“Non c’è mai nulla di nuovo sotto il sole”, così recita l’Ecclesiaste.
In gran parte questa è una verità indiscutibile, specialmente se la rapportiamo alle architetture del pensiero umano.
Ma spesso è applicabile anche a vari aspetti della creatività artistica e tecnologica.
Prendiamo le faccine (emoticon), la cui origine è di solito associata alla rivoluzione digitale per tradurre in immagini facilmente comprensibili stati d’animo e umori da trasmettere attraverso app di messaggistica istantanea.
Si dice che il loro inventore sia un ingegnere informatico statunitense, Scott Fahlmann, e la loro data di nascita il 1982.
A ben vedere, però, c’è una tradizione antichissima legata alle maschere, cioè a quell’artificio artistico con cui si è inteso interpretare una condizione fisica, sociale o spirituale a fini rituali, religiosi, scenici ecc.
Già nell’antico Egitto era costume realizzare maschere funerarie che costituivano ritratti idealizzati dei defunti; le loro espressioni erano varie e interpretavano gli stati d’animo di coloro che si apprestavano a varcare il mondo dell’aldilà.
Nell’antichità greco-romana, poi, le maschere furono associate al teatro e avevano una varietà espressiva molto più ampia: nella Commedia esse riproducevano l’ilarità, l’arguzia, la burla ecc. mentre nella Tragedia la tristezza, l’odio, il dolore o l’angoscia… In ogni caso rappresentavano stati d’animo definiti nelle più svariate modulazioni.
Nella Commedia dell’Arte, tra il 1600-1700, è continuata la tradizione delle maschere che incarnavano tipi umani e sociali di quel tempo, legandosi anche a caratterizzazioni regionali; pensiamo ad Arlecchino, Brighella, Pantalone e via dicendo.
Anche in Oriente è stato comune l’uso delle maschere; come esempio si può ricordare il teatro NŌ giapponese, in cui esse cambiano espressione a seconda dell’inclinazione del volto dell’attore o in relazione al tipo di luce che le illumina.
Allora, cosa sono le emoticon se non riproduzioni moderne di maschere stilizzate che indossiamo al bisogno e che spesso sono di circostanza, proprio come quelle antiche?
Quindi aveva ragione Pirandello, quando diceva che in giro ci sono tante maschere e pochi volti!