Il “Progetto bosco” è molto interessante e costituisce per la nostra montagna una novità dal punto di vista della maggiore razionalizzazione delle risorse del bosco, prevalentemente nel settore delle biomasse. Tuttavia mi sembra doveroso puntualizzare alcuni aspetti che possono apportare riflessioni forse utili al tema in questione.
I nostri monti hanno una risorsa verde inestimabile e sarebbe un grave errore considerarla solo come produttrice di biomasse. Indubbiamente il bisogno di energia locale e a basso costo è un fattore da tenere in grande considerazione. Ma ci sono almeno altri tre vantaggi che le nostre foreste possono offrirci.
La biodiversità
Il primo è senz’altro la biodiversità, di cui si esalta l’importanza per lo più nei documenti ufficiali, nelle ricorrenze e nelle manifestazioni pubbliche. Di fatto il nostro Appennino, specie nel versante toscano di collina e di bassa montagna, si sta impoverendo di specie vegetali autoctone, a tutto vantaggio di due varietà invasive, la robinia pseudoacacia (la cascia) e l’ailanto che, con gli attuali ritmi e regolamenti di taglio, entro 30 anni domineranno incontrastati i nostri boschi. E’ questo un esempio drammatico di come una ceduazione indiscriminata e senza altre finalità se non il profitto crei alla lunga danni irreparabili.
La castanicoltura
Il secondo vantaggio potrebbe essere costituito dalla riproposizione in chiave più moderna della castanicoltura, semplicemente incentivando le potature dei castagni ancora produttivi, il reinnesto dei polloni ormai selvatici o l’impianto di nuovi castagneti.
Forse non tutti sanno che l’Italia sta importando enormi quantità di castagne da paesi come l’Albania e la Spagna quando, fino alla prima metà del secolo scorso, ne era esportatrice. Tanto più che la domanda di farina dolce sta crescendo ed i prezzi che essa spunta sono sicuramente interessanti. Questo settore potrebbe essere un’opportunità di lavoro per giovani che volessero intraprendere nel settore agro-silvo-pastorale.
Il turismo
Il terzo vantaggio derivante da un’assennata gestione dei boschi è certamente la componente estetica, collegata a fini turistici. Il deficit di natura che l’uomo metropolitano avverte con sempre maggior sofferenza sospinge i cittadini a immergersi nel verde, ad esplorare le nostre foreste a piedi, in bici e a cavallo, utilizzando una rete sentieristica che potrebbe, se risistemata e curata, rappresentare un’importante risorsa economica.
Oggi è davvero deprimente percorrere ciò che resta dei nostri antichi sentieri: smottamenti, alberi di traverso e tutt’intorno un intrico di sterpi, di ceppe sbarbate dalla forza degli agenti atmosferici, di fusti ormai rinsecchiti, di robinieti inestricabili, sotto i quali nascono solo rovi, edere e qualche sparuto sambuco.
Il bosco bello e fruibile
Il camminatore si aspetta invece boschi esteticamente belli, armoniosi, rilassanti e fruibili, quella componente non secondaria dell’offerta turistica che è anche segno di amore e di rispetto della tradizione nonché di ciò che ci hanno lasciato gli avi (se tornassero per un momento i nostri nonni e vedessero lo stato dei boschi, ci prenderebbero a calci nel culo dalla mattina alla sera, e avrebbero ragione !!!). Si tratta di un investimento economico per il futuro dei nostri figli, ma anche di una testimonianza educativa per le giovani generazioni sempre più “virtuali”.
Cosa fare di questo patrimonio
Allora al “Progetto bosco”, per il momento solo “pilota”, spetta la responsabilità di rispondere ad una domanda estremamente impegnativa: cosa ne vogliamo fare del nostro patrimonio verde? Un miope monouso oppure uno scrigno di eterogenee risorse da curare amorevolmente?
Al “Progetto bosco”, la risposta, augurandogli di essere un saggio apripista per una consapevole gestione futura di tutti i boschi del nostro Appennino.