L'arte artigiana  |  gennaio 12, 2022

IL RACCONTO / Il pollaio crudele di Teoforo

A vent'anni la decisione ci costruire un pollaio tutto suo. Con nove galline di varietà diversa e dai nomi strani. La convivenza forzata e la disputa tra “primedonne”. La zuffa finale e la dispersione nei campi e nel bosco. Solo due di loro, dopo qualche giorno, tornarono nei propri nidi e cominciarono a dispensare le loro uova: furono le prime ospiti gradite di un nuovo pollaio

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Abitava poco fuori del paese, lungo una strada antica che conduceva in un luogo antico, dove un tempo tutto era armonioso e dove ora restava solo un delirio di macerie.

Davanti a casa aveva tre grandi querce che producevano ghiande a volontà, grosse e lucenti, col loro berrettino che pareva di lana intrecciata.

Teoforo ne era particolarmente attratto pensando che da un seme così poteva nascere e crescere una pianta fortissima e ramosa, come la vita.

Amava quei semi perché avevano la forma dell’uovo, il mistero supremo di una semplicità arcana, l’essenza microscopica della creazione.

Fin da piccolo aveva vissuto nella sacra ed umile realtà, tra gente umile e votata alla sopravvivenza, parca ma orgogliosa della propria sapienza millenaria. Si aggirava tra i pollai del paese e talvolta gli veniva concesso di andare in qualche nido a prendersi un uovo freschissimo. Con un sassetto aguzzo faceva un forellino sulla sommità e lo beveva, ancora caldo e denso di aromi.

Ma prima di sorseggiarlo lo girava e rigirava in mano e ne era colpito dalla dura morbidità, dalla rotondità angolosa e dall’armonica disarmonia.

Lo aveva eletto a vessillo e sigillo della vita cosmica e delle sue meravigliose contraddizioni.

A vent’anni la decisione di costruire un pollaio

Così, ormai ventenne, decise di costruire un pollaio tutto suo proprio dietro casa, usando tavole e listelli di castagno, una rete di ferro a maglie strettissime per proteggere il piccolo gregge alato da volpi, faine, donnole e poiane e numerosi nidi rivestiti di paglia profumata, perchè le galline che avrebbe acquistato potessero far l’uovo in assoluta comodità e secondo le più stringenti regole dell’ecologia.

Teoforo decise anche di non metterci il gallo: il suo doveva essere un perfetto gineceo, incorrotto e sacro.

L’opera non fu di semplice realizzazione e richiese sei giornate piene di lavoro. La settima fu di riposo.

Il lunedì successivo Teoforo scese al grande mercato avicolo e comprò nove galline, ognuna di varietà diversa dalle altre e dai nomi strani: la Livornese, l’Ermellinata di Rovigo,la Robusta Lionata, e poi la Padovana, la Amrock, la Rhode Island, la New Hamshire, la Moroseta e l’Ovaiola.

Intendeva in tal modo dimostrare a se stesso ed agli altri paesani che l’armonia tra dissimili può essere raggiunta creando un habitat confortevole nel quale ogni individuo potesse esprimere liberamente la propria natura, nel rispetto delle regole democratiche di convivenza civile.

Nove nidi per nove galline

Per nove galline aveva fabbricato nove nidi, affinché ognuna di esse potesse godere di ragionevole privacy e nove diverse mangiatoie con abbeveratoi incorporati per garantire un’igiene assoluta.

Inoltre aveva dotato il pollaio di un impianto di illuminazione ad energia solare con un sistema di raffreddamento in estate e di riscaldamento durante le stagioni fredde ed umide.

Non so quante volte gli anziani del paese l’avevano preso in giro vedendo la cura che Teoforo dedicava alla costruzione di quell’apparato.

Rimide gli diceva: “Ma al che te fa’, ‘na villa?” e Placido, tutte le volte che passava per di lì, scuoteva la testa e borbottava tra sé frasi smozzicate che terminavano tutte con il solito assunto.”Lu lì l’è un mamalucco!”, pronunciato a voce più alta.

