PISTOIA – Per molti probabilmente Paolo Baldassarri è semplicemente “il preside” o “il presidente”: preside dell’Itc “F.Pacini” – lo è stato per quasi trent’anni dal 1979 al 2007 – presidente del Conservatorio San Giovanni Battista, una carica che ricopre fin dal 1992, dopo essere stato in precedenza anche consigliere. Laureato in Scienze geologiche, libero docente di Topografia e Cartografia all’Università di Firenze, già insegnante di Matematica Applicata nello stesso Itc “F. Pacini”, seppure viva a Pistoia da moltissimi anni, è uomo di montagna, dove è nato e vissuto fino all’adolescenza e con la quale ha sempre mantenuto un rapporto strettissimo. “Ci vado tutti i fine settimana e durante i periodi di festa e lassù ho le persone più care”, conferma lui prima ancora di iniziare la nostra intervista. Intervista che abbiamo deciso di dividere in tre sezioni: il conservatorio, la montagna, la massoneria. Tre pilastri della vita del preside Baldassarri.
IL CONSERVATORIO
Presidente Baldassarri, partiamo dalla storia del Conservatorio, istituzione nobile e antica di Pistoia.
“La storia del Conservatorio ha radici in un passato lontano. Basti dire che la costruzione del monastero delle suore intitolato a San Giovanni Battista iniziò nel 1300, con successive modifiche e ampliamenti nei secoli successivi. Nel 1783 si realizzò l’unificazione con i monasteri di Santa Chiara e Santa Lucia per volontà di Pietro Leopoldo di Lorena, Granduca di Toscana, che impose agli ordini di monache di scegliere se osservare rigorosamente la vita claustrale, rimanendo monasteri e rinunciando ad ogni proprietà immobiliare, oppure dar vita a ‘conservatori’, per l’accoglienza delle vedove e l’educazione delle ragazze. Così, nel 1787 fu istituito il conservatorio femminile di San Giovanni Battista.
Con il tempo la sua natura è poi molto cambiata fino alla recente trasformazione in Fondazione.
“Sì le cose si modificarono negli anni e l’istituto perse la sua connotazione religiosa, fino ad arrivare al riconoscimento della sua natura laicale nel 1883. Da allora non fu più un’opera pia ma un istituto pubblico educativo dipendente dal Ministero della pubblica istruzione. La Fondazione è invece recentissima, nasce nel 2006 per trasformazione dell’ente pubblico Conservatorio di San Giovanni Battista, è retta da un consiglio di amministrazione di cinque membri (due di nomina ministeriale, due della Diocesi di Pistoia e uno dell’associazione Amici di Groppoli), che restano in carica per cinque anni. La Fondazione è anche agenzia formativa e promuove varie iniziative culturali”.
Veniamo alle attività svolte dalla Fondazione. Tante e di diversa natura. Ce ne parli.
“La Fondazione, come ho detto, è un’agenzia formativa accreditata. Qui da noi si svolgono corsi di vario genere: informatica, guide ambientali escursioniste, musicoterapia, addetti ad assistenza di base, animatore socio educativo, tutti con personale qualificato. Poi la Fondazione organizza convegni e seminari, mostre ed esposizioni, concerti. Oltre ad occuparsi del mantenimento di tutto il patrimonio immobiliare, com’è accaduto anche di recente con il restauro della chiesa, e, particolarmente della sua facciata. I lavori si sono conclusi appena un anno fa”.
Nonostante la sua antica origine, il suo ruolo attivo nella vita sociale pistoiese, le sue tante proprietà, il Conservatorio non è un’istituzione poi molto conosciuta agli stessi pistoiesi.
“E’ vero, credo anch’io che non siamo così conosciuti come dovremmo. Per esempio non tutti sanno che la Fondazione è proprietaria di tutto questo grande immobile che comprende oggi la chiesa ristrutturata, l’istituto scolastico superiore “ Itc Pacini”, il museo Tronci, oltre alla parte dove si svolgono tutte le attività del Conservatorio, l’archivio e quant’altro. Del resto il vecchio complesso del Conservatorio di San Giovanni Battista si estendeva con un lungo prospetto sul Corso Gramsci, ai due lati della chiesa, occupando gran parte dell’isolato”.
LA MONTAGNA
Lei è nato e vissuto a San Marcello Pistoiese fino all’adolescenza. E poi?
“La mia famiglia abitava a San Marcello ed io fui iscritto in un Collegio dei Salesiani, in Mugello, dove continuai gli studi fino al diploma. Poi ci fu l’Università a Firenze. In collegio si faceva una vita quasi monastica, con pochissime uscite. In quel periodo conobbi don Milani che ci faceva gli esami di Religione a fine anno. Ebbi occasione di frequentare più volte la scuola di Barbiana e vedere il suo impegno per quei ragazzi, figli di famiglie disagiate, spesso in grosse difficoltà”.
Ma torniamo alla montagna, a quella che ha vissuto in prima persona.
