PISTOIA – Va ascritto al Comune di Pistoia, e in particolare all’assessore Sabella, il merito di aver evidenziato l’importanza di una rete di cammini che permetta la sviluppo di un turismo diverso, più ecocompatibile, e nel contempo alimenti l’economia di zone marginali, creando posti di lavoro laddove mancano. L’appuntamento che si è tenuto lo scorso 16 ottobre nella Sala consiliare del Municipio di Pistoia, dedicato al tema “Turismo sostenibile e cammini: un’occasione di rigenerazione per le aree interne” e a cui hanno partecipato importanti referenti nazionali e regionali, ha indubbiamente sottolineato come Pistoia possa diventare un crocevia importante dei Cammini e come sia prioritario il tema del recupero e della manutenzione degli antichi percorsi che hanno attraversato e che attraversano il nostro territorio, per valorizzare, secondo l’opinione del sindaco Alessandro Tomasi, la particolarità territoriale delle nostre aree interne.
Camminare un’idea anche per il futuro
Il futuro, come ha affermato l’assessore Sabella è andare a piedi, per dare opportunità economiche anche a chi vive nelle aree interne e Paolo Piacentini, consigliere del Ministro per i cammini e gli itinerari culturali, ha sostenuto che anche le Ferrovie dello Stato stanno pensando di mettere a disposizione alcune tratte ferroviarie “in agonia” al servizio del Cammini stessi.
Notizie interessanti sui risvolti economici dell’andare a piedi sono state date da Yuri Basilicò (Va’ Sentiero – Storie di terre alte), da Vito Paticchia (CAI Bologna – Via della lana e della Seta) e da Stefano Lorenzi (Appennino slow – Tour operator della Via degli dei), a dimostrazione del fatto che questo potrebbe essere la filosofia turistica del futuro.
Ancora molte le criticità
Questa vera e propria esplosione dei Cammini, se da una parte apre un panorama fino a pochi anni fa impensabile, dall’altra palesa molte criticità. Già il moderatore, Gianluca Bambi (Università di Firenze), ha rilevato come manchino linee guida nazionali in proposito e come ogni Amministrazione regionale decida in materia per conto proprio e lo stesso Basilicò ha parlato della necessità di stimolare una imprenditoria dal basso e di avvicinare i giovani che attualmente sono poco numerosi.
Ma per realizzare questo tipo di escursionismo lento occorrono soprattutto strutture di riferimento, servizi di supporto (pensiamo alle e-bike o ai cavalli), scelte urbanistiche precise per consentire la realizzazione di punti di appoggio leggeri, modifiche ai regolamenti forestali per permettere ai pellegrini di godere della bellezza dei boschi, attualmente abbandonati e, ma non per ultimo problema, l’esigenza di una manutenzione costante.
La mancanza di giovani
A questo proposito si è recriminata la mancanza di giovani e non si può nemmeno pensare che la manutenzione dei tracciati impegni esclusivamente il volontariato, che sta vivendo una grande crisi, sia perché gli attuali volontari sono anagraficamente attempati, sia perché molte oggi sono le spese vive che un volontario deve sostenere anche per fare piccoli interventi, senza contare il tempo che ogni Associazione deve impiegare per le troppe e anacronistiche beghe burocratiche.
Quindi non basta un evento di inaugurazione per fare di un percorso un’occasione turistica strutturale; ci vuole ben altro.
L’Ippovia di San Jacopo: un esempio da non seguire
E se l’intenzione è lodevole e giusta occorre il fattivo impegno della politica, delle varie amministrazioni locali e regionali ed un intento riformatore condiviso da sindaci, assessori e uffici tecnici comunali. I grandi progetti, infatti, spesso scivolano su bucce di banana, come è successo per l’Ippovia di S.Jacopo, che avrebbe dovuto percorrere l’intero periplo montano che circonda la piana pistoiese-pratese e fiorentina e offrire occasioni di lavoro a diversi punti tappa dislocati lungo il percorso, ma che giace inerte negli uffici comunali pistoiesi da otto anni.
Meno vincoli burocratici
Infine, come ha detto un giovane agricoltore di Orsigna Tommaso Corrieri, che è intervenuto nel dibattito, per favorire la resilienza dei giovani in montagna occorre liberare la strada dai troppi vincoli burocratici e dallo strabismo istituzionale che da una parte concede e dall’altra limita e che di fatto non consente di pianificare una vita in montagna per la presenza di troppi lacci e laccioli che proteggono tutto (animali, piante ecc) fuorché chi desidera viverci e trarci degli onesti profitti.
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