Marliana, Personaggi e Interpreti  |  settembre 9, 2023

Marliana negli anni ’60 attraverso gli occhi di un bambino

Il racconto di sette anni d’infanzia trascorsi sulla montagna pistoiese. Il senso totale di libertà nelle strade e piazze del paese. La scuola aperta il pomeriggio per giocare all’esterno. Le fiabe sonore e le figurine Panini comprate all’edicola. Il pallone bistondo per divertirsi tutti insieme. E i primi segni di modernità: la conquista della luna vista in tv ma, soprattutto, i ragazzi che da Montecatini venivano con le loro moto Gilera a vedere le minigonne delle marlianesi, o meglio, le loro gambe

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Ho vissuto a Marliana

Nel 1964 avevo 2 anni quando con la mia famiglia ci trasferimmo a Marliana da Granaglione, Granajò in dialetto bolognese montano alto, o più precisamente da Molino del Pallone.

A Marliana ho vissuto fino al settembre del 1970. Ero un bambino, ma ho tantissimi ricordi di quel periodo, alcuni molto nitidi altri un po’ sfocati, indistinti e vaghi, ma mi è stato sufficiente tornare ad esplorare Marliana in tutte le sue vie, vicoli e sfaccettature per riaprire quei cassetti della memoria che evidentemente non erano chiusi a chiave; i ricordi erano troppo belli per perire nel dimenticatoio assoluto.

Penso senza dubbio di aver avuto un privilegio e un beneficio ad aver vissuto quasi 7 anni su un’area montana di media altitudine nei mitici anni ’60 e da bambino.

Al di là dei ricordi la sensazione costante di quegli anni è riconducibile essenzialmente al senso di libertà che provavo, come se il paese mi appartenesse; libertà di girare, di giocare, di piangere in mezzo alla piazza, di urlare. Poche regole, ma chiare, un unico obbligo: la scuola.

E’ trascorso oltre mezzo secolo e solo a dirlo così sembra un’enormità, ma in quegli anni vivevo il presente avendo la percezione della contemporaneità, poi tutto si è tramutato in passato remoto. Il desiderio ora è di ripercorrere quel periodo con l’auspicio di riprovare quelle emozioni tipiche dei bambini di montagna con i loro pregi e i loro limpidi e puliti difetti.

La scuola

La scuola a Marliana è sempre stata, questo il mio ricordo, uno spazio aperto tutto il giorno. Aperta la mattina per frequentare le lezioni e aperta il pomeriggio per giocare all’esterno. Non si poteva fare, infatti il cancello era chiuso, ma un buco nella rete favoriva l’ingresso. Non c’erano controlli e questo era normale per quel periodo, così noi, i bambini del paese, potevamo fare quello che volevamo. In inverno, dopo una abbondante nevicata, sul retro della scuola utilizzavamo vecchi segnali stradali adattati a scivolini per percorrere quei brevi pendii che si prestavano a questo esercizio ludico. Le maestre Marraccini e Giuntoli erano completamente diverse l’una dall’altra; la prima la ricordo come decisa e forte di carattere, la seconda si presentava intimorita e poco coinvolgente.

L’edicola

L’edicola di Girolamo era una tappa obbligata di quegli anni. Il motivo? L’acquisto delle Fiabe sonore e delle figurine Panini.

Le Fiabe sonore, pubblicate dal 1966 al 1970, andavano letteralmente a ruba, ne eravamo tutti pazzi. Erano degli album grandi corredati da un disco a 45 giri, ognuno aveva la sua favola preferita.

Come non ricordare l’introduzione cantata “A mille ce n’é nel mio cuore di fiabe da narrar. Venite con me nel mio mondo fatato per sognar… Non serve l’ombrello, il cappottino rosso o la cartella bella per venire con me….Basta un po’ di fantasia e di bontà” e il finale triste e consolatorio insieme “Finisce così questa favola breve se ne va, il disco fa click e, vedrete, fra un po’ si fermerà…..ma aspettate e un altro ne avrete C’era una volta il Cantafiabe dirà e un’altra favola comincerà….”.

Le figurine Panini erano una prerogativa dei maschietti con tanto di “celo, manca, celo, celo manca, manca, celo”. Il primo album calciatori che ricordo di aver collezionato si riferisce al campionato 1968- 1969, quello vinto dalla Fiorentina dei vari Ferrante, Chiarugi, De Sisti, Amarildo. Si alternavano figurine autoadesive con quelle, ben più numerose, cosiddette normali che venivano attaccate con la coccoina….e le mani? Naturalmente appiccicose così come i pantaloni dove le strofinavamo per pulirle!

Il pallone bistondo

Con gli amici bastava avere un pallone, solitamente lo avevamo bistondo, per divertirsi. D’altra parte avevamo tutto, forse inconsapevolmente, ma avevamo tutto: la libertà di avere il paese a nostra disposizione. E scusate se è poco!

