Le castagne cominciano a cadere e la gente con borsine e panieri sia affretta a raccoglierle. Finiti i funghi è dunque la volta delle castagne, questi preziosi frutti che hanno sfamato per secoli generazioni di montanini.
Le ricette a base di castagne sono molte, ma i nostri nonni amavano quelle più semplici. Si mettevano a bollire le castagne, aggiungendo all’acqua un po’ di sale, e si ottenevano i ballotti, se esse conservavano la buccia, oppure gli scerboloni, i mondoloni, le mondine o le tigliate, se venivano sgusciate. Per insaporirle si aggiungeva finocchio selvatico oppure foglie di alloro.
Ciò che cambiava erano i nomi; in qualche paese dell’alta montagna pistoiese si chiamavano “scerboloni!”, parola che deriva da “scerbare” (dal latino exerbare , “liberare dalle erbe cattive”), nel senso di “toglier via”, in questo caso , il guscio. In altri luoghi sono prevalse le forme “mondoloni” e “mondine”, da “mondare”, liberare dalla buccia, oppure “tigliate”. In quest’ultimo caso si parla sempre di castagne lessate, ma il nome ha un’origine un po’ più impegnativa. “Tigliate” deriva da “tiglio”, una forma antica che indicava la “coticola” che avvolge la castagna sotto il guscio, dalla forma latina tilia, che voleva dire “scorza”, per lo più dell’olmo; da ciò le castagne tigliate o, più semplicemente, le tigliate.
A questo punto non posso scordare cosa faceva mio nonno, ogni sera, al tempo delle castagne. Gli scerboloni, appena cotti, li puliva accuratamente dalla coticola e li metteva in una tazza che riponeva nel mettitutto; la mattina seguente si alzava da letto, prendeva la tazza colma di scerboloni, vi aggiungeva il latte e quella era la sua colazione…! E’ campato fino a 94 anni.
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