GAVINANA (SAN MARCELLO) – Le lettera che qui di seguito pubblichiamo integralmente, con il consenso del suo estensore, è stata scritta dalla signora Paola Rafanelli, figlia di un paziente ricoverato nel reparto Alzheimer gestito a Gavinana dalla “Fondazione F.Turati”. Una lettera che pur riferendosi ad un caso specifico e quindi ad una situazione particolare, denota un problema generale enorme, e assai diffuso ormai, di una malattia in crescita, con effetti devastanti su chi la contrae e sui familiari. A fianco di questo elemento, però, ve n’è un altro: ovvero lo scarso utilizzo di centri specializzati nella cura e gestione di questa patologia da parte delle strutture pubbliche. E’ quello che spiega anche la nota della Fondazione Turati, che accompagna la lettera in questione.
La nota della Fondazione Turati
“Anni addietro, su richiesta dell’allora ASL 3 di Pistoia, istituimmo a Gavinana, all’interno della RSA “Gli Alberi”, un modulo specialistico residenziale per soggetti affetti da disturbi cognitivi (Alzheimer). Con il passare del tempo il modulo in questione, anche se garantisce un ottimo livello qualitativo dal punto di vista assistenziale e strutturale, è stato utilizzato sempre meno dalla nostra ASL tanto che oggi il reparto, nonostante alcuni accessi privati, registra costantemente molti posti liberi”, è la sottolineatura che giunge dalla Turati. E ancora: “Senza nulla togliere all’assistenza che è possibile erogare a domicilio o nei Centri diurni, ci sembrerebbe opportuna, da parte delle Autorità sanitarie pubbliche, una maggiore considerazione del servizio nell’interesse dei soggetti e delle loro famiglie, possono svolgere moduli specialistici residenziali come quello gestito dalla nostra Fondazione. Rendiamo pubbliche queste considerazioni, che più volte abbiamo sottoposto ai vertici della Società della Salute e dell’Asl Toscana Centro – conclude la nota del Centro socio sanitario di Gavinana -, senza nessun intento polemico ma solo perché le stesse, oltre ad essere confermate dal caso in questione, riguardano le modalità di assistenza a persone affette da patologie importanti e, proprio per questo, rivestono un interesse generale sul quale è opportuno anche un confronto pubblico”.
La lettera della signora Rafanelli
Sono Paola Rafanelli, figlia e tutrice di Piero Rafanelli, ospite presso la vostra clinica al reparto “Gli Alberi”. Vi scrivo in quanto desidero esporre l’odierna situazione in essere riguardante il ricovero di mio padre. Purtroppo l’avanzamento dell’Alzheimer ci ha già creato in passato, situazioni angoscianti, oltretutto pericolose nell’interesse e la tutela dei minori familiari presenti in casa. Quanto scritto è riportato anche nei verbali d’intervento dei carabinieri intervenuti più volte su nostra richiesta. Mio padre è ricoverato da voi dopo l’aggravamento della malattia, che lo rendeva sempre più aggressivo e profondamente depresso.
A casa una situazione ingestibile
A casa piangeva molto spesso, era irrequieto e agitato fino ad arrivare ad essere aggressivo, con molto dispiacere e dopo l’ennesimo episodio incontrollabile, ho deciso di accettare il consiglio dell’infermiere e dell’assistente sociale, cioè di mandare il babbo da voi al centro. Dopo qualche giorno ho constatato che con il vostro metodo mio padre si è ripreso molto bene, l’ho trovato tranquillo, collaborativo, seguito in modo professionale e paziente, come da tempo non era, non perché non lo amo, ma per il contagio emozionale della sua malattia che mi ha segnato in quanto figlia, guastando inoltre un equilibrio familiare in maniera strutturale.
Necessario un controllo continuo
Sono convinta che ciò di cui lui ha più bisogno, è un controllo continuo senza che se ne renda conto e quindi non sentendosi di peso, cosa per lui fondamentale, riesce a mantenere una tenuta dignitosa e pure collaborativa, le stesse infermiere e OSS, mi confermano che Piero è un valore aggiunto presso la struttura “Gli Alberi”, attivandosi per la comunione dei momenti passati insieme, la sua violenza manifesta che tramuta in intelligenza emotiva, sembra un paragone assurdo, ma come mi potete spiegare voi cosa sia successo per quanto vissuto e raccontato fin ora? Il continuo aver intorno persone che in qualche modo non lo fanno mai sentire solo e soprattutto aver sempre qualcosa da fare, risulta fondamentale per il bene di tutti. A casa tutto questo io non posso darglielo, anche se trovassi una donna fissa, non potrebbe dare tutto ciò che ho elencato in questi giorni e che ho riscontrato altamente qualitativo per la patologia del babbo.
Altri centri non adatti
Vista l’imminente scadenza del ricovero, dispiaciuta ma costretta, sono andata a visitare altri centri diurni, ma non mi sono sembrati adatti a lui in questo momento, sono e danno tanto meno delle strutture residenziali, in particolare paragonate all’esperienza positiva avuta con il vostro centro. Ho anche molto timore del fatto che se porto via mio padre da lì per inserirlo in un diurno o in un altro centro residenziale più vicino a casa, lui possa soffrire del cambiamento e tornare ad un peggioramento repentino e degenerante, ancora una volta pericoloso per sé e gli altri, con strascichi di paure e rimorsi che proprio, in questo momento, preferirei evitare.
Chiedo un intervento di aiuto
L’assistente sociale mi dice che se il babbo adesso sta meglio il 19 gennaio deve tornare a casa. Io ho spiegato le difficoltà che ho nel gestire tale situazione e ho illustrato la preoccupazione circa il quasi sicuro peggioramento che avrebbe venendo via da una situazione che per lui è terapeutica, ma mi si è risposto che se peggiora possiamo poi far richiesta nuovamente per un rientro al centro Turati. Ecco trovo tutto ciò sconvolgente e deleterio non solo per mio padre ma anche per i miei figli che si troverebbero di nuovo a vivere il nonno con paure e dispiacere. Chiedo un aiuto al geriatra del centro perché, se trova ciò che ho esposto corretto, intervenga per poter dare una valutazione che possa poi aiutare mio padre.
Paola Rafanelli