Ogni suggerimento propositivo per arginare il fenomeno del dissesto idrogeologico è ben accetto, tanto più se è basato sul concetto di “rete”, di interazione tra pubblico e privato. La montagna si sta spopolando e lo spopolamento riduce anche il presidio del territorio. Non sembra che agli enti pubblici, a qualsiasi livello, interessi la cultura della prevenzione, anzi pare che ormai si siano adeguati a gestire le emergenze durante le quali vengono spese valanghe di soldi pubblici, che avrebbero potuto essere impiegati altrove. Del resto la nostra montagna è stata trasformata in parco di divertimenti per i cittadini (caccia, funghi, mirtilli ecc.) e contemporaneamente in museo delle cere per i residenti. Nessun intervento è concesso, il burocretinismo dilaga e chi vuol fabbricare anche una tettoia per la legna è paragonato ad un palazzinaro romano e verbalizzato senza pietà : il montanaro è diventato l’unica specie non protetta in montagna!!!
Noi della “Voce” auspichiamo che interventi come quello del nostro lettore, che per il suo scritto suggerisce di utilizzare l’espressione “Piano Fanfani aggiornato”, contribuiscano a smuovere le coscienze e le scrivanie dei burocrati, dei politici e degli amministratori.
Dissesto idrogeologico. La mia proposta
Con frequenza quasi settimanale, in Italia ma non solo, si assiste al verificarsi di danni a cose e persone come conseguenza di eventi meteorici. I danni più o meno gravi sono anche il risultato di come il nostro territorio viene mal utilizzato e da qui bisogna ripartire.
Bisogna organizzare un piano, straordinario in un primo momento, che diventerà ordinario con il passare degli anni; sotto-indicato per la regione Toscana, replicabile in tutte le regioni italiane.
Ciascun comune della regione, diviso per fascia di abitanti, organizzerà da un minimo di una squadra di 10 persone per il comune più piccolo a 5 squadre di 10 persone per il comune più grande.
La composizione delle “squadre”
La composizione di ciascuna squadra sarà di un esperto (titoli e/o pratica). Ad esempio: imprenditore agricolo, 5 cittadini italiani presi dagli elenchi degli uffici del lavoro, 4 immigrati presi dagli elenchi predisposti dagli uffici del lavoro. A tutti sarà dato un salario, indicativamente 1200 euro nette al capo-squadra, 600 euro ciascuno per gli altri. Non sarà lavoro a tempo indeterminato ma tipo rete d’impresa tra singoli lavoratori, sottoposta a valutazione semestrale.
Come e dove dovrebbero operare
La linea di gestione-comando dovrà essere questa: Regione Toscana (assessore e dirigente del settore) comune (assessore, dirigente del settore, capo-squadra), sia le risorse finanziarie che le indicazioni operative dovranno seguire questa linea verticale.
Ciascuna squadra con ampia autonomia operativa dovrà lavorare; negli alvei dei torrenti (ripuliture e ripristino delle briglie, togliere alberi e tronchi, piccoli consolidamenti degli argini, ecc); nelle strade vicinali e similari (ripulitura e piccola manutenzione); nelle aree pubbliche e private( previa autorizzazione) degradate; per regimazione acque, rimboschimenti, ecc.
Alle squadre saranno fornite attrezzature minimali, per macchinari e attrezzature più complesse saranno fatte convenzioni con il pubblico o con il privato da parte del capo-squadra (la vigilanza sarà a cura del dirigente comunale).
Il finanziamento a ciascuna squadra deriverà da un fondo regionale (dalla fiscalità generale), dalle risorse per l’integrazione, dalla vendita del materiale di recupero.
Serve una nuova legge
Mi rendo conto che dovranno essere fatte delle modifiche alle leggi esistenti, meglio una nuova legge, cambiare un certo modo di pensare e di fare; tutto questo sarà poca cosa rispetto ai tempi lunghi che le piccole manutenzioni, indispensabili in collina e montagna, richiedono; per apportare i benefici alla salvaguardia del nostro territorio.
Andrea Andreotti
responsabile Centro Autorizzato di Assistenza Agricola