Dare una Carta costituzionale ad una nazione che sta per nascere non è cosa semplice; occorre visione d’insieme, volontà di coesione, forza del pensiero e dell’azione, nonché l’autorevolezza che solo menti libere e trasparenti possono mettere in campo.
E’ superfluo nominare i grandi uomini che hanno ordito la trama istituzionale della nostra repubblica italiana; eppure nemmeno spiriti così illuminati avevano pensato alla montagna e ad un sistema organico di disposizioni per difenderla e supportare coloro che vi abitano.
Michele Gortani: una voce fuori dal coro
C’è voluto un parlamentare eletto a Udine, ma nato in Spagna, che, voce solitaria, ha preso le difese della Montagna e dei suoi abitanti, inducendo i Costituenti ad ascoltarne le istanze.
Michele Gortani (1883-1966), figlio di emigranti è stato naturalista di fama, ha scritto opere importanti in ambito geografico e geologico ed ha insegnato in diverse università italiane.
Ma l’amore sviscerato per la Montagna ha permeato tutta la sua vita anche nell’attività di deputato e senatore e lo ha indotto a perorare con forza le ragioni delle Terre alte nell’ambito dell’Assemblea Costituente.
Il discorso di Gortani
Nel Maggio del 1947 prese la parola nell’aula di Montecitorio con tono deciso e accorato.
“Onorevoli colleghi, vi è in Italia una regione che comprende un quinto della sua popolazione, che si estende per un terzo della sua superficie e in cui la vita di tutti i ceti e le categorie si svolge in condizioni di particolare durezza e di particolare disagio in confronto col rimanente del Paese.
Questa regione, che non ha contorni geografici ben definiti, ma si estende ampiamente nella cerchia alpina, si allunga sulle dorsali appenniniche e si ritrova nelle isole maggiori, risulta dall’insieme delle nostre zone montane.
E’ una regione abitata da gente laboriosa, parsimoniosa, paziente, tenace, che in silenzio lavora e in silenzio soffre tra avversità di suolo e di clima, che rifugge dal disordine, dai tumulti e dalle manifestazioni di piazza e ne è ripagata con l’ abbandono sistematico da parte dello Stato.
O meglio, della montagna e dei montanari lo Stato si ricorda, di regola, e si mostra presente quando si tratta di imporre vincoli, di esigere tributi o di prelevare soldati…. Ad ora ad ora voci si sono levate in favore della montagna, voci altruiste reclamanti giustizia e voci utilitarie reclamanti la restaurazione montana come fonte di unico bene. Ma le une e le altre sono cadute o nell’indifferenza o nell’oblio. E intanto le selve si diradano, inselvatichiscono i pascoli, cadono le pendici in crescente sfacelo; le acque sregolate rodono i monti ed alluvionano ed inondano le pianure e le valli; intristiscono i villaggi a cui non giungono né strade né i conforti del vivere civile…Ora è tempo che al montanaro si volga con amore questa Italia che si rinnova. Noi chiediamo che nella nuova Carta Costituzionale, dove tante sono le norme ispirate all’amore e alla giustizia, ci sia anche una parola per lui”.
L’articolo 44 , comma 2, della nostra Costituzione
Questo accorato intervento portò all’approvazione del comma 2 dell’art. 41 della Costituzione italiana (diventato poi l’articolo 44) anche se lo spirito originario è rimasto monco, quasi slegato dal precedente comma 1, che è tutto orientato a limitare il latifondo, nonostante Gortani l’avesse concepito con una premessa fondamentale.
Infatti nell’intenzione del famoso geologo recitava così: Nel medesimo intento [cioè quello di stabilire equi rapporti sociali e di permettere un razionale sfruttamento del suolo -n.d.r.] la legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane.
Nella Costituzione è rimasta solo la parte finale di questo secondo comma che, estremamente generica, sembra quasi un orpello sbiadito, messo lì quasi per compiacere al richiedente, a cui peraltro non è stato dato seguito.
Il problema montagna è ancora irrisolto
Ad eccezione della Legge sulla Montagna del 1952 (relatore ancora Michele Gortani) che portò al Piano Fanfani, l’ultimo piano organico per le Terre Alte, non è stato dato alcun seguito a disposizioni che governassero organicamente la Montagna (specie quella meno “nobile”) se non ad una sterminata e assurda serie di provvedimenti parziali e improvvisati, perlopiù fatti di divieti e di sanzioni.
Così la metà del territorio italiano soggiace a logiche esclusivamente metropolitanistiche che lo ingessano in una fissità deprimente e che non ne tutelano gli abitanti.
Lo stesso movimento ambientalista ha mostrato nel tempo tutta la sua metropolitanità operando scelte che hanno tutelato (si fa per dire!) il patrimonio faunistico-forestale ed hanno penalizzato chi in montagna ci vive ,chi ne conosce i segreti più profondi e chi non ha nulla da imparare da tecnocrati e burocrati.
E allora a noi montanini non resta che sperare in giovani che recuperino competenze, cuore e libertà intellettuale, proprio come ci ha insegnato Michele Gortani.
E, aggiungo, che si cambi il pensiero unico del PIL, della finanza e di un’economia cialtrona, fatta solo di denaro e di sfruttamento bieco delle risorse del pianeta che, come ormai si sa da tempo, non sono infinite.