Il problema viene da lontano. Sono ormai diversi anni che alcune associazioni di categoria del commercio vedono di mal occhio la distribuzione di cibi e bevande all’interno di circoli culturali, nelle sagre o feste paesane, dietro un compenso specifico, con la motivazione che questa pratica costituirebbe una sorta di concorrenza sleale.
L’Ordinanza della Cassazione
Ora, anche dietro quella spinta, è intervenuta la Sezione tributaria della Corte di Cassazione che, nell’Ordinanza del 13 Giugno 2018 n° 15475, ha sancito quanto segue : “L’attività di bar con somministrazione di bevande verso pagamento di corrispettivi specifici svolta da un circolo culturale, anche se effettuata ai propri associati, non rientra in alcun modo tra le finalità istituzionali del circolo e deve ritenersi, ai fini del trattamento tributario, attività di natura commerciale”. Quindi sottoposta a tasse.
Il caso specifico
Il caso a cui si ispira l’ordinanza è quello di un circolo ASL di Pesaro che esercitava l’attività di bar per i propri associati e a cui l’Agenzia delle Entrate aveva contestato nel 2003 la natura di “ente commerciale”. Dopo 15 anni (tempi italici !) e dopo ricorsi e contro ricorsi si è arrivati a questa ordinanza, condivisa appieno da Confcommercio, che ne ha lodato i contenuti e ne ha caldeggiato l’applicazione.
Un precedente “rischioso”?
Per carità, rispetto assoluto per le ordinanze della Cassazione, ma una nota a margine deve pur esser fatta su questo “precedente” pieno di incognite. Se l’ ordinanza venisse applicata in senso estensivo e ovunque, potrebbe costituire un “precedente” rischioso per associazioni di volontariato, proloco e simili che si prodigano senza alcun compenso per dar vita ai propri territori di competenza, spesso situati in aree disagiate e a rischio serio di spopolamento, e che su questi territori reinvestono i magri utili ricavati da feste, sagre ed eventi di vario genere.
Una “guerra “ all’arma bianca
Da un paio di decenni il clima sociale in Italia, si è talmente incattivito che siamo entrati in una vera e propria “guerra” quotidiana all’arma bianca in nome di vere o presunte rivendicazioni economiche, non solo di alcune categorie nei confronti di altre, ma all’interno delle stesse categorie, in cui proliferano correnti e “spifferi “ di ogni genere. E’ la legge spietata del mercato?
E una guerra fra poveri
Mah! Sembra piuttosto una guerra tra poveri per spartirsi clienti, investitori o utenti. Intendiamoci, la concorrenza sarebbe auspicabile, ma sana e leale, per evitare il vezzo italico del “cartello”, sempre pronto a prender forma, in un modo o in un altro; ma una eventuale interpretazione “ampia” di questa sentenza potrebbe colpire il volontariato, che non rientra tra le categorie socio-economiche, ma che è piuttosto una categoria etico-morale, specialmente nei borghi della nostra montagna, dove, peraltro, anche un piccolo esercizio perde il suo valore squisitamente commerciale e rappresenta più un servizio alla collettività che un business.
L’importanza di sagre e feste varie
Nelle nostre, come in tante altre zone di montagna “povera”, le sagre, le feste patronali, gli eventi, le cene sono altrettante occasioni che le associazioni di volontariato si procurano per fare un po’ di cassa, per mettere da parte un po’ di risorse da reinvestire in servizi sociali ed altri piccoli benefici a favore della collettività, dato che gli enti pubblici fanno sempre più fatica a gestire il quotidiano, specialmente nelle aree disagiate.
Quali danni per gli esercizi commerciali?
In effetti quale nocumento possono portare ad esercizi commerciali delle manifestazioni come il “Campionato italiano della bugìa” a Le Piastre, la “Festa dei pastori” a Cutigliano o la “Festa di Santa Celestina” a San Marcello, tanto per citarne alcune, se non l’opportunità di vedere affluire nei paesi, tutte insieme, centinaia e centinaia di persone che altrimenti avrebbero preso altre strade e che con una gestione intelligente potrebbero trasformarsi in clientela?
Perché noi non riusciamo a copiare il modello di rete che praticano in alcune valli alpine e che si ispira alla collaborazione, piuttosto che allo scontro frontale?
Per dividersi pochi euro si consumano maggiori energie nell’azzannarsi che nel pensare a più produttivi, anche economicamente, percorsi comuni.
Una vittoria di Pirro
Quindi speriamo che prevalgano il buon senso e la misura e che questa ordinanza colpisca solo gli abusi, che peraltro esistono, perché se si estendesse nella direzione sopraccitata, inibirebbe un settore, il volontariato, che rappresenta una forza propulsiva del nostro Paese e, più in particolare, toglierebbe energie al volontariato nella nostra montagna, la quale è già a rischio abbandono e spopolamento e per cui dovrebbero esistere leggi e disposizioni particolari da “zona franca”.
Se così non fosse, l’esultanza di chi plaude ad una ordinanza del genere, sarebbe una “vittoria di Pirro”, una magra consolazione, perché una montagna spopolata e abbandonata non porterebbe vantaggi a nessuno, tantomeno ai commercianti.