SAMBUCA – La soluzione di molti problemi che agitano la vita di tante persone sembra che si giochi esclusivamente sui confini. La questione migratoria che investe da vari decenni la nostra penisola proiettata nel Mediterraneo – che un tempo fu “nostrum” – a detta di molti pare che debba risolversi con la mera difesa dei confini: nazionali od europei a seconda della convenienza politica del momento.
Al grido “Difendiamo i nostri confini!” ecco ora contrapporsi, in scala minore ma non meno importante, un altro mantra salvifico: “Spostiamo il confine! Traslochiamo, armi e bagagli nella regione limitrofa”.
E’ quanto recentemente proposto dal sindaco di Sambuca Pistoiese, Fabio Micheletti, per dare una risposta alle inquietudini che agitano la popolazione residente anche riguardo ad un servizio essenziale come il medico di famiglia. La soluzione prospettata è quella di promuovere un referendum per decidere il passaggio del Comune toscano alla Regione Emilia Romagna.
QUESTIONE SOLO GEOGRAFICA?
Il ragionamento del primo cittadino parte dalla ovvia constatazione che il confine geografico sia rappresentato dal crinale appenninico – esemplificato nella galleria della Collina – salvo poi decretare che, delle quattro valli comunali che convogliano le proprie acque nel Reno, due sono emiliane (Reno e Limentra di Sambuca) e due toscane (Limentrella e Limentra di Treppio).
Ma la geografia non è un’opinione: da sempre il territorio sambucano si sviluppa interamente (Treppio e Torri compresi) sul versante adriatico dell’Appennino. Però le comunità (e le istituzioni locali che le rappresentano e governano) non sono mere espressioni geografiche, ma piuttosto il frutto di interazioni secolari fra le condizioni ambientali e le vicende storiche. E Sambuca è strettamente legata a Pistoia da oltre 1300 anni, dal tempo del conflitto confinario fra Longobardi e Bizantini. Risolto poi nei medievali trattati di pace fra i Comuni di Bologna e Pistoia.
Quel confine ha distinto due stati per oltre 600 anni fino all’Unità d’Italia, ma non ha mai impedito che vi fossero forti relazioni fra le comunità residenti al di qua e al di là di esso. Relazioni che, come confermato da tanti cittadini in questi giorni, sono ancora più forti oggi, con la grande mobilità che caratterizza le nostre vite.
Quest’antico confine si è ridotto a confine amministrativo e burocratico, in uno stato unitario che dovrebbe favorire pari condizioni per i propri cittadini, ovunque essi risiedano.
PONTI O CONFINI?
Il problema sollevato dal sindaco di Sambuca (e non è il solo servizio carente per gli abitanti della montagna) è dunque risolvibile con il solo spostamento del confine? La situazione dei medici di famiglia (precaria in tutta l’area pistoiese) è ottimale nella regione emiliana? Alla mancata programmazione nazionale per la formazione di personale medico ed infermieristico si può ovviare semplicemente col passaggio di Sambuca all’Emilia Romagna? Non sarebbe più razionale dar vita ad intese fra le Regioni per trovare soluzioni alle criticità dei servizi essenziali per gli abitanti delle aree di confine?
Agitare soluzioni semplici per i problemi complessi del nostro paese sempre più vecchio e fragile – problemi che si fanno ancora più delicati per le aree deboli e poco popolate della montagna – non è un altro segno dei tempi, alla ricerca di scorciatoie inesistenti?
Una richiesta di attenzione
A meno che il grido del sindaco di Sambuca non sia anche una richiesta di attenzioni maggiori da parte della Regione Toscana, per la quale ci sono figli e figliastri, nel senso che essa non riserva lo stesso trattamento per altre zone della nostra Montagna, alle quali concede contributi ben al di là dei meriti e del buon senso.
Se così fosse, un minimo di ragione l’avrebbe anche il sindaco sambucano.