LE PIASTRE (PISTOIA) – L’ultima volta è stato nel gennaio di quest’anno, in Nepal, per quattordici giorni. E’ l’ultimo viaggio nei mille angoli del mondo alla ricerca di sguardi, volti, luoghi, panorami, costumi e molto altro ancora, da immortalare con uno scatto. In queste ore sta viaggiando verso l’India, per la quinta volta. “Io vado a cercare immagini, la mia è una ricerca continua”, sintetizza Andrea Alfieri, 62 anni, perugino di nascita ma pistoiese di adozione, praticamente da sempre residente sulla bassa montagna pistoiese, prima a Cireglio poi a Le Piastre. Alfieri ha cominciato ad appassionarsi alla fotografia da ragazzo, poi per tanti anni, dal 1981 al 2006, ha lavorato come stampatore e correttore in diversi laboratori, fino alla rivoluzione del digitale. “Cambiò un mondo e decisi che per lavoro avrei dovuto fare altro”.
Sopra e sotto alcune immagini dell’ultimo viaggio di andrea Alfieri in Nepal (cliccare sulle foto per ingrandirle)
L’approdo al Dynamo Camp
Così stop alla fotografia per professione e ingresso in un mondo a sè, quello del villaggio di Limestre, il Dynamo Camp. Certo anche lì, in questi anni, la macchina fotografica è stata sua inseparabile compagna e non sono pochi gli scatti ai bambini nel campo di terapia ricreativa. Belli. Veri. Toccanti. Ma di quelli Andrea parla poco, anche se ne è molto orgoglioso. La sua fame di osservare lo spinge anche altrove. Appunto in giro per il mondo, come ha già raccontato al nostro giornale on line, in un altro articolo, alcuni mesi fa. Dove? In tutte le principali capitali europee e poi a Istambul, negli Stati Uniti, in Marocco, Uzbekistan, Emirati Arabi, Cina, Iran, Cambogia, Thailandia, Nepal e, India, soprattutto India, la meta più amata.
Tante emozioni in quegli scatti
Nel botta e risposta fra il giornalista e il fotografo, non una vera e propria intervista, le parole fluiscono e non bisogna interrompere il flusso spontaneo. Non si inizia da un vero inizio e non si arriva ad una vera conclusione. Alfieri racconta emozioni, quelle che attraversano i suoi viaggi, 2-3 all’anno, dal 2010, insieme ad un piccolo gruppo di amici: “A volte siamo solo in due, a volte di più, ma mai più di quattro”. Programmano il viaggio per tempo poi, quando arrivano sul posto, l’istinto prende il sopravvento. “Siamo in giro per intere giornate ma non sempre tutti insieme. Quando gli altri fanno una pausa, si riposano, io continuo. L’esito finale, certo, è frutto del caso”.
I volti, un capitolo a sé
Il caso sì ma anche la pazienza di aspettare. A volte l’attesa premia. Se Andrea ha individuato una persona attende l’espressione giusta. Non la posa, nessuno cerca la posa costruita. “Spesso con queste persone delle quali non so niente e che non sanno niente di me, scambiamo sguardi intensi – racconta Andrea -. Ci sono occhi, volti straordinari. I bambini, poi, sono un capitolo a sé”. Sì perché negli anni i soggetti sono cambiati e sempre più sono le persone il suo principale obiettivo. Certo a Parigi, Berlino, Londra, New York il soggetto architettonico la fa da padrone, ma da un po’ di tempo questa prospettiva è cambiata, questi elementi sono rimasti più sullo sfondo. Oggi sono le espressioni della gente a coinvolgerlo.
Una lunga preparazione poi la stampa
Mentre parla ci mostra una lunga serie di stampe dell’ultimo viaggio: “Oggi sei stato un po’ in Nepal anche te”, mi dice sorridendo. Le stampe, come sempre, sono su una carta cartone importante, in formato A/2. Lui arriva a questo risultato dopo un lungo lavoro fatto nel suo regno della fotografia, la mansarda di casa. “Le guardo tutte, più volte, con occhio critico, al computer. Poi faccio i provini, controllo ancora, correggo ciò che non mi convince e quindi passo alla stampa, a volte una sola immagine mi tiene occupato anche per un’ora”.
Fra eccitazione e angoscia
A cosa serve tutto questo lavoro certosino, unico, quasi maniacale? Non c’è da chiederlo, Andrea se lo chiede da solo, più volte. I suoi stati d’animo si alternano e si confondono, dall’eccitazione allo smarrimento, alle domande senza risposte. “Quando ho finito tutto il ciclo, mi sento svuotato, sono come un naufrago.” Fino al prossimo viaggio. “Sì, la mente corre subito a quello che verrà. Adesso l’India, a maggio sarà la volta di Parigi, ad agosto andremo in Vietnam con arrivo a Saigon e dopo averla risalita ripartiremo da Hanoi. A a dicembre, infine, saremo forse in Birmania ma per ora questa meta è ancora da confermare”. Con l’avvicinarsi dell’ora “x”, sale l’adrenalina. “Sono sensazioni forti, a volte persino di angoscia – sottolinea Alfieri -, come un attore prima di salire sul palcoscenico”
Viaggi complicati e faticosi
Al di là della passione, i viaggi non sono tutte rose e fiori, anche perché spesso sono in Paesi lontani, complicati, dove bisogna prestare la giusta attenzione. “Difficili e faticosi – conferma il diretto interessato -. Più faticosi di un lavoro ma danno molta più soddisfazione”. Ore ed ore in giro, chili di attrezzatura sulle spalle, in alcuni casi diffidenze e difficoltà che prima non esistevano. “Fotografare nel mondo è sempre più difficile, in Occidente abbiamo i problemi sia di sicurezza sia di privacy, in America latina e Africa è la gente a reagire con ostilità’ davanti all’obiettivo, in Marocco lo scorso ottobre sono stato in alcune occasioni vittima di furibonde diatribe e sassaiole”. Per questo, anche per questo, la meta più frequente è l’Oriente, spesso l’Estremo Oriente. L’ultimo viaggio in Nepal, così come i quattro viaggi complessivi in India, ne sono la testimonianza migliore.
La foto ci viene regalata
E questi luoghi sembrano averlo conquistato completamente. Mostra le sue creature su carta, le sfoglia, indica i particolari, i colori, gli sguardi, i volti delle persone, bambini, adulti, vecchi. Fino ai segni drammatici del terremoto, a Katmandu, ma soprattutto nelle cittadine limitrofe. Ma non è mai cronaca. Andrea Alfieri non è un fotoreporter, il reportage giornalistico non è il suo pane. Lui cerca altro: l’attimo, i particolari, le sfumature, le suggestioni. “La foto di viaggio è il fondersi di tanti fattori che nessuno è in grado di orchestrare”, spiega Alfieri. Che conclude la nostra chiacchierata con una massima che ama usare spesso. “Mentre un quadro, una scultura, un libro lo si crea, la fotografia ci viene regalata”.
immagini di precedenti viaggi
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Un precedente articolo su Andrea Alfieri
Gli scatti di Andrea, in giro per il mondo, alla ricerca di un’emozione