Teoforo non ascoltava, anzi l’eco lontano dei borbottii paesani lo confermava sempre più nei suoi convincimenti.

L’apparente sobria convivenza

Mentre tornava a casa con la stia colma di galline si meravigliò di quanto fossero disponibili ad una sobria convivenza: erano rincattucciate, strette strette una all’altra, si guardavano con affabilità e nemmeno protestavano per i continui sballottamenti che il piccolo gregge subiva nel trasporto.

La stia era pesante e Teoforo si doveva riposare spesso su per la salita che conduceva al suo piccolo borgo natio.

Ma quello era un giusto prezzo da pagare per confermare a se stesso e a tutto il mondo la bontà della Comune democratica.

Già da un po’ pregustava il momento di aprire la porta del pollaio e liberarvi finalmente le sue amiche alate.

Infine quel momento arrivò e le galline si ritrovarono libere nella lussuosa villa, come diceva la Rimide.

Prima iniziarono a guardarsi intorno stranite, poi tentarono ogni angolo della loro agiata residenza, muovendo il collo nervosamente e croccolando commenti che a Teoforo parvero di pace e soddisfazione.

Ognuna prese possesso ordinatamente della propria posta e cominciarono tutte a beccare con appetito, quasi che il viaggio fosse stata una parentesi divertente.

L’agape fraterna stava diventando realtà.

La notte scorse tranquilla

La notte trascorse tranquilla; ogni gallina aveva preso sonno sul posatoio soprastante il proprio nido e quando il nuovo giorno tinse d’oro le gobbe dei monti e risvegliò la vita, anche le galline balzarono giù e cominciarono prima a stiracchiarsi, poi a spidocchiarsi e a fissarsi con uno strano bagliore negli sguardi e infine a guardarsi in tralice con aria di sfida..

La Robusta Lionata prese la parola per prima: ”Qui nessuna di noi ha scelto le altre, perciò occorre individuare priorità e subalternità, perché è così che va il mondo. Le leggi della grande economia sono chiare: il più grosso ha la meglio sul più piccolo ed il mio nome non lascia spazio a dubbi su chi debba comandare”.

L’Ermellinata di Rovigo si sentì ferita da quelle parole e rispose a tono: ”Si direbbe che la Storia non ti abbia insegnato nulla; ormai siamo nel 2022 e già da molti secoli il Diritto ha governato la vita dei popoli più progrediti. Dobbiamo stabilire i doveri e soprattutto i diritti, redigendo una Carta costituzionale, un Codice civile e uno penale, nonché leggi complementari e regolamenti affinché cessino le prevaricazioni e si affermino le norme con tutte le garanzie del caso”.

A questo punto si levò la voce della Amrock: “Il discorso è presto concluso; quella che è stata pagata di più sui banchi del mercato avicolo, sarà lei a dettare legge, perché è il commercio l’anima del mondo. La mia è una razza ricercatissima che viene da lontano ed è stata selezionata a lungo per depurarla da tutte le scorie plebee. Per questo costiamo più delle altre galline”.

Gli animi si stavano scaldando sempre più e becchi, bargigli e ali fremevano preparandosi al peggio.

Alla Padovana non andò giù quello che aveva udito: “Non voglio chiamarvi sorelle, anche se abbiamo qualcosa in comune, anzi mi preme ricordarvi che è solo la cultura che determina il progresso e corrobora le civiltà. La fucina del sapere sono le Università, le biblioteche, i libri sui quali si vergano i saperi e le sorti del mondo. Solo chi viene, come me, da una prestigiosa città universitaria sa ordire con sapienza le sorti di una comunità eterogenea e sociologicamente evoluta”.

