Pistoia, Ambiente, Economia  |  dicembre 9, 2021

La dura vita del piccolo agricoltore di montagna

Dai campi “strappati alla desolazione” ad Arum, l'unica azienda agricola dell'Orsigna. Il suo creatore, con un passato da atleta professionista, racconta le grandi difficoltà: “I bandi regionali ed europei sono calibrati sulle aziende più grandi, le piccole delle zone disagiate escluse dai benefici economici pubblici”. Ma anche i risultati ottenuti: il recupero del Bivacco granducale di Pian dell'Osteria, la gestione dell'Orsigna Arum Festival, la collaborazione con i birrifici, i corsi di yoga, la terapia forestale, i progetti sociali per immigrati e rifugiati politici

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ORSIGNA (PISTOIA) – Qualcuno la definisce Agricoltura eroica quella che viene esercitata in zone di montagna particolarmente disagiate, disabitate e impervie; questo deve già preoccupare perché gli eroi, nel nostro Belpaese, sono innalzati alla ribalta per qualche giorno e poi vengono dimenticati, se non anche emarginati.

Nella nostra Montagna l’imprenditoria del settore agro-silvo-pastorale è particolarmente ostacolata dal territorio e dall’ambiente, ma anche da una certa colpevole disattenzione istituzionale che non aiuta veramente scelte di vita alternative da parte di giovani che si avventurano in sfide proibitive e che ad esse dedicano ogni loro energia.

Come nel caso di Tommaso Corrieri, 45 anni, di Case Corrieri-Orsigna.

Una vita movimentata

Da giovanissimo, tennista a Torino, poi per alcuni anni rugbista nei Cavalieri di Prato; insomma un passato da atleta professionista. Proprio a Prato ha trovato lavoro nel settore tessile finché non ha sentito il richiamo delle proprie radici (la famiglia paterna è dell’Orsigna) e ha deciso di aprire a Lavacchini nel 2016 un’azienda agricola, che si chiama Società Agricola ARUM, dal nome di un fiore (una piccola pianta erbacea del sottobosco), alla quale collabora anche la sua compagna, Gabriella Lelli, che si occupa della parte amministrativa.

Qui Tommaso Corrieri produce fragole, fagioli, farina di castagne, miele orzo e altro ancora.

 

 

   

 

Una sfida difficilissima

Chi conosce il territorio aspro dell’Orsigna sa che gestire una piccola azienda agricola lassù è di per sé un’impresa titanica, come afferma lo stesso Tommaso: ”La mia è l’unica azienda agricola dell’Orsigna e coltivo tutto quasi esclusivamente a mano, dato che i campi che ho a disposizione sono piccoli e scoscesi e vi si possono utilizzare solo mezzi agricoli di piccole dimensioni. Quando ho cominciato, questi campi li ho strappati alla desolazione: c’erano pruni e arbusti dappertutto ed è stato un lavoro massacrante – spiega ancora Corrieri -. Nell’immaginario collettivo siamo gli agricoltori guardiani, ma manca una attenzione consequenziale da parte delle istituzioni tutte che spesso non hanno piena coscienza del territorio e delle difficoltà nelle quali si opera. Così i bandi regionali ed europei riservati al settore agricolo sono calibrati sulle esigenze di aziende più grandi e collocate altrove, mentre le piccole o le minuscole aziende delle zone montane disagiate sono di fatto escluse dai benefici economici pubblici. Ad esempio, io non saprei che farmene di un trattore grande se mi basta un motocoltivatore e non sono in grado di fare investimenti più consistenti. Per non parlare della burocrazia”.

 

 

Già, la burocrazia, un problema da tutti evidenziato, ma che non si vuole risolvere o quantomeno mitigare, perché non ci si vuol rendere conto fino in fondo che gli obblighi burocratici sono un peso per l’economia reale un po’ ovunque, tanto più in Montagna, dove non si può costruire nulla, nemmeno un riparo per gli arnesi o una legnaia senza dover incorrere in sanzioni, divieti assurdi o in ostacoli insormontabili, come diciamo da tempo su queste pagine.

