivo ricostruisce un secolo di vita della fabbrica e del paese anche attraverso l’esposizioni di macchinari e le fasi del processo di produzione. E’ presente anche un plastico della “città-fabbrica”.

Del museo fanno parte anche i rifugi antiaerei costruiti dal 1937 al 1939. Realizzati ad una profondità tra i 15 e i 30 metri sotto il suolo potevano ospitare per lunghi periodi di tempo circa 6.000 persone. A distanza di tanti anni i locali risultano immutati. C’è il pronto soccorso, i bagni, i locali di decontaminazione da gas etc.

Una curiosità: nel 1966 arrivarono dagli Stati Uniti alcuni investigatori della C.I.A. per controllare le munizioni prodotte nello stabilimento S.M.I. Sembra che alcuni proiettili partiti dal fucile Carcano 91/38, usato da Harvey Oswald nell’attentato contro J.F. Kennedy, fossero stati prodotti nello stabilimento S.M.I. C’è qualcosa di misterioso che lega Campo Tizzoro a Dallas?

 

LIMESTRE

La sede di Dynamo Camp

Limestre, posta nei pressi del torrente omonimo, è molto più famosa di quello che si può pensare. E’ qui, infatti, che c’è il club più buono del mondo: Dynamo Camp. Dynamo Camp, situato in un oasi di oltre 900 ettari affiliata WWF, è il primo Camp di terapia ricreativa in Italia che accoglie gratuitamente bambini e ragazzi affetti da gravi patologie. E’ un luogo di pace e di magia dove i bambini vengono coinvolti in attività divertenti ed emozionanti.

Dynamo Camp regala grandi avventure dove per medicina s’intende allegria e cura significa ridere.

L’imperativo per tutti noi è sostenerlo anche con una piccola donazione privata che può regalare una bella fetta di felicità per chi troppo spesso è sottoposto a terapie invasive. Avere Dynamo Camp è un orgoglio senza confini! Dopo pochi km arriviamo a San Marcello.

 

SAN MARCELLO PISTOIESE

Una veduta dall’alto di San Marcello

Di San Marcello voglio ricordare due date che segnano due primati a distanza di 102 anni.

1888: mentre Pistoia e Firenze arrancavano ancora con il sistema di illuminazione a gas, al Molino di Fondo (all’epoca c’era anche il molino di Mezzo ed il molino di Cima) viene inaugurata la luce elettrica per merito di Giovan Cosimo Cini.

1990: il ponte delle Ferriere conquista il Guinness World record per il ponte sospeso più lungo al mondo. Il ponte è lungo 227 metri sospeso a 36 metri dal suolo.

Il primato resiste fino al 2016 quando viene inaugurato il Kokonoe Yume Bridge (Giappone) con la sua lunghezza di 390 metri ed una altezza di 173 metri.

 

LOLLE E POPIGLIO

Il ponte di Castruccio a Lolle

Attraversato San Marcello Pistoiese continuiamo sulla sr 66 fino a La Lima. Qui imbocchiamo la sp 633 che ci porta in località Lolle, zona totalmente coperta da castagneti, famosa però per un ponte: il Ponte di Castruccio.

Costruito verso la fine del 1200 è un ponte ad una sola arcata alta 10 metri. Il ponte, intitolato a Castruccio Castacani, signore di Lucca che conquistò Pistoia, segnava il confine tra queste due città. E’ un ponte misterioso, evocativo e magico per la sua forma architettonica e un buon esempio di ingegneria medioevale. Ponti simili dello stesso periodo li troviamo in Spagna come il Ponte di Santa Maria sul fiume Cidacos, il ponte di El Camino sul fiume Furelos, in Scozia come il ponte The Brig O’Doon ad Alloway, in Galles dove molto simile è il Bont Newidd.

Nessun ponte però è in grado di creare un’atmosfera straordinaria e incantata come quello che vedremo fra una ventina di km: il Ponte della Maddalena meglio conosciuto come il “Ponte del Diavolo”.

Ritornando verso La Lima prendiamo sulla sinistra la ss 12 che ci porta diretti a Popiglio. In questo paese di 500 anime a 500 msl è possibile visitare un’eccellenza dell’arte romanica: la Pieve di Santa Maria Assunta caratterizzata da una semplice facciata in pietra serena.

Da provare, se lo stomaco comincia a dare segni di impazienza, i “biscotti delle monache” fatti semplicemente con farina, zucchero, acqua, semi di anice e bicarbonato.

