Sambuca, La ricerca  |  marzo 10, 2019

UN PAESE ALLA VOLTA / I sette ponti di Taviano

Nel Medioevo c'era Vico Miracula, luogo di battaglie tra pistoiesi e bolognesi. Il suo sviluppo risale alla metà dell'800, grazie alla Via Leopolda, la strada statale 64. Nel passato recente un ruolo da rinomata località turistica. I rioni e l'orgoglio dell'appartenenza. A Taviano nacque uno dei più illustri filologi italiani del '900, Michele Barbi, studioso dell'opera di Dante Alighieri. Il sonetto dedicato al suo piccolo borgo natìo

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TAVIANO (SAMBUCA) – Il viandante che nel Medioevo fosse sceso dalla Sambuca verso la valle della Limentra occidentale avrebbe incontrato con ogni probabilità il Vico Miracula, luogo di battaglie tra pistoiesi e bolognesi e sede di un molino di proprietà della comunità locale, come attesta un documento del 1085.

Oggi il molino non c’è più e ne resta solo un grande edificio adibito ad abitazione, ma fino a 50 anni fa esso era ancora funzionante e Ferruccio Giagnoni ne è stato l’ultimo mugnaio. Non resta traccia nemmeno di Miracula, sostituito da Taviano, nome di un picccolo paese al centro di un crocevia di strade antiche e caratterizzato da un fraseggio di ponti: ce ne sono sette, più o meno recenti, di cui cinque scavalcano la Limentra e due il fosso di Tavian Vecchio.

Le glorie di un passato recente

Un tempo oscurato dalla fama di due paesi storicamente ben più significativi, Sambuca e Pavana, Taviano ha conosciuto un’importanza sempre maggiore a partire dalla metà dell’800, quando cominciò a risentire dei benefici apportati dalla Via Leopolda, l’attuale S.S n° 64, inaugurata nel 1847 e soprattutto dal momento in cui il paese è diventato sede del Municipio, nel 1934.

Da allora si è proposto come centro di riferimento amministrativo per le vallate delle tre Limentre. Oltre alla sede comunale, Taviano ospitava il Comando della Stazione dei Carabinieri, L’Ufficio postale,un Ambulatorio sanitario, il Medico condotto, una Scuola elementare…

Rinomata località turistica

Era inoltre una rinomata località turistica, di cui oggi resta solo un malinconico cartello situato all’ingresso settentrionale del paese. I numerosi villeggianti ne gradivano l’aria, l’acqua e la tranquillità; inoltre, essendo il paese posto proprio al centro di un sistema di strade antiche, i più volenterosi di essi potevano raggiungere a piedi, lungo mulattiere manutenute a regola d’arte, i borghi circostanti: verso il Convento e la Sambuga e più in là verso Casale e Posola o verso Bubbiana, Casa Sedoni o Casa Bettini e, nel versante opposto, in direzione di Ca’ di Neca, Serra di Bocchio oppure alla volta di Falabuia, Caviana, Casa Sarti e via dicendo.

Tutti borghi la cui esistenza è attestata già nei manoscritti medievali e che oggi sono per lo più disabitati o addirittura ridotti a macerie.

A Taviano i villeggianti trovavano ospitalità presso le abitazioni dei residenti, i quali mettevano a disposizione stanze e cucine e, in qualche caso, realizzavano piccoli ristoranti stagionali, come quello della Tosca, al Molino, che poteva ospitare una ventina di avventori, ai quali non era consentito lasciare la tavola senza prima aver assaggiato gli spumini della casa.

Qualche ospite era appassionato di pesca e allora lo vedevi con la canna in mano a insidiare trote, barbi e lasche nelle acque cristalline della Limentra, oppure recarsi a piedi a pescar tinche o cavedani al bacino artificiale di Pavana.

Un turismo stagionale vivace e affezionato, unitamente ad un bel numero di residenti, permetteva l’esistenza di tre botteghe di generi alimentari, due macellerie,un appalto, un bar ed una sala da ballo. Insomma era una microeconomia che rendeva vivo il paese, anche se non mancavano opinioni contrarie.

