BELLAVALLE (SAMBUCA) – Gli anni ’70 del secolo scorso furono caratterizzati da una momentanea ripresa d’interesse nei confronti della cultura tradizionale. Alla diffusione del fenomeno contribuì pure il movimento del folk music revival che, con modalità diverse, riuscì a proporlo per qualche tempo al grande pubblico.
Canti popolari, l’indagine di Daniela Niccolai
Anche il mondo della scuola fu coinvolto in questo fervore: ne è un esempio il lavoro di ricerca e di recupero di canti popolari effettuato a Bellavalle di Sambuca da Daniela Niccolai, scolara di terza elementare della scuola di Pavana, nell’anno scolastico 1976-’77, sotto la guida dell’insegnante Annamaria Fabbri. La giovanissima Daniela raccolse un interessante “tesoretto” di documenti dell’espressività canora noti in quel territorio, grazie all’apporto di una zia della madre, portatrice di quella cultura che stava dissolvendosi inesorabilmente.
La sua indagine scolastica riveste un indubbio interesse, soprattutto per il meritevole tentativo d’instaurazione di rapporti intergenerazionali finalizzati a fare conoscere ai giovani alcuni aspetti dell’identità culturale del loro territorio.
I canti suddivisi in diverse tipologie
L’insegnante provvide poi a ordinare i canti per tipologie; si trattò, in particolare, del recupero di testi del maggio lirico profano (canzone e serenata), di stornelli (ben 48), di repertori infantili (due ninne nanne e una canzoncina) e di due ballate. Questi documenti dimostrano ancora una certa, sia pure residuale, persistenza di memoria della cultura folklorica in quegli ambiti locali, che ebbero come primo studioso Michele Barbi (Taviano di Sambuca, 1867-Firenze, 1941), autorevole dantista, filologo e demologo, in seguito affiancato dall’altrettanto autorevole germanista, filologo e demologo Vittorio Santoli (Pistoia, 1901-Firenze, 1971), la cui famiglia era originaria di Bellavalle.
Alcuni stornelli
A puro titolo esemplificativo, riporto alcuni testi raccolti da Daniela Niccolai iniziando dai canti lirico-monostrofici (stornelli), che attestano la grande diffusione di questa forma di canto, in massima parte spontanea, ma a volte diffusa anche attraverso la cosiddetta “letteratura muricciolaia”, composta di opuscoletti “da uno” o “da due soldi”, diffusi dai cantastorie o dai cosiddetti “chincaglieri”. La varietà tematica è decisamente ricca e comprende canti d’amore, di sfida, di corteggiamento, di vendetta, di sdegno, di rispetto ecc.
1
Non mi mandar più baci per la posta
che il viaggio è lungo e perdono sapore
se me li vuoi donar dammeli a bocca
così potrai provar cos’è l’amore.
2
… della vaga rondinella
fontana dai da bere agli amatori
cavallo dove vai porti la sella
la lontananza è lo sdegno dei cuori.
3
O numi del ciel fate giustizia
fate che allo mio amor gli torni in grazia
che non mi perda più quest’amicizia.
4
Tu sei più dolce d’una melagrana
e più dolce d’una pasticceria
voglio più bene a te che a mamma mia.
5
Affacciati alla finestra se ci sei
e dammi un bicchier d’acqua se ce l’hai
se non me lo vuoi dar padrona sei.
Due ballate
Integro gli esempi con la pubblicazione delle due ballate, che portano abitualmente i titoli La pesca dell’anello e La pastora e il lupo, loro attribuiti da Costantino Nigra nei suoi Canti popolari del Piemonte, editi per la prima volta nel 1888. Le lezioni raccolte a Bellavalle (aventi come titolo il loro incipit) sono esempi di soddisfacente interesse conservativo:
1
Bel pescator dell’onda
“Bel pescator dell’onda,
tira in qua, tira in qua, tira in là
ripescami l’anello che mi è caduto in mar”.
“Quando te l’ho pescato
tira in qua, tira in qua, tira in là
quando te l’ho pescato
tira in qua, tira in qua, tira in là
quando te l’ho pescato che cosa mi puoi donar?”.
“Cento zecchini d’oro
tira in qua, tira in qua, tira in là
la borsa coi denar”.
“Non voglio né cento zecchino d’oro
tira in qua, tira in qua, tira in là
ma voglio solo un bacin d’amor
se me lo puoi donar”.
2
E lassù sulla montagna
E lassù sulla montagna
c’è una vaga pastorella
che pastora i suoi caprin
sull’erba tenerella.
Passa lì un sor cavagliere:
“Buona sera buona figlia
bada ben le tue caprin
che il lupo non te le pigli”.
“Me ne sto sola soletta
me ne sto sola e sicura
e se vedo il lupo venir
di lui non ho paura”.
Salta fuori un luco dal bosco
con la sua boccaccia nera
e prende il più bel caprin
che la pastora aveva.
La pastora si mise a piangere
e piangeva sì tanto forte
e piangeva il suo caprin
che era andà alla morte.
Torna dietro sor cavagliere
con la spada lunga e dura
tagliò la pancia al lupo
e il caprin saltò fora.
“Tieni tieni il tuo bel caprin
e mettilo al branco
io ti ho fatto un gran piacere
e tu fammene un altro”.
“Che piacer ti devo fare?
Son povera villana
quando toso le mie caprin
le donerò la lana”.
“Io non faccio né il mercante
né di lana e né di stoppa
ma vorrei solo un bacin
dalla tua propria bocca”.
“Dica piano sor cavagliere
dica piano nessun ci senta
perché marito voglio anch’io
non voglio star senza”.
“Se ritorno dalla guerra
te lo compero l’anello
e ti porterò a dormir
nel mio palazzo bello”.
Si tratta, in pratica, di vere e proprie perle di cultura popolare di tradizione in area sambucana, che possono essere considerate quale omaggio a Michele Barbi; in anni a noi più vicini, peraltro, la scuola primaria di Pavana è stata intitolata alla sua memoria, grazie anche all’attività didattica e divulgativa perseguita con passione e tenacia da Annamaria Fabbri, da sempre attenta alle tradizioni e alla storia della sua terra.
Per saperne di più
Tutti i testi raccolti possono leggersi in Stornelli e canti popolari a Bellavalle, raccolti da Daniela Niccolai, a cura della maestra Annamaria Fabbri. Nota introduttiva di Gian Paolo Borghi, in “Nuèter-Noialtri”, XL, 79 (2014).
Note su Michele Barbi e Vittorio Santoli (Bellavalle, di Nicola Giuntoli) possono leggersi in Piero Balletti (a cura di), Storie della Sambuca Comune di Sambuca Pistoiese.