Ci sono parole che hanno una paternità ed una data di nascita. Sono le cosiddette “Parole d’autore”. Ne “Il mio paese”, Policarpo Petrocchi, iniziando la descrizione di Castello di Cireglio, parla testualmente di “clima castagnoso”.
Considerato che ogni termine letterario, e non, ha un significato personalissimo, indefinibile, con tanti risvolti intimi che ogni autore gli attribuisce, chi tenta di interpretarne il senso più profondo non può che arrancare, alla ricerca di quell’originaria intimità semantica ed emotiva.
Questo vale anche per l’aggettivo “castagnoso” che, prima dell’uso petrocchiano, non compariva in alcun dizionario.
A prima vista “castagnoso” parrebbe voler dire “popolato di piante di castagno”; ma questa è un’interpretazione superficiale. In realtà l’aria castagnosa coinvolge tutti e cinque i sensi naturali e di conseguenza il “Clima castagnoso” è nel contempo fresco, forte, tenace e dolce, profumato policromo con le sue varie sfumature stagionali,, ispido e nel contempo tenue, come i cardi e le foglie del castagno, e infine è armonioso.
Passeggiare in un castagneto all’alba è un turbinio di sensazioni e di emozioni, è tutto un passato che si disvela con i canti dei coglitori nelle selvi, le atmofere sfumate dentro i metati, il sapore della polenta dolce e dei necci ancora caldi, è il suggello di appartenenza ad una terra con le sue terribili leggi.
Insomma il castagneto è un microcosmo in cui presente e passato si fondono e castagnosi diventano un’identità, una natura ed un destino.
Questo, forse voleva dire il Petrocchi, che non a caso, in un passo successivo dello stesso romanzo dice che nel suo paese la vita era “Un respirar dolce” perché il clima castagnoso è anche questo: un respiro ed una ragione di vita.