Borra,“il muratore che leticava col cemento”, uomo d’animo simpaticamente ribelle, diceva sempre : “An ve’ di’ ch’a Taviane a se sta ben, se no i’ vegnane in troppi!!!”.

I rioni

Come ogni centro che si rispetti, anche Taviano ha i propri rioni a cui ancor oggi i pochi abitanti sono orgogliosi di appartenere.

All’ingresso meridionale del paese c’è Pian dell’Opera,un gruppetto di case edificate su un ripiano rialzato, che in dialetto si chiamava Pra’ d’l’Ovra, a testimonianza , nella notte dei tempi, di una qualche attività artigianale.

Proseguendo , un po’ appartati rispetto alla Statale 64, si incontra La Piazzetta , sulla quale è posto un oratorio del 1700, il Molino, situato sulla riva sinistra della Limentra, ai piedi della mulattiera che porta alla Sambuga e, sulla riva destra del torrente, L’Albergo, che porta il nome da un antico albergo dotato di stazione di posta, la cui esistenza è testimoniata già nel 1500.

Poi, seguendo la Statale,di fronte al grande palazzo del Comune, c’è La Dogana, subito all’inizio della strada che conduce a Badi. Era, questa, una delle dogane granducali, collocate in questo storico e conteso territorio di confine tra la Toscana e l’Emilia.

Più avanti, sempre in direzione Badi-Suviana, si incontra Tavian Vecchio, da molti ritenuta la parte più antica del paese. Qui, in una casa modesta è nato uno dei più illustri filologi italiani del ‘900, Michele Barbi, che ha dedicato gran parte della vita allo studio dell’opera di Dante Alighieri. Ed ha sempre del miracoloso constatare come da luoghi appartati, completamente estranei ai flussi culturali, e da gente umile possano scaturire menti così limpide e geniali!

Un sonetto dedicato al suo piccolo borgo natìo

Non molto tempo fa è stata ritrovata e pubblicata una poesia che voglio far conoscere a chi ancora non l’ha letta. Si tratta di un sonetto che il Barbi ha composto quando in estate ritornava alla quiete di Taviano, dopo gli impegni letterari e accademici. Vi si cantano i due più intensi affetti della vita di quest’uomo solitario e schivo: il suo piccolo borgo natìo e l’opera di Dante.

 

“Dal turbin della vita e da la guerra

Che combatte ogni dì il mio cor invano

Vengo per pace a te, dolce Taviano,

Che perla se’ de la natal mia terra.

 

In valle angusta breve ciel mi serra,

incombe il poggio, e scarso al fiume è il piano;

ma libera la mente va lontano

e fra i ricordi s’abbandona ed erra.

 

Ahi come breve fu la gioia, e forte

l’ansia del cor segreta!Or verso sera

vedo splendere il sol, ma per altrui.

 

Dante a conforto mi serbò la sorte,

ma sorge turpe gente e barattieri

a far crudele strazio anche di lui”.

 

Taviano non poteva avere un’epigrafe più illustre.

 

LA GALLERIA FOTOGRAFICA

(cliccare sulle immagini per ingrandirle)

Il paese

 

 

   

La gente

  

 

Foto serie, semiserie  e stravaganti di Taviano e della sua gente

 


Maurizio Ferrari

Maurizio Ferrari, sambucano di origine, ha insegnato Lettere per 38 anni nelle Scuole superiori pistoiesi. Ora è imprenditore agricolo e si sta impegnando nella promozione e nel rilancio del territorio appenninico come Presidente dell'Associazione "Amo la montagna APS" che si è costituita nel 2013 e che ha sede a Castello di Cireglio.Ha collaborato per 25 anni alla rivista "Vita in Campagna", del gruppo "Informatore Agrario". Recentemente ha pubblicato alcune raccolte di racconti ispirati alla vita quotidiana di Sambuca, dal titolo :"Dieci racconti sambucani"; "La mia Sambuga" e "Cuori d'ommeni e di animali", nonché una favola per bambini, "La magìa della valle dimenticata" illustrata dagli alunni della scuola elementare "P.Petrocchi " di CIreglio (Pistoia)