 

BORGO A MOZZANO E IL PONTE DELLA MADDALENA

Il ponte della Maddalena

Uscendo da Popiglio, mantenendosi sulla statale 12, ci dirigiamo verso la media valle del Serchio e siamo così in provincia di Lucca.

Siamo in ritardo sulla tabella di marcia e lo stomaco si è spazientito del tutto. E’ ora di trovare una locanda o trattoria (non sarà difficile) ed assaggiare i piatti tipici di questa zona.

Da queste parti non riesco a rinunciare ai “Tordelli” quelli con la “D”, tradizionalmente accompagnati col classico ragù di carne, e alla “Zuppa alla frantoiana” preparata con fagioli borlotti, zucchine, patate, bietole, sedano, verza, porro, cavolo nero e borragine. Accompagnata con una fetta di pane raffermo e da un buon calice di rosso ci dà la carica per ripartire.

Seducente, suggestivo, affascinante e stregato! Volendo utilizzare un ossimoro possiamo definirlo il top della staticità elastica o l’immutabilità in movimento. Lungo oltre 90 metri questa meraviglia presenta la classica struttura “a schiena d’asino”, che le arcate asimmetriche rendono unica al mondo. Il suo arco maggiore raggiunge un’altezza che supera i 18 metri. Una forma convessa lo rende un capolavoro di ingegneria non solo mediovale. Siamo a Borgo a Mozzano, Comune attraversato dal fiume Serchio posto poco dopo la confluenza con il torrente Lima.

Il singolare profilo del Ponte della Maddalena ha fatto nascere leggende sulla sua costruzione. Secondo una prima leggenda il ponte fu costruito da San Giuliano che, ansioso di non poter finire la costruzione nei tempi previsti, chiese aiuto al diavolo promettendogli in cambio l’anima del primo essere vivente che vi fosse passato sopra. Terminato il ponte San Giuliano vi tirò sopra un pezzo di pane attirandovi un cane e ridicolizzando così Satana.

Una seconda leggenda, comunque simile, racconta che il capomastro resosi conto che non sarebbe riuscito a finire l’opera nei tempi previsti si sedette disperato e pensieroso sulle rive del Serchio. All’improvviso gli apparse il Diavolo che gli propose un patto: “Io termino la costruzione del ponte in una notte ma in cambio voglio l’anima della prima persona che lo attraversa”. Il capomastro accettò ma successivamente divorato dal rimorso escogitò un piano perspicace. Fece attraversare il ponte da un maiale impedendo così a Satana di impossessarsi dell’anima di un uomo e così beffato il Diavolo si gettò giù nelle gelide acque del Serchio.

 

LUCCA

Piazza della Cattedrale a Lucca

Venti km per arrivare a Lucca. Lucca, nota per la cinta muraria rinascimentale, per la piazza dell’Anfiteatro, per la Cattedrale di San Martino e la Chiesa di San Michele, nonché dalla torre medioevale sormontata da lecci (Torre Guinigi) non rientra nell’itinerario fatto di borghi e località. Conosciuta come la città delle 99 chiese e dei 100 sportelli bancari la dice lunga sul carattere e sull’indole dei lucchesi.

Per decenni è stata l’enclave bianca in una Regione rossa.

Mi limito a segnalarvi una breve camminata da Porta Elisa a Piazza San Michele, meglio conosciuta come” Piazza delle catene”. Qui è fatto obbligo acquistare il “Buccellato” presso l’antica pasticceria lì ubicata.

Il “buccellato” è un dolce semplice che si presenta esternamente scuro e all’interno è composto da una pasta dolce e morbida ricca di uva passa e anici. Viene accompagnato generalmente con vin santo o altro vino liquoroso.

Uscendo da Lucca, in prossimità del quartiere S.Anna, s’imbocca la statale 12 dell’Abetone e del Brennero (sembra strano ma la ss 12 collega Pisa con il confine austriaco) e dopo aver attraversato Montuolo si entra in territorio pisano. Da questi parti la ss 12 è meglio conosciuta come via Vecchia Pisana.

 

IN PROVINCIA DI PISA

 

RIPAFRATTA

La rocca di Ripafratta

Ripafratta è posta nella stretta gola tra il colle Vergario ed il fiume Serchio (terzo fiume della Toscana che giunge al mare nei pressi di San Rossore). Avamposto doganale fra le potenze lucchesi e pisane è stata sede della “Pace di Ripafratta”, a metà del XII secolo, dopo anni di guerra fra le repubbliche di Pisa e di Lucca.