Allora la Bianca di Saluzzo mosse il becco nervosamente: “Care colleghe, la via della convivenza è un’altra e consiste nella concertazione, nel compromesso tra istanze e posizioni ideologiche e socioeconomiche diverse, sta nella volontà di individuare convergenze parallele, equilibri più avanzati che consentano di adire ad elezioni politiche, maturate dopo assemblee anche animate in cui si affermino mozioni d’ordine dirimenti e universali, nelle quali prevalga il senso di responsabilità e si affermi il sentimento del bene comune dei cittadini e della patria tutta”.

La Rhode Island alzò fremente la voce: ”Finora ho ascoltato solo frasi stupide e lontane dalla realtà quotidiana, parole vuote, fiati sconclusionati usciti dal vostro cavo oro-faringeo e dispersi vanamente nell’etere. Una convivenza, seppur forzata, abbisogna innanzi tutto di ferree regole sanitarie comuni; ad esempio, chi di voi è vaccinata contro la pseudopeste aviaria, contro il morbo di Marek, la difterite, la psittacosi, il colera aviale, la coccidiosi e tutte le altre patologie? Io ho fatto la prima, la seconda, la terza dose ed il richiamo di tutti i vaccini e posso con orgoglio affermare che le ho fatte per me, ma anche per voi, perché è il rispetto delle reciproche condizioni di salute l’imperativo categorico che deve sopraintendere ad ogni pollaio che si rispetti. Quindi avete capito chi deve avere la priorità nelle decisioni comuni!”.

Le uniche che avevano assistito in silenzio a queste dispute colte tra primedonne erano la Livornese e l’Ovaiola, che non avevano capito niente di tutti quei paroloni spesi dalle altre.

Guardavano allibite perché ogni intervento sembrava loro quello più appropriato, salvo approvare ancor di più quello seguente e così via , fino all’ultimo che sottolineava la priorità dell’ideologia sanitaria. Infine decisero di tornarsene ai propri nidi aspettando l’evolversi degli eventi.

L’inizio dei contrasti

Intanto le ore passavano e le voci sibilavano, crescendo di tono e di sostanza.

Approfittando di un attimo di silenzio la Lionata riprese a sentenziare: ”Bene; allora formiamo una Società di Comodo, dato che il pollaio si configura come esercizio comune di un’attività economica, anche se di fatto non esercita nessuna attività economica, perché si limita al mero godimento dei beni che costituiscono il patrimonio della Società stessa. Quindi, come recita l’articolo 2248 del Codice Civile, la nostra è una comunione volontaria nonostante la qualificazione nominale del contratto come Società: di fatto godremmo solo dei vantaggi offerti dal regime giuridico cui saremmo assoggettate”.

“Tu citi il Codice Civile – disse allora l’Ermellinata – ma che ne sai davvero! La tua soluzione parla solo di godimento di vantaggi, senza pensare alle implicazioni; ma sappi che le ragioni economiche devono essere sempre subordinate a quelle giuridiche. In primis ius, dicevano i Romani. Ogni controversia è disciplinata da un giudice naturale ed ogni arbitrio viene punito in sede civile o penale, anche se il reo è dichiarato tale solo dopo tre gradi di giudizio. Pertanto non è nelle tue facoltà imporre un tipo od un altro di Società se gli altri contraenti non sono sufficientemente informati in sede legale del ventaglio di ipotesi societaria che gli si prospetta”.

“Come al solito voi menate il can per l’aia-intervenne la Amrock -. Due più due fanno sempre quattro. Noi dobbiamo pensare esclusivamente al reddito, al profitto ricavato dalla vendita delle nostre uova: solo quando avremo fatto un businnes plan e potremmo contare su un solido plafond di denaro, solo allora potremmo decidere le regole comuni. Ricordate,il mercato è l’unico primum movens, con le sue leggi di competitività e di concorrenza. Il resto vale zero”.

“Suvvia – disse la Padovana – anche il mercato è il frutto di un contesto socio-culturale, di una temperie sincronica e vieppiù diacronica. Volete paragonare le leggi del mercato che vigevano durante la florida età comunale del secolo XIII con le logiche attuali della globalizzazione”.

