”Pan di legno e vin di nuvole”, cioè castagne ed acqua; ecco due degli alimenti fondamentali nella dieta dei nostri avi montanini.
Necci, frittelle, manufatoli, castagnacci e polenda dolce hanno sfamato tante generazioni di Montagna e persino lo svezzamento era a base di farina di castagne: si chiamava biasciotto il neccio biasciato da mamme e nonne e poi dato ai bambini più piccoli, mentre successivamente si passava al nenne, che era un piccolo pezzo di neccio.
Oggi, delle selvi (come le chiamavano allora) lasciateci in eredità dai nostri nonni, sono spesso rimasti intrichi di vegetazione infestante e con esse si va perdendo un patrimonio culturale, ma anche etico-morale, che avrebbe dovuto far parte delle nostre radici.
Anche dal punto di vista economico ne abbiamo ricavato solo un danno, dato che negli ultimi 50 anni da esportatori siamo diventati forti importatori ( per il 60% del nostro fabbisogno nazionale) di castagne e di farina dolce, peraltro di qualità molto scadente.
Far rivivere i nostri castagneti
Sarebbe saggio, dunque, tornare a far rivivere i castagneti, anche con il forte sostegno di interventi pubblici, perché la farina dolce è assai richiesta dal mercato e il suo costo attualmente spunta prezzi interessanti, cosicché la coltivazione del castagno potrebbe diventare fonte integrativa di reddito.
Tuttavia ricondurre a produzione un castagneto abbandonato da decine di anni non è sempre facile, perché molte piante sono ormai secche e quelle sopravvissute sono “scappate” in altezza, avrebbero bisogno di potature energiche, che sono per di più molto costose. Nei nostri boschi, inoltre, si sono moltiplicate le palaie che contengono piante di castagno inselvatichite e usate prevalentemente per paleria.
Per riportare a coltura queste ultime occorrerebbe una grande opera di reinnesto. Ma innestare un castagno non è cosa facile, ci vogliono degli specialisti e per di più con grande esperienza.
Un’azienda vivaistica che produce castagni locali
Sopra, a sinistra, Saverio Biagini e, a destra, una “Rossolina”. Sotto una “Pastinese” (a sinistra), una “Carrarese” e una foto generica dell’azienda
Allora la maniera più semplice è fare nuovi impianti o sostituire le piante ormai secche con piantine innestate e già pronte per la piantumazione.
C’è un’azienda vivaistica pistoiese, Piante Biagini Saverio di Biagini Leonardo, che produce piante di castagno di varietà locali, che vengono innestate su portinnesti franchi, ricavati cioè dalla germinazione di castagne dei nostri boschi, per non ripetere il grave danno procurato negli ultimi anni dai portinnesti cino-giapponesi.
“Le varietà che noi innestiamo, sono assolutamente nostrane e certificate – ci dice Saverio Biagini -, abbiamo puntato, come azienda ormai di terza generazione, sulla riproduzione di alcune varietà che sono più comuni nei nostri boschi, come la carrarese,la carpinese, la pastinese e la rossolina, comune nella zona di San Marcello. Per quanto riguarda i marroni disponiamo di due varietà: il marrone di Marradi e il Caprese Michelangelo. Ci rende orgogliosi della nostra scelta il fatto che negli ultimi anni torna a crescere la richiesta di piante di castagno e che la gente ha capito che le varietà antiche e acclimatate al nostro habitat sono le più resistenti”.
Le caratteristiche di queste varietà
La carrarese e la carpinese, molto simili e spesso confuse, sono le più comuni sulla nostra Montagna, così come il marrone di Marradi; qualche notizia in più meritano altre varietà, che coltiva l’azienda Biagini Piante.
Il Marrone Caprese Michelangelo è chiamato così perché proviene dal borgo di Caprese (Arezzo) e prende il nome dal suo cittadino più illustre, Michelangelo Buonarroti. Il frutto ha una pezzatura medio grande ed ha una colorazione avana; di consistenza dura e di sapore molto dolce è adatto per fare ballotti, frugiate e scerboloni, ma è ottimo anche glassato.
La varietà Pastinese, abbastanza diffusa quassù da noi, ma anche in Romagna, produce frutti di forma ovoidale ed è di colore marrone scuro. Una sua caratteristica è la grande capacità di allegagione. La farina è ottima e di grande conservabilità.
Infine la Rossolina. E’ chiamata così per la buccia color rossiccio ed ha una forma rotondeggiante. Di questa varietà Saverio Biagini ci dice con orgoglio: “Ho deciso di riprodurla perché anch’essa fa parte della nostra tradizione di montagna e poi perché non teme l’attacco del cinipide del castagno, in quanto le foglie sono molto dure e l’insetto fa fatica a bucarle per depositarvi le uova. La farina ricavata da questa varietà è più scura, ma è altrettanto dolce e gustosa”.
Aggiungo che a noi gente di montagna deve fare particolare piacere il fatto che qualcuno perpetui con grande passione la tradizione del castagno, una pianta che ha sfamato tutti i nostri avi e che ne è stato l’orgoglio per secoli.
Info sull’azienda
Per i contatti con l’azienda rivolgersi a: Piante Biagini Saverio, di Biagini Leonardo, Via Prov. Lucchese 454, Pistoia; Vivaio: Via Pieve a Celle 50/N, Pistoia.
Cell:
3683046186
3396900430.