Non è tanto il tempo che condiziona le nostre vite, quanto la percezione di esso.
Un minuto può durare un’eternità, in certe situazione, mentre un giorno intero può volar via in un batter d’occhio, in altre.
Così non sono certo passati secoli da quando i ragazzini di montagna, la mia generazione compresa, uscivano di casa con una tascata di castagne secche e ogni tanto se ne mettevano in bocca una.
Erano le chicche e sostituivano le caramelle nel caso in cui non fosse possibile comprarle.
Ogni castagna secca si ammorbidiva lentamente in bocca rilasciando l’aroma noto delle selvi e dopo averla svoltolata a lungo con la lingua da una gota all’altra si masticava e si mandava giù. Così per tutta la giornata.
Poi dall’America è arrivato il chewing-gum (per tutti la cingomma) che ha fatto dimenticare le chicche.
Dopo averlo biasciato un po’, perde ogni sapore e in bocca resta un gusto artificiale, anonimo, estraneo al nostro essere più profondo.
Per di più è inquinante e fastidioso, quando lo lasciamo gettiamo a terra senza alcun rispetto per l’ambiente.
Ma allora si può definire “progresso” quel balzo in avanti che ci fa dimenticare completamente ciò che eravamo? Chicche comprese?