
Davide Gavazzi, 28 anni, residente a Cireglio con i genitori e la sorella, è deceduto giovedì mattina, 20 ottobre, al Trauma Center di Careggi. Davide era arrivato in condizioni disperate il pomeriggio di mercoledì, trasportato con l’elisoccorso dal campo sportivo di Gavinana, dove era andato in arresto cardiaco durante il riscaldamento, prima della partita di Seconda Categoria fra Montagna Pistoiese e Cintolese (era l’esordio come portiere titolare di Davide). I soccorsi immediati con il defibrillatore, l’intervento dell’automedica di San Marcello, poi il trasferimento con l’elicottero Pegaso a Careggi. L’attesa, le voci che si rincorrevano per poi essere smentite, infine il decesso, la mattina successiva. La famiglia ha acconsentito l’espianto degli organi, adesso si attendono i risultati dell’autopsia. Il funerale si celebrerà a Cireglio, la settimana prossima (il giorno è ancora da definire).
A cosa servono le parole?
Mentre mi accingo a scrivere, mi chiedo se abbia un senso farlo. Servono davvero le parole in situazioni come questa o forse è preferibile tacere? Lasciare al proprio interno ogni pensiero, ogni angoscia, ogni pezzo di dolore? La risposta me la fornisce il mestiere che ho fatto per tanti anni, quello di raccontare gli eventi, anche i più angoscianti, drammatici, inenarrabili. E allora proviamo, con la nostra piccola voce della montagna, a fermarsi un attimo e raccontare non l’episodio, i momenti drammatici sul campo di calcio, la corsa in ospedale, i tentativi infiniti ma vani di salvare la vita a questo giovane di appena 28 anni. Proviamo a fare altro, proviamo a parlare la voce di una comunità che ha perso un proprio ragazzo, un proprio figlio, un amico, un semplice conoscente. Rifletto per primo su me stesso e su quello che ho personalmente provato da quel maledetto pomeriggio di mercoledì scorso ripensando alle volte che ho visto Davide, e ne ho sempre ricevuto un sorriso e un saluto cordiale ed educato, e ripensando a ciò che ho letto nei volti delle persone, nel dolore sincero che esprimevano i loro occhi, le loro parole, le loro lacrime.
La morte, il dolore e il senso della vita
La morte di Davide travalica il limite: il limite del dolore, dell’accettazione dello stesso, del senso delle cose e del senso della vita. E’ drammaticamente evidente a tutti cosa significhi morire a 28 anni e lasciare nel più totale sconforto e angoscia le persone più care. Come possono una madre e un padre accettare questo sovvertimento delle “leggi” della vita, se la vita davvero avesse delle leggi e delle regole, ma non le ha e ci sorprende quasi sempre facendoci molto male, troppo male. Noi cerchiamo certezze e non le troviamo, così ci immergiamo dritti dentro ad alcuni grandi tabù che solo a pensarli lasciano senza fiato. E’ quello che sta accadendo a tanti di noi che viviamo nello stesso paese di Davide e a tante persone che conoscevano questo bel ragazzo, questo uomo ormai di 28 anni che pensava ad una nuova casa e una nuova vita con Denise, la propria ragazza, com’era normale e giusto che fosse. Un bravo ragazzo, e non lo si scrive tanto per scriverlo, che aveva le aspettative, le ambizioni, le speranze che si hanno a quell’età.
Davide, il paese e un’intera comunità
E poi Davide è vissuto in un paese, era appieno dentro questa realtà. I paesi, pur con tutti i loro limiti, hanno in genere un’anima forte, un senso di appartenenza, di collettività che può essersi affievolito con gli anni ma non completamente perso. Intorno a Davide è come si sia stretta e si stia stringendo sempre più una intera comunità, tenuta insieme da quel filo comune che lega le origini del padre (Casa Marconi) della madre (Le Grazie), così come la sua passione per il calcio con la Ciregliese e adesso con la Montagna Pistoiese. Poi ovviamente c’è tutto il resto, fuori da questo microcosmo che non deve essere visto come il mondo nel quale muoversi, ma la solida base dalla quale partire. Basta non confondere le radici salde (fondatmentali), con i recinti (che sono solo limiti). Proprio quando le radici sono solide ci aiuteranno ovunque saremo.
Voglio pensare che anche Davide avesse solide radici e la sua breve vita questo lascia intendere. Il suo albero non crescerà e questa è l’angoscia nella quale tutte le persone a lui più care si stanno dilaniando in queste giornate infinite.
Noi, annichiliti e impotenti, lo saluteremo tutti assieme appena sarà possibile farlo.
Alla mamma Cristina, al babbo Mario, alla sorella Irene e a tutte le persone a lui care vanno le più sentite condoglianze della piccola comunità della Voce della montagna.
Davide e ilcalcio in alcune immagini
Sopra, da sinistra la targa della Coppa Primavera vinta dalla Ciregliese nel 2015, la squadra vincitrice (Davide è il portiere, l’ultimo a sinistra) e l’esultanza a fine gara
Davide (il primo a destra) con il presidente della Ciregliese Maurizio Sabatini (al suo fianco) e alcuni compagni di squadra in una immagine più recente