Un’azienda multifunzionale

  

 

“Oltre alla burocrazia – continua Tommaso – ogni giorno è una lotta impari con animali selvatici di ogni tipo che mi costringono ad investire molti soldi per costruire recinti impenetrabili contro cinghiali, daini, cervi, caprioli, tassi ecc. e sono giunto alla conclusione che in Montagna è protetto ogni essere vivente fuorché coloro che ci vivono, che la coltivano e che ne vogliono trarre un giusto reddito. Visti gli enormi ostacoli quotidiani, la multifunzionalità è per un’azienda agricola montana una scelta obbligata, per questo mi do da fare in diverse direzioni. Ho recuperato il Bivacco granducale di Pian dell’Osteria, di cui ho la gestione per eventi, corsi di sopravvivenza e per l‘Orsigna Arum Festival, che ultimamente ho organizzato; collaboro col Birrificio Curtense di Brescia, a cui conferisco la produzione di castagne, miele ed orzo, con l’Associazione culturale Olisticamente, in cui tengo corsi di yoga, con CRA-MAC di Bergamo, la banca seme del Mais, che conserva 20 varietà di semi antichi, ma sono anche in contatto con UNIMONT, l’unica Università italiana della Montagna, con sede a Edolo (Milano), curando un progetto sul castagno. Insomma faccio tante cose, sia per piacere personale sia per esigenze di sopravvivenza”.

Un impegno nel turismo e nel sociale

Ma Tommaso crede anche in un turismo ecosostenibile ed ha intrapreso un progetto dal titolo “Vagabondare con stile”, attualmente organizzato insieme ad una associazione di Piacenza, anche perché crede molto nella Terapia forestale che in varie parti del mondo e in qualche centro anche qui da noi sta prendendo campo con un certo successo.

  

Il sociale è un altro settore a cui il Corrieri si dedica; infatti Arum fa parte di un progetto con sede al Mugello, chiamato COLTIBIO che ha come scopo l’inclusione sociale e lavorativa di immigrati e rifugiati politici affinché non siano abbandonati a se stessi e possano intraprendere un’attività dignitosa e utile alla collettività.

La necessità di una rete

In conclusione due sono le considerazioni comuni alla maggior parte delle aziende agro-silvo-pastorali della nostra Montagna: la prima è che coloro che a livello istituzionale si occupano dell’ambiente montano, non ne conoscono la vera natura e le esigenze e la seconda è che manca nei montanini l’idea della rete, cioè di una valorizzazione complessiva delle terre alte che passi attraverso la collaborazione e l’integrazione dei vari attori istituzionali e imprenditoriali, perché “Senza un progetto specifico e condiviso – conclude il Corrieri – la montagna povera, tra 20 anni, sarà abbandonata al proprio destino e non resterà più nemmeno il ricordo dei contadini custodi, come vengono chiamati oggi gli ultimi difensori di aree emarginate come la nostra, per definire i quali non esiste denominazione più appropriata, anche se troppo spesso essa rimane confinata sulle pagine dei giornaloni a puro titolo di narrazione mediatica ma senza risultati pratici”.


Maurizio Ferrari

Maurizio Ferrari, sambucano di origine, ha insegnato Lettere per 38 anni nelle Scuole superiori pistoiesi. Ora è imprenditore agricolo e si sta impegnando nella promozione e nel rilancio del territorio appenninico come Presidente dell'Associazione "Amo la montagna APS" che si è costituita nel 2013 e che ha sede a Castello di Cireglio.Ha collaborato per 25 anni alla rivista "Vita in Campagna", del gruppo "Informatore Agrario". Recentemente ha pubblicato alcune raccolte di racconti ispirati alla vita quotidiana di Sambuca, dal titolo :"Dieci racconti sambucani"; "La mia Sambuga" e "Cuori d'ommeni e di animali", nonché una favola per bambini, "La magìa della valle dimenticata" illustrata dagli alunni della scuola elementare "P.Petrocchi " di CIreglio (Pistoia)