Turismo  |  settembre 6, 2022

Il mio Cammino di San Bartolomeo

Il racconto del Cammino compiuto nel mese di Agosto. Non una presentazione dell'itinerario bensì la testimonianza di una singola esperienza. L'incontro con Mirto Campi, già sindaco di Fiumalbo, scrittore e collaboratore de La Voce della Montagna: "Bisogna puntare sui cammini, sulla cultura, sull’enogastronomia". A Spedaletto la chiacchierata con Bice Ravagli, una volontaria della Pro Loco, che parla del forte "spirito di comunità" del piccolo paese. Così come Carlo Degl'Innocenti dell'Oppio, cineoperatore e gestore di un B&B: "Qui siamo come una grande famiglia allargata dove tutti si conoscono e si aiutano"

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Questa è la seconda volta che un Cammino mi conduce fino a Pistoia. Era già successo, lo scorso anno, con la Via Francesca della Sambuca. Ho ripetuto l’esperienza, nell’agosto scorso, con il Cammino di San Bartolomeo. Tempo fa un amico mi disse “Perché non provi la Via degli Dei? Oppure la Via Vandelli?”. Io gli risposi: “Perché quelli non arrivano a Pistoia. Che gusto c’è?”. La mia ovviamente era solo una battuta. Però da quelle parole traspare l’amore che ho sviluppato per questa “piccola Santiago” e per le sue montagne nel cuore della Toscana.  In questo articolo ho cercato di raccontare il mio Cammino. Non ho presentato il Cammino di San Bartolomeo bensì il mio Cammino, la mia personale esperienza. D’altra parte, come recita la citazione di Terzani sulla copertina della Guida, “ognuno deve cercare a modo suo, ognuno deve fare il proprio cammino, perché uno stesso posto può significare cose diverse a seconda di chi lo visita”.

CAMMINARE E RACCONTARE: DUE BISOGNI FONDAMENTALI

Sono sempre più convinto che il Raccontare sia un bisogno fondamentale per l’essere umano. Sono altresì convinto che esista una profonda relazione tra la Narrazione ed il Cammino. Federico Pagliai, nella sua prefazione alla Guida del Cammino di San Bartolomeo, sostiene che, secondo un proverbio spagnolo, “Caminar es atesorar” che tradotto significa “camminando si raccolgono tesori”. E’ vero, ma è altrettanto vero che nessun uomo può raccogliere all’infinito. I tesori sono fatti per essere condivisi. E la Narrazione, applicata al Cammino, è come una redistribuzione dei tesori raccolti. Io la vedo così, ma è solo un punto di vista. Diciamo che questo è il mio modo di “atesorar”.

 UN ALTRO TURISMO E’ POSSIBILE

In Cammino si incontrano persone. Ed ogni incontro contribuisce ad arricchire il tuo viaggio. Una delle prime persone che ho incontrato è stato Mirto Campi, già sindaco di Fiumalbo, scrittore e collaboratore de La Voce della Montagna. Con lui ho parlato della tradizione di San Bartolomeo ma anche del ruolo che i cammini, in particolare quello che parte da Fiumalbo, possono avere per la promozione del turismo lento.  “San Bartolomeo è il nostro patrono, non solo di Fiumalbo ma anche di Pavullo e Cutigliano.” – mi ha spiegato Campi – ” Il 23 agosto lo si festeggia da parecchi secoli e la festa ha una caratteristica molto importante, anche dal punto di vista turistico, il paese di Fiumalbo viene illuminato da numerosissime cere, non ci sono luci artificiali. E poi il fiume illuminato da migliaia di lumini accesi una scenografia che lascia stupiti e merita di essere vista. Io mi batto per i cammini e credo che siano ormai fondamentali – prosegue Mirto Campi -.  In Italia siamo un po’ indietro rispetto ad altre realtà. Per me i cammini sono il futuro del turismo anche perché, parliamoci chiaro, siamo in montagna e viviamo d’inverno con la neve, ma il bianco non può durare, il clima è cambiato e io credo che dobbiamo puntare sul verde, sull’estate, sull’aria fresca, sulle acque che abbiamo. Se poi nevica in inverno tanto meglio ma purtroppo le stagioni sono queste. Per me bisogna puntare sui cammini, sulla cultura, sull’enogastronomia. Questi sono gli elementi sui quali puntare per futuro del nostro paese. Cammini a cultura sono un abbinamento vincente non solo per il nostro Appennino. Io ci credo e ci puntai nel 2017 quando si fece questo cammino. C’è ancora molto da fare ma intanto è stato spostato l’equilibrio. I primi camminatori, all’inizio, non venivano nemmeno considerati. Ora magari ti danno una colazione, un piatto di pasta. Questo succede qui a Fiumalbo, ed è anche la riscoperta di certi valori di solidarietà e condivisione.