Aver giocato con il pallone bistondo si è rilevato poi utile  per prendere passione per il rugby.

Non eravamo bambini griffati, l’uniche firme che avevamo, ed erano ben riconoscibili, erano le ferite e le cicatrici sulle ginocchia, con i pantaloni corti il rischio era quello.

Non ho ricordi di aver indossato i pantaloni lunghi, mai, neanche in inverno e allo stesso tempo non ho ricordi di aver sentito o patito freddo. Altri tempi, grandi tempi!

Non avevamo i piumini o giacche a vento varie, ma dei dignitosissimi cappottini e cappelli di lana fatti con i ferri.

Passavamo il pomeriggio a fare il cosiddetto giro del mondo, cioé percorrere tutta Via di Circonvallazione svariate volte, e riempire le bottiglie d’acqua alla fontanina del Becca dopo averle lavate con terriccio e sassetti. Ci dicevano che solo così si poteva lavare bene l’interno della bottiglia. Sarà stato vero?

 

           LA MODERNITA’ DI QUEI TEMPI

Il parroco e il Sindaco

Il parroco di Marliana era Don Sergio Domeniconi che esercitava e offriva la sua opera pastorale lasciando in ogni momento un segno tangibile di modernità, di bontà e di spontaneità. Era conosciuto anche come prete-operaio per le molte opere murarie  fatte per la chiesa e, segno particolare, girava con una BMW (se non ricordo male era una serie 2). La canonica era il punto d’incontro per vedere le partite della nazionale di calcio, l’overbooking fu raggiunto nel 1970 con Italia Germania e Italia Brasile, rispettivamente semifinale e finale dei Mondiali in Messico.

É deceduto nel 2009 all’età di 77 anni.

Il Sindaco era Valdo Canigiani che, negli anni, ha fatto costruire strade, fognature, acquedotto, campi sportivi e ha sistemato i cimiteri. Ha avuto inoltre un ruolo propulsivo per aprire al turismo e popolare il territorio. É deceduto all’età di 93 anni.

 La Minigonna e il Gilera

Ho ricordi di un paese al passo con i tempi, di un paese moderno, non avevo termini di paragoni, ma lo vivevo così. Erano gli anni in cui si rivelò definitivamente il benessere e con esso l’abitudine a nuovi consumi.

Nelle case avevano già fatto il loro ingresso frigoriferi, lavatrici e televisori e la società italiana, anche attraverso le nuove abitudini di consumo, sembrò incamminarsi verso una chiara modernizzazione. Per noi bambini poteva essere un nuovo tipo di marmellata, la scoperta di una crema alle nocciole, vedere una partita dell’Italia in tv, ma soprattutto, per tutti, fu l’allunaggio del 20 luglio 1969.

Per me però la modernizzazione di Marliana era un’altra cosa: vedere i ragazzi che da Montecatini venivano con le loro moto Gilera a vedere le minigonne delle marlianesi, o meglio, le loro gambe.

Come sappiamo l’invenzione della minigonna risale al 1963 quando apparve per la primissima volta sulla vetrina dello storico negozio londinese “Bazaar”.

E così le ragazze di Marliana iniziarono a indossare quella che è diventata nel tempo un capo-icona. Anche nel nostro paese di montagna la minigonna s’innalzò a simbolo di trasgressione ed emancipazione.

Quando i juke-box suonavano i successi dei Beatles i sedicenni della piana spasimavano per le Gilera, e ogni occasione era buona per venire a Marliana a conoscere le ragazze con la minigonna. Quelle più emancipate erano pure capaci di andare a ballare a Firenze nella mitica discoteca “Il Rifugio”, il top di quei tempi.

L’innocente irriverenza di noi bambini marlianesi

I bambini di Marliana negli anni’60, se non venivano scelti per giocare e dunque scartati, non andavano dallo psicologo per il trauma.

Se a scuola non andavano bene e venivano bocciati non c’era nessun problema, ripetevano l’anno, i genitori non si arrabbiavano con le maestre.

Se c’era bisogno del dentista per togliere un dente andavano dal dott. Rosellini, se c’era bisogno dell’oculista andavano dal dott. Rosellini, se c’era da saturare una ferita con dei punti  andavano dal dott. Rosellini.

Noi, bambini di Marliana, non eravamo irrispettosi, non eravamo maleducati, forse solo un po’ monelli nel dare i soprannomi: l’Oca Padovana, lo Schizzapiscio, la Lucertola Spellata, la Puzzona vi suggeriscono qualcosa? Siete in grado di ricordare?

Comunque sia tutto questo non esiste più, la società contemporanea ci ha fatto perdere di vista il buonsenso e ci ha reso guardinghi, ansiosi e sospettosi, talvolta oltremodo.

E mentre il tempo può cancellare ricordi dolorosi, i bei ricordi, come quelli che ho raccontato, sono indistruttibili.


La Redazione

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