La Rocca di Ripafratta o Rocca di San Paolino è un castello medioevale situato sul colle Vergario. Si presenta come una fortificazione con tre torri e si erge ricordando i tempi che furono.

Ormai da decenni è in uno stato di abbandono totale ed ha urgente bisogno di essere messa in sicurezza. Più volte l’amministrazione pubblica ha chiesto formalmente ai proprietari di donare il bene al Comune per iniziare un percorso progettuale di recupero.

Se la proprietà resta privata resterà preclusa la possibilità di accedere ai finanziamenti messi a disposizione dei Luoghi del Cuore da parte del FAI (Fondo pe l’ambiente italiano).

Durante la seconda guerra mondiale Ripafratta si trovò sulla linea gotica. Nell’ agosto del ’44 furono trucidate, nella adiacente località di Filettole, 38 persone dalle SS. Un cippo ricorda i nomi delle vittime. Fu l’apice della incontenibile furia nazista, uomini donne e bambini furono brutalmente fucilati e scaraventati in una fossa comune.

Nel 1996 a Ripafratta furono girate alcune scene del film “Il paziente inglese” di Anthony Minghella vincitore di 9 Oscar e 2 Golden Globe.

 

MOLINA DI QUOSA

Vecchia porta di accesso a Molina di Quosa

Molina di Quosa è una frazione del comune di San Giuliano Terme. La località si sviluppa lungo la strada statale Abetone ed i suoi abitanti si chiamano molinesi, sono aperti, generosi, goliardici. Un tabacchi-edicola, un bar (Luca e Carlo), un alimentari, una farmacia, l’ufficio postale, il negozio d’abbigliamento “Saetta”, un laboratorio di restauro, la gastronomia macelleria da “Ciapino”.

Tutti si fanno gli affari propri ma soprattutto quelli degli altri ed è normale che sia così in un piccolo paese.

Gli uomini al bar, a giocare a carte, le donne sulle panchine di pietra o sotto i platani della piazzetta a ricordare vecchi rancori mai sopiti, malattie e morti varie.

Il patrono San Vittorino viene festeggiato il primo lunedì del mese della pentecoste e poi c’è la festa della castagna a novembre, momento clou della comunità molinese. Il paese è stracolmo di gente e gli affari vanno bene. Sono sufficienti alcune righe sulla cronaca de “Il Tirreno” per sentirsi più importanti ed avere più credito da spendere al di fuori del paese.

Si percepisce chiaramente che i molinesi hanno un attaccamento marcato al proprio paese, un campanilismo, non sempre giustificato da rivalità storiche, che si riflette anche sulla paternità di ricette e pietanze varie e che non teme confronti con nessuno. Spesso si sente dire che la “torta coi bischeri” la sanno fare solamente loro e che gli altri sono incapaci di sapere pure di cosa si tratta.

A Molina di Quosa si vive un eterno contrasto, una reciproca antipatia fra la comunità pisana e quella lucchese.Le origini lontanissime e si dice generata dai soldi. I lucchesi vengono derisi per lo loro parsimonia.

Nel bar di paese ti mescoli al benestante, al disoccupato, al professore e all’ex carcerato. Di fronte alla tazzina del caffè si smussano le disuguaglianze sociali e culturali. Nell’unico vero punto di aggregazione paesano sembra davvero che ci sia rispetto per tutti. Ho partecipato ad argomentazioni, anche banali, che contrapponevano, ma solo dal punto di vista dialettico, un pluriproprietario immobiliare e uno che vive costantemente un’emergenza abitativa. Ho visto giocare a carte un carabiniere in pensione con uno che ha fatto anni di galera. Dallo sguardo di quest’ultimo meno fortunato sembrava filtrare un messaggio chiaro: “La vita ci ha riservato percorsi diversi, abbiamo giocato a guardie e ladri e tu hai avuto la meglio ma a carte ti batto sempre”. Un po’ come il detto di Schopenhauer “il destino mescola le carte e noi giochiamo”.

IN CONCLUSIONE…

Dalla tortina di Porretta alla torta coi bischeri, dai necci ai tordelli, dal Ponte di Castruccio al Ponte della Maddelena, dall’archeologia industriale alla rocca medioevale, dalla valle del Reno alla valle del Serchio, dall’inflessione dialettale di Molino a quella di Molina un itenerario fuori dagli schemi sviluppabile solo con la pratica.

Buon Viaggio!


La Redazione

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