Ambiente, Economia, Turismo  |  giugno 18, 2021

Mela Rosa Romana: quando i germogli del futuro hanno radici nella storia

Un frutto dell'agricoltura locale che rischiava di scomparire. La Mela Rosa Romana, supportata da diversi studi scientifici, si propone con forza come produzione per rilanciare l'agricoltura della montagna tosco-emiliana e promuovere la cultura e il turismo sostenibile. La Regione Emilia Romagna ci crede e investe 154.000 nel progetto

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Quando parliamo di “minacce alla biodiversità” il pensiero, solitamente, corre agli orsi polari o ai panda della Cina. In verità la perdita di biodiversità ha ricadute molto più vicine e concrete: nel nostro quotidiano, sulle nostre tavole e, perché no, sulla qualità della nostra vita e della nostra salute. Quello della Mela Rosa Romana è un esempio concreto di una preziosa biodiversità del territorio che rischiava di andare smarrita.
Si tratta di un frutto la cui lunghissima storia affonda le radici nell’epoca degli antichi romani. Per molti secoli venne coltivata sull’appennino tosco-emiliano fino a quando, nel secondo dopo guerra, dovette cedere il passo a un Mercato che privilegia la quantità rispetto alla qualità. Per tanti decenni questa mela è stata snobbata e quasi dimenticata. Forse un passo dalla scomparsa. Ma le radici della Rosa Romana, ben piantate sull’appennino tosco-emiliano, non sono mai morte del tutto.
Oggi, per fortuna, c’è chi vuole riscoprire questo prodotto. Un gruppo di abitanti e produttori locali si sono attivati, qualche anno fa, per riscoprire questo frutto dimenticato. Sono nate diverse iniziative di informazione, sensibilizzazione e studi scientifici di approfondimento.

 

L’ASSOCIAZIONE

E’ stata creata un’Associazione il cui scopo è quello “di riportare all’attenzione di tutti questo frutto, di incentivare le aziende agricole ed i privati alla coltivazione, di promuovere nuove forme di trasformazione e commercio della mela e dei suoi prodotti derivati.”
Un progetto, quello dell’Associazione Mela Rosa Romana dell’Appennino Tosco-Emiliano, che mira a unire l’agricoltura, la cultura e il turismo sostenibile.

LA RICERCA SCIENTIFICA

Sono in corso, già da alcuni anni, degli studi condotti dall’Università di Bologna e dall’istituto CRPV (Centro Ricerche Produzioni Vegetali) di Cesena. Grazie al prezioso supporto del prof. Silviero Sansavini, del Dipartimento Coltivazioni Arboree dell’Università di Bologna, si è giunti ad una formidabile conclusione: la Mela Rosa Romana dell’Appennino ha caratteristiche salutistiche e gustative che la rendono comparabile alle mele di elevatissima qualità. Dovendo fare dei raffronti e delle comparazioni i ricercatori hanno accostato la Rosa Romana alla ben più famosa Annurca (che, per gli aspetti salutistici, è un po’ la “Ferrari” delle mele). Risultato: la Mela Rosa Romana dell’Appennino non è seconda a nessuno per quanto riguarda le proprietà salutistiche e nutrizionali.
La Rosa Romana “ha evoluto nel corso dei secoli un patrimonio genetico che garantisce una incredibile adattabilità all’ambiente e una qualità del frutto non riscontrabile in piante coltivate in pianura”. Questa Mela proseguono gli esperti ” ha caratteristiche che la rendono meno soggetta alle malattie e produce le sostanze benefiche (polifenoli)
proprio in condizioni di coltivazione il più libere possibili da trattamenti chimici. Una bella risposta ad un mercato sempre più in cerca di prodotti sani e salutari e ad una agricoltura che necessariamente deve ridurre i costi di gestione.”

IL SOSTEGNO PUBBLICO

Recentemente la Regione Emilia-Romagna ha stanziato un finanziamento di 154.000 euro per sostenere il progetto sperimentale “Organizzazione e valorizzazione di una filiera di qualità in biologico della Mela Rosa Romana dell’Appennino bolognese” presentato da una cordata di diversi soggetti pubblici e privati.
Tiberio Rabboni, presidente del Gal che aderisce a questo progetto, ha commentato la notizia con queste parole: “Siamo molto soddisfatti. La Regione sostenendo il progetto non solo ne attesta la qualità ma dimostra di credere nel valore unico di questo frutto e nelle sue potenzialità di sviluppo. Se tutto andrà come ci aspettiamo, il progetto ci consegnerà, tra circa diciotto mesi, le conoscenze necessarie per promuovere il ritorno della melicoltura professionale ed imprenditoriale sull’Appennino bolognese. Non una improbabile imitazione della melicoltura intensiva di pianura ma una melicoltura di montagna, unica, naturale, biodiversa, dalle straordinarie proprietà nutrizionali e salutistiche, come ha confermato un recente studio dell’Università di Bologna che ha messo ai confronto la Mela Rosa Romana con la, più nota e titolata, Mela Annurca. Nel confronto la mela rosa romana è risultata per molti aspetti allineata ai valori della prestigiosa mela campana e per alcune proprietà, addirittura in vantaggio. Anche per questo desidero ringraziare, a nome dei partner, Silviero Sansavini, professore emerito dell’Alma Mater Studiorum, decano della frutticoltura italiana, per la passione, la competenza e la paziente generosità con cui ci ha ispirato, guidato ed incoraggiati”.


Andrea Piazza

Andrea Piazza nasce a Mantova nel 1974. Vive tra le rive di due fiumi (il Po e il Mincio) ma coltiva, da sempre, l’amore per la montagna. Ha due grandi passioni: il viaggio e la fotografia. Due attività che trovano un perfetto connubio nell’intrigante bellezza delle nostre montagne. Da qualche tempo cura un blog http://www.artedicamminare.it/ nel quale racconta, in modo simpatico e “non convenzionale”, i suoi viaggi sull’Appennino e non solo.