 SPEDALETTO, UN’ACCOGLIENTE COMUNITA’ DI MONTAGNA

Il 24 agosto, festa di San Bartolomeo, il mio Cammino è arrivato a Spedaletto. Giunto in questo piccolo e antico paesino sono rimasto senza segnale. Il mio cellulare non riceveva in nessun angolo del borgo. Non si tratta di una novità, mi è già successo spesso in montagna. Ed ogni volta mi assale un senso di smarrimento. Non siamo più abituati a restare, anche solo per poche ore, isolati dalla rete dell’informazione globale. Poi però ci abituiamo a questo silenzio e ci riappropriamo del nostro tempo. Così a Spedaletto ho potuto partecipare alla Messa del patrono e, nel pomeriggio, seguire la festa paesana che, in modo decisamente sobrio, porta avanti le piccole tradizioni della festa patronale. Qui ho incontrato Bice Ravagli una volontaria che, nell’ambito della Pro Loco, collabora alla realizzazione di questa giornata. “Qui a Spedaletto c’è la tradizione di San Bartolomeo il 24 agosto. Ed il cammino unisce tutte queste chiese legate dallo stesso patrono.” – mi ha ricordato Bice durante la nostra chiacchierata – “La festa di San Bartolomeo nel tempo si è un po’ impoverita perché un tempo, quando ero giovane, il giorno di San Bartolomeo ci si vestiva tutti bene, tutti belli. Era quasi più sentita di Natale e Pasqua. Qui era tutto pieno di bancarelle.  Ora c’è la messa la benedizione dei bimbi… campane suonate a doppio. Il giorno prima di San Bartolomeo ci sono le persone che lavorano insieme a preparare dolci, a fare le corone di pippi che poi ognuno l’abbellisce come vuole. La cosa bella è che è una cosa tutta di Comunità. Nel paese così piccolino è rimasto molto forte questo senso della voglia e del desiderio di fare insieme.”
E proprio su questa “dimensione di comunità” si è soffermata la mia chiacchierata con Bice che ha proseguito dichiarando: “un’altra cosa molto bella è che sulle porte delle case qui non ci sono campanelli. Molto spesso si lasciano le chiavi fuori. Le persone entrano, bussano… chiedono posso entrare? perché sentiamo molto forte la fiducia tra le persone e testardamente con molto impegno cerchiamo di mantenerla e trasmetterla alle persone più giovani. Anche chi arriva da fuori coglie subito questo aspetto di grande naturalezza del paese. Il paese è un po’ una grande famiglia. Io ho vissuto per molti anni a Firenze. Alcuni anni fa sono tornata qui ed ho trovato una solidarietà pazzesca. Quando arrivavo la sera le persone mi portavano da mangiare, mi aiutavano a spalare a neve d’inverno… è proprio una grande famiglia.“
Alla mia interlocutrice ho chiesto anche qualche cosa in merito al Cammino di San Bartolomeo e, in particolare, al suo impatto sul paese. “All’inizio abbiamo trovato molta fatica.” – mi ha confessato Bice – “La prima volta che venne fuori l’idea di questo cammino non fu facile. Qui all’inizio ci si domandava ma che è questo cammino? Per la zona era una novità. Ora invece le persone cominciano ad interessarsi. Non siamo ancora nella fase in cui i pellegrini vengono ospitati nelle case, però inizia ad esserci un forte interesse per il cammino. Da quest’anno c’è Luca con in suo circolo ed è bellissimo. Però fino all’anno scorso, che non c’era niente, io preparavo un po’ di cose lì sotto al gazebo. E poi c’era la gara ad offrire ai pellegrini un caffè, un’aranciata, una fetta di torta…”

 LA DIMENSIONE DI COMUNITA’ COME “VALORE AGGIUNTO”