“La montagna l’ho vissuto negli anni migliori, quelli nei quali c’erano tanti turisti e villeggianti. Solo a San Marcello, il mio paese, c’erano due cinema, l’Appennino e l’Aurora, quest’ultimo in canonica. Io ero un ragazzino ma la domenica pomeriggio, alle 15, ero responsabile della proiezione dei film. Mi ricordo che una volta facemmo confusione e la pellicola partì… dal secondo tempo. E, a parte i cinema, c’erano tanti locali come il Maeba, e poi tanti bar, ristoranti, alberghi. In estate la gente del posto si ritirava in poche stanze e affittava la casa ai ‘signori'”.
E oggi?
“Oggi di tutto ciò è rimasto poco. Il rischio è che diventi sempre più un posto di sole persone anziane. Se i giovani non hanno possibilità, se non vedono prospettive, non possono che andarsene”.
Lei vede un futuro a tinte fosche?
“Faccio fatica a vedere un futuro. Forse il turismo può essere una chiave, anche se non ne sono sicuro. Penso che un turismo molto indirizzato all’ambiente possa essere una strada da percorrere, una risorsa della montagna. Speriamo”.
E le istituzioni pubbliche che ruolo dovrebbero avere?
“Penso che per rilanciare questi territori servano più cose. Servono sicuramente interventi strutturali, penso soprattutto al miglioramento della viabilità, dei collegamenti in genere. E poi la fiscalità: trovare soluzioni che agevolino fiscalmente chiunque investa in attività economiche in montagna, anche in settori molto diversi, potrebbe essere la chiave per attrarre nuovi residenti e per permettere a chi ci vive di rimanere”.
LA MASSONERIA
Nel novembre del 2005 lei è stato ospite, insieme al vescovo ortodosso Silvano Livi, dell’Università Kossighin di Mosca. In quella occasione tenne una lezione agli studenti dell’Università russa sulla Massoneria. Un aspetto importante della sua vita è stata ed è la sua affiliazione alla Massoneria. Ce ne vuole parlare?
“Entrai in una loggia massonica tanti anni fa a San Marcello, mi interessavano le finalità dell’associazione, gli ideali di natura sia morale che metafisica, l’idea comune di un Essere supremo chiamato ‘Grande Architetto dell’Universo’. Non è vero che si tratti di un mondo anti religioso, anzi. Io per esempio sono credente, vado in chiesa”.
Difficile parlare di un tema così complesso in poche battute. La sua affiliazione alla Massoneria le ha mai creato problemi?
“Una sola volta quando, tanti anni fa, il giornale l’Unità pubblicò tutti gli elenchi degli iscritti . E’ stata l’unica volta in cui ho avuto problemi. Subii attacchi anche pesanti da una parte della stampa, francamente senza motivo. Poi tutto passò”.
Un capitolo a parte è il suo rapporto con Licio Gelli, imprenditore e faccendiere, maestro venerabile della loggia massonica segreta P2, coinvolto in una lunga serie di inchieste giudiziarie, in alcuni casi concluse con condanne. Che sintesi ne farebbe oggi?
“Lo conobbi in un ristorante qui a Pistoia, nella sua città, molto tempo fa. Qui è sempre stato visto male, addirittura odiato. Era un personaggio con le sue ombre, di cultura dichiaratamente fascista, ma non è quello che è stato descritto da tante parti”.
Cito un passaggio di uno dei tantissimi articoli nel giorno della sua morte, due anni fa. “Non c’è stato grande mistero degli ultimi 50 anni che non lo abbia visto protagonista, diretto o indiretto”.
“Gelli è diventato, in certi momenti, il grande burattinaio, l’uomo delle trame oscure. Boh, credo proprio si sia esagerato, e non poco. Lo ricordo come persona sensibile e molto intelligente e nella sua lunga vita ha aiutato molte persone anche per trovare un lavoro.
E con Pistoia, pur con i limiti che si diceva prima, ha sempre mantenuto un legame forte. Ce lo conferma?
“Con Pistoia ha sempre avuto uno stretto rapporto, tanto che ha voluto donare tutto il suo archivio alla nostra città. Questo è un patrimonio incalcolabile che adesso è gestito dall’Archivio di Stato. Per ottenere questo numerose personalità e intellettuali pistoiesi sono stati da me accompagnati più volte a villa Wanda di Arezzo, residenza di Gelli. Licio è stato sepolto per suo volere al cimitero della Misericordia assieme ai genitori. Adesso la moglie e tutti noi amici ogni mese facciamo celebrare una Messa in sua memoria.
Ha qualche aneddoto particolare da raccontarci?
“Diversi ma ne voglio ricordare uno che dà anche la misura del personaggio. Licio aveva chiesto più volte un incontro a Tina Anselmi, che fu la presidente della commissione parlamentare sulla P2, certamente non tenera con Gelli, ma lei oppose sempre il suo rifiuto. Così, una volta decise di far finta di incontrarla per caso: si camuffò, si presentò con un nome falso – si fece annunciare come l’ingegner Luciani, giocando sul suo nome di battesimo – e riuscì a parlare con lei per alcune ore in un albergo fiorentino, ovviamente senza svelare la sua identità. La Anselmi parlò amabilmente con lui senza essersene accorta e senza mai venire a saperlo in seguito…”.
Il racconto per immagini
Nelle foto sopra tanti momenti dell’attività di preside di Paolo Baldassarri (cliccare sulle foto per ingrandirle).
Il conservatorio: esterni ed interni