La cherofobia non è una malattia psichiatrica (lo dicono gli esperti) e non è nemmeno un disturbo psicofisico. Ma, allora, cos’è ? E’ il solito tormentone di massa, questa volta legato alla canzone di Martina Attili, presentata a X Factor, oppure c’è qualcos’altro di più profondo?
Etimologicamente la parola è composta da kairós, “momento favorevole, buona occasione”, e phóbos , “timore”. Alla lettera sarebbe, dunque, la paura di uno stato di benessere, di felicità.
Nella Grecia antica il kairós era una specie di divinità, e lo si desiderava sempre e dovunque; per i primi cristiani, poi, veniva considerato addirittura il tempo dell’incontro con Dio, quindi il momento più bello e desiderato della vita. Più in generale, la ricerca della felicità è stata l’ambizione di ogni uomo, in ogni tempo sia vissuto: ci sono stati filosofi, scrittori e scienziati che hanno sempre aspirato a questa suprema condizione dello spirito.
Ma perché oggi c’è chi ha paura della felicità, ammesso che sia vero? Alcuni pensano che i giovani vivano in un perenne stato di infantilismo ed abbiano paura che dopo i momenti belli arrivino le punizioni, proprio come i bambini. Altri ritengono che si tema la sofferenza e che si preferisca la tranquillità e l’assenza di emozioni, una sorta di atarassia pagana.
Ma non sarà che, in quest’atmosfera di giovanilismo e di culto dell’esteriorità in cui siamo immersi quotidianamente, sia i giovani e che gli adulti abbiano paura di diventare grandi, con tutto quel che comporta, gioie e dolori compresi?