Lasciando Spedaletto ho riflettuto sulle parole di Bice Ravagli e su quella dimensione di Comunità di cui parlava. Proprio il giorno prima, alla fine della mia terza tappa, Carlo Degl’Innocenti mi aveva già raccontato più o meno le stesse cose. Carlo è un operatore di TVL e gestisce, insieme alla moglie Cinzia Ducci, il Bed & Breakfast Monte Oppio che, tra le altre cose, è anche Punto Accoglienza CAI sul Sentiero 00. Avevo scelto quella soluzione per il pernottamento perché Carlo e Cinzia offrono gratuitamente, ai pellegrini del Cammino di San Bartolomeo, il servizio navetta da e per il loro B&B che, in effetti, è un po’ distante dalle tappe del percorso.
Quando c’è una necessità c’è sempre qualcuno che interviene” – mi ha raccontato Carlo Degl’Innocenti – “qui d’inverno trovi sempre qualcuno per aiutarti se c’è bisogno di spalare la neve. Oppure se a qualcuno serve un aiuto per motivi di salute. Tanto per fare un esempio: il 14 agosto, alla vigilia del giorno festivo, una turista ha bucato. Ci siamo attivati ed abbiamo trovato un gommista che, sebbene l’indomani fosse Ferragosto, è venuto a riparare la gomma. Noi abbiamo un gruppo di amici che si conoscono da oltre 40 anni. In questo gruppo ci sono persone del posto ma anche persone che ora vivono lontano da qui e tornano d’estate. Siamo una comunità su un territorio molto esteso: San Marcello, Gavinana, Maresca, Campo Tizzoro. Ci conosciamo tutti e siamo sempre pronti ad intervenire quando c’è bisogno di un aiuto. Se vai al bar c’è sempre chi fa a gara per pagarti il caffè. Qui ti senti coccolato dentro ad una comunità che, nel suo insieme, si prende cura di tutti. E di questo si accorgono anche le persone che arrivano da fuori”. Carlo è convinto che qui in montagna ci sia un valore aggiunto. “Ho sentito alcuni esperti parlare nei convegni.” – prosegue Degl’Innocenti – ” Dicevano che il problema della montagna è l’isolamento. Ma secondo me non è vero, l’isolamento esiste nelle grandi città, dove magari non conosci nemmeno il vicino di casa. Qui siamo come una grande famiglia allargata dove tutti si conoscono e si aiutano. E anche questo è un valore aggiunto. Qui in montagna si vive meglio perché c’è l’aria pulita, l’acqua pulita… ma si vive meglio anche perché ci sono queste relazioni personali, c’è una comunità che ti accoglie e ti aiuta.

IL TURISMO LENTO PER ME

La conclusione del mio Cammino di San Bartolomeo, con l’arrivo nella “piccola Santiago” appenninica, mi ha suggerito qualche riflessione. Io credo che il modo più bello di apprezzare Pistoia sia quello di farlo con 100 km nelle gambe. Quando arrivi qui, dopo un Cammino come il mio, Pistoia ti appare come un’oasi. La desideri come un miraggio nel deserto. Fin dalla penultima tappa puoi intravvederla tra gli alberi nei boschi. Ed è laggiù, bella e apparentemente irraggiungibile. E tutto questo te la fa apprezzare ancora di più. Ma il mio discorso non riguarda solo la meta, anche le tappe intermedie acquistano un valore diverso quando li attraversi in Cammino.
È un po’ come Pollicino che seminava i sassolini. In Cammino noi lasciamo un pezzettino di cuore in ogni tappa che, da quel momento, acquista un valore unico. Magari ci eri già stato prima in quel posto. Ma quando quel luogo diventa una tappa del tuo Cammino allora acquisisce una sfumatura unica. Mi era già capitato con la Via Francesca della Sambuca. Tanti luoghi che conoscevo già. Ma dopo il cammino, ogni volta che ci ripasso, quei posti ora hanno un fascino diverso. È come se loro avessero lasciato qualcosa in me e io qualcosa in loro. E adesso capiterà anche con il Cammino di San Bartolomeo che ho appena concluso.
Questo è, per me, il senso del fare Turismo Lento.

 

 
 

 

   

 

   

 

 

Fotografie di Andrea Piazza

 


Andrea Piazza

Andrea Piazza nasce a Mantova nel 1974. Vive tra le rive di due fiumi (il Po e il Mincio) ma coltiva, da sempre, l’amore per la montagna. Ha due grandi passioni: il viaggio e la fotografia. Due attività che trovano un perfetto connubio nell’intrigante bellezza delle nostre montagne. Da qualche tempo cura un blog http://www.artedicamminare.it/ nel quale racconta, in modo simpatico e “non convenzionale”, i suoi viaggi sull’Appennino e non solo.