Ambiente  |  maggio 22, 2022

Le città del futuro? Senza mura ma con recinzioni anti fauna selvatica

Il caso eclatante di Roma: invasa da ungulati che calano a branchi in città pensa di erigere protezioni metalliche di difesa. Il problema riguarda però tutto il Paese. Anche Pistoia è esposta a incursioni di cinghiali, cervi, caprioli ed altri animali. Con danni continui alle colture, soprattutto nel settore vivaistico. Tanti gli interventi possibili per frenare il fenomeno: caccia di selezione, sterilizzazione degli ungulati, prelievo venatorio, foraggiamento dissuasivo. Ma la vera soluzione è una gestione più intelligente di colline e montagne

di

Tempo di lettura: circa 4 minuti
Un campo di mais devastato dal passaggio di ungulati

Se Aureliano (III sec d.C.) sapesse quello che succede oggi nella città di Roma sarebbe da una parte fiero di aver trovato suoi valorosi epigoni a distanza di tanti secoli proprio nella città che è stata caput mundi, ma dall’altra proverebbe un certo disagio conoscendone le motivazioni.

Aureliano, infatti, fu l’imperatore romano che fece costruire il secondo e più ampio sistema murario con l’intento di proteggere Roma dall’assalto dei barbari.

La ragione del suo orgoglio sarebbe dunque scoprire che gli attuali amministratori della capitale stanno per costruire, a quanto si dice, un sistema di protezione per respingere altri invasori contemporanei e, d’altra parte, rimarrebbe colpito negativamente dal fatto che questi nuovi barbari non sono altro che ….cinghiali.

E si tratta proprio di un’invasione di ungulati che calano a branchi in città e predano indisturbati i cassonetti della spazzatura e tutto ciò che trovano.

Il problema non è recentissimo, ma giornaloni e tv ne parlano con insistenza a causa della peste suina che, veicolata dai cinghiali, potrebbe colpire allevamenti di suini domestici portando a morte moltissimi capi.

Allora si è pensato di erigere intorno a determinate aree della Città eterna recinzioni metalliche che impediscano a questi animali selvatici di frequentare le strade cittadine e di costituire un pericolo per l’incolumità della cittadinanza.

Non è solo un problema di Roma

Ma la urbanizzazione dei cinghiali non è solo un problema che riguarda Roma; ormai molte altre città italiane si stanno confrontando con questa invasione e in futuro saranno costrette a farlo sempre più se non si porranno dei rimedi seri e ad ampio raggio.

Da quando i cartoni animati hanno introdotto personaggi come Bambi, Lupo Alberto e Pumbaa, il facocero del Re Leone e da quando si è sviluppato un ambientalismo metropolitano assai distante dalla realtà e dagli equilibri ad essa connessi gli animali selvatici sono stati quasi umanizzati e il loro numero è aumentato a dismisura costituendo un pericolo prima per le proprie specie di appartenenza e poi per le varie attività umane.

Intanto è lo stesso sistema naturale che provvede al ridimensionamento di una specie quando la sua popolazione aumenta vertiginosamente e la conferma di ciò sta nell’insorgere di epidemie letali, come, nel caso dei cinghiali, la peste suina.

Inoltre, per parlare di economia, è diventato quasi impossibile coltivare nelle zone collinari e montane e richiede investimenti sproporzionati alla redditività delle aree marginali stesse costruire estese recinzioni a difesa di frutteti, orti e campi.

Anche Pistoia non è estranea al problema

“Se Atene piange, Sparta non ride” diceva un antico proverbio e Pistoia, circondata da colline com’è, è esposta a continue incursioni di cinghiali, cervi, caprioli ed altri animali, anche predatori.

Già da tempo i vivaisti pistoiesi lamentano danni alle colture e protestano per il surplus di investimenti per la difesa delle proprie aziende, ma non è facile tener lontani gli animali selvatici, specialmente quando hanno preso l’abitudine di scendere a valle e nutrirsi con maggiore facilità negli orti e nei campi coltivati.

Per non parlare dei problemi che i selvatici di grossa taglia rappresentano per la viabilità collinare e perfino autostradale; molti non lo sanno, ma quando un cervo adulto attraversa una strada trafficata travolge ogni cosa e a poco servono i cartelli stradali che avvertono della presenza del pericolo ,se non a sollevare l’ente pubblico, che è il proprietario della fauna selvatica, da responsabilità civili e penali.

Quali i rimedi?

Fino ad oggi i sistemi per contenere il numero degli ungulati sono stati a dir poco fallimentari; è servita a poco la caccia di selezione, a nulla la cattura dei capi “urbanizzati” e il loro trasferimento in montagna (come è successo alcuni mesi fa a Pistoia) e nemmeno le recinzioni con reti metalliche di altezza fino a mt. 1,60, perché cervi e caprioli le saltano agevolmente.

Allora c’è chi propone la sterilizzazione di massa degli ungulati, come dice la Cia (Confederazione Italiana Agricoltori), chi invece afferma che questo sia un provvedimento inapplicabile e chi sostiene che ogni anno occorra attuare il prelievo venatorio dell’80% della popolazione di cervi, caprioli e soprattutto cinghiali, come sostiene Piero Genovesi, responsabile coordinamento fauna selvatica dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale); poi c’è chi pensa alla validità del foraggiamento dissuasivo per tenere lontani i selvatici dalle colture; c’è chi opta per repellenti chimici olfattivi, per sistemi acustici e chi per le recinzioni elettriche

Si oscilla, dunque, tra posizioni più morbide ed altre più radicali, ma credo che il problema sia sempre a monte, ed in questo caso l’espressione deve essere intesa in senso proprio, perché la soluzione è legata ad una gestione più intelligente delle aree collinari e montane logorate da un cinquantennio di abbandono ed di incuria. Probabilmente una fitta rete di radure in aree montane e la reintegrazione di piantagioni di querce ghiandifere potrebbe servire ad un maggiore contenimento a monte degli ungulati anche se queste soluzioni dovrebbero essere integrate da una intensificazione dei prelievi venatori, come sostengono gli amministratori di altre Regioni, come il Piemonte.

In sostanza è ormai tempo di metter mano ad un serio e complessivo progetto -montagna di respiro nazionale e ad una radicale revisione degli attuali criteri di gestione delle terre alte che tanto disordine hanno arrecato al patrimonio forestale ed economico-sociale delle nostre terre alte.


Maurizio Ferrari

Maurizio Ferrari, sambucano di origine, ha insegnato Lettere per 38 anni nelle Scuole superiori pistoiesi. Ora è imprenditore agricolo e si sta impegnando nella promozione e nel rilancio del territorio appenninico come Presidente dell'Associazione "Amo la montagna APS" che si è costituita nel 2013 e che ha sede a Castello di Cireglio.Ha collaborato per 25 anni alla rivista "Vita in Campagna", del gruppo "Informatore Agrario". Recentemente ha pubblicato alcune raccolte di racconti ispirati alla vita quotidiana di Sambuca, dal titolo :"Dieci racconti sambucani"; "La mia Sambuga" e "Cuori d'ommeni e di animali", nonché una favola per bambini, "La magìa della valle dimenticata" illustrata dagli alunni della scuola elementare "P.Petrocchi " di CIreglio (Pistoia)