“Colleghe – saltò su la Bianca di Saluzzo – noto che l’emiciclo si sta surriscaldando e che gli scranni ribollono della vostra conflittualità, che peraltro mi pare positiva e propositiva. Purtuttavia vi invito a incanalare questa vostra vis polemica su binari di sostanza e di conclusività. Dunque, non che io aspiri per me stessa ad una poltrona, ma ritengo necessario procedere all’individuazione democratica di cariche elettive, di modo che sulle elette ricada non tanto il potere, quanto il gravame di decisioni che abbiano un respiro sociale e non creino alcun vulnus ai diritti delle altre”.

“Ma scherziamo?- urlò la Rhode Island- Questi ragionamenti mostrano che siete tutte fuori di testa. Il sistema sanitario nazionale dei pennuti non può uniformarsi alle direttive di cervelli come i vostri, evidentemente in preda a patologie invalidanti. O state vivendo in un mondo virtuale e parallelo a l nostro oppure siete dedite all’uso di sostanze stupefacenti. Anzi, propongo che da oggi stesso abbia diritto alla parola solo chi si è preventivamente sottoposto a test anti droga ed anti alcool”.

La zuffa finale

Queste parole scatenarono un putiferio. Le galline si accrocchiarono al centro del pollaio e cominciarono a beccarsi furiosamente, mostrando la loro natura più bestiale.

Volarono piume dappertutto, le zampe artigliate mulinavano colpi alla rinfusa, finché si levarono stridii di rabbia e di dolore che richiamarono gente.

Intanto la Moroseta, che fino a quel momento era stata in disparte, come l’Ovaiola e la Livornese, balzò sul posatoio più alto e cominciò a sgambettare e a muovere le anche sinuosamente, accompagnando i movimenti con canti d’amore e declamazioni di testi poetici che intendevano affermare il primato indiscusso dell’arte e dello spettacolo.

Rimide e Placido intanto erano corsi a chiamare Teoforo, il quale era salito nel bosco a far legna per il fuoco. Egli, giunto al cancello del pollaio, diventò prima di marmo, poi il flusso sanguigno gli risalì tutto insieme al cervello, come una vampata di fuoco. L’ira si sommò alla frustrazione; entrò nel pollaio, dipanò quel crocchio crudele e a calci e a sberle cacciò fuori le galline che, pur in fuga multidirezionale, continuavano ad insultarsi e ad inveire tutte contro tutte. Infine si dispersero nei campi e nel bosco. Delle superbe e delle più loquaci nessuno seppe più nulla; solo la Livornese e l’Ovaiola, dopo qualche giorno, tornarono nei propri nidi e cominciarono a dispensare a Teoforo le loro uova: bianche candide, quelle della Livornese, e color marroncino dorato, quelle dell’Ovaiola.

Quelle due furono le prime ospiti gradite di un nuovo pollaio, che Teoforo sperò più umile e saggio di una sapienza antica.


Maurizio Ferrari

Maurizio Ferrari, sambucano di origine, ha insegnato Lettere per 38 anni nelle Scuole superiori pistoiesi. Ora è imprenditore agricolo e si sta impegnando nella promozione e nel rilancio del territorio appenninico come Presidente dell'Associazione "Amo la montagna APS" che si è costituita nel 2013 e che ha sede a Castello di Cireglio.Ha collaborato per 25 anni alla rivista "Vita in Campagna", del gruppo "Informatore Agrario". Recentemente ha pubblicato alcune raccolte di racconti ispirati alla vita quotidiana di Sambuca, dal titolo :"Dieci racconti sambucani"; "La mia Sambuga" e "Cuori d'ommeni e di animali", nonché una favola per bambini, "La magìa della valle dimenticata" illustrata dagli alunni della scuola elementare "P.Petrocchi " di CIreglio (Pistoia)