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Nell’Italia delle chiacchiere quotidiane a ruota libera si rischia di fare un calderone di tutto e metterci dentro le tante banalità e le poche sensatezze, destinandole, tutte quante, ad un rapido oblio.
A proposito del dramma recente che ha investito l’Appennino centrale e che una volta di più ha evidenziato la fragilità e le precarietà dei territori marginali, si sono levate molte voci “del dopo”, per lo più ipocrite e lacrimose, e poche, a dire il vero, costruttive e propositive. Fra queste ultime credo che sia degna di nota l’opinione di Pierluigi Bersani, checché se ne pensi del suo abito politico e del partito in cui milita, espressa pochi giorni fa in una delle tante “tribune politiche” mascherate.
In pratica Bersani dice che lui, da residente in città, sarebbe disposto a pagare (in denaro) per una gestione oculata dal punto di vista idrogeologico, territoriale e antropico delle aree appenniniche, in modo da sollevarle dall’abbandono e dal degrado in cui sono cadute negli ultimi 50-70 anni, consapevole del fatto che le catastrofi delle colline e delle montagne si riverberano inesorabilmente sulle pianure e sulle città.
E’ una visione non tanto ispirata alla semplice solidarietà occasionale, quanto ad un criterio strutturale di investimento per il futuro, in un’ottica di simbiosi città-campagne-montagne che fra l’altro è sancita dalla nostra Carta costituzionale.
Ma quando sarà finita l’emergenza (ammesso che in Italia le emergenze finiscano!) cosa resterà di queste opinioni anche illuminate?