Come un fiume carsico, sordo e inesorabile, scorre tra subconscio e inconscio anche dell’homo tecnologicus un timore che lima la certezza arrogante del futuro. E non è solo colpa, questa volta, del Coronavirus; è un qualcosa che l’umanità ha covato da tempo immemorabile: la paura della fine del mondo.
Questo timore non è solo legato alla letteratura apocalittica cristiana, che ha come testo fondamentale l’Apocalisse di Giovanni, ma è proprio anche di altre culture antiche e moderne.
Ogni secolo e ogni latitudine hanno conosciuto molti profeti, maghi, scienziati e religiosi che hanno previsto la fine del mondo in date che mai si sono rivelate fededegne: tra gli esempi più noti si possono ricordare, tra l’altro, Gioacchino da Fiore (X secolo), Nostradamus (XV secolo) e i Maya, per i quali un evento distruttivo a livello planetario avrebbe dovuto verificarsi nel Dicembre del 2012.
Previsioni catastrofiche anche nel XX secolo
Nemmeno il razionalissimo XX secolo è stato estraneo a previsioni catastrofiche da parte di appartenenti a fondamentalismi religiosi, specialmente negli Stati Uniti d’America; e che questo timore profondissimo serpeggi anche oggi lo testimoniano la letteratura e la Cinematografia internazionale che sfornano romanzi, saggi e film a sfondo escatologico nei quali c’è solo l’imbarazzo della scelta sulle cause che possano produrre una distruzione di massa, che di volta in volta sono ascritte ad eventi astrofisici, a guerre distruttive, ad alluvioni planetarie, a terremoti ecc.
La voce di un’altra “religione”
Com’è noto il Mille fu tragicamente avvertito dalla gente del tempo come l’anno della fine del mondo e in quell’anno il panico si diffuse ovunque nella cristianità occidentale.
Si può pensare, come sostiene una certa storiografia, che ciò sia stato il prodotto dell’oscurantismo clericale medievale, di un’età di maghi, di streghe e di falsi profeti e che l’idea della fine del mondo sia stata divulgata allora solo da alcune fonti religiose. Ma se tutto questo risponde al vero, se quella è stata una fase buia dell’Occidente, perché anche oggi, nell’età più laica della storia dell’umanità, serpeggia questo sentire angosciante, presago di esiti catastrofici? Appartiene al DNA del genere umano, quest’idea della inesorabile fine di tutto? Si tratta di una semplice riproposizione di paure ataviche o della fine di cicli culturali e civili? O che altro?
Se la scienza si fa religione
Fatto sta che i semi di questa sottilissima angoscia oggi vengono sparsi a piene mani da un altro Verbo, da un altro pulpito, da Sacerdoti di un’altra Religione, con liturgie e paramenti propri, da una nuova Chiesa: La Scienza.
Essa, nelle sue varie articolazioni, diffonde teorie, vere o presunte, sul collasso degli ecosistemi, sul tramonto della civiltà umana causato dalla ribellione della natura che non tollera più la presenza dell’uomo oppure su varianti astronomiche, politico-economiche, demografiche, epidemiologiche, vulcanologiche ecc. che darebbero i giorni contati alla vita sul nostro pianeta. Insomma, minacce ovunque e provenienti da ogni direzione.
In realtà c’è un’unica certezza
In questo clima catastrofistico in realtà c’è un’unica certezza : la fine del mondo è più comune e più prossima di quanto si creda, perché ogni individuo ed ogni generazione assiste alla fine del mondo, almeno del proprio mondo, e il tramonto di un’epoca avviene inesorabilmente, anche quando si rimuove l’idea della morte o ci si aggrappa, come si fa oggi, a falsi miti o a panacee scientifiche o tecnologiche che ci fanno credere di essere padroni indiscussi della vita e del Creato.
Non resta che ancorarci, noi che ci professiamo cristiani, alla verità evangelica, secondo cui nessuno sa quando sarà la fine di tutto, solo il Padre la